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 2017  agosto 03 Giovedì calendario

Carlo Verdone: io e le mie donne

ROMA Un ciclone chiamato Ilenia Pastorelli travolge la vita di un uomo grigio e spento, Carlo Verdone. Che dice: «Questa scena fa parte del suo tampinamento nel tentativo di avere lavoro come commessa nel mio negozio di arredi sacri e abiti per alti prelati».
Verdone, primi ciak di Benedetta follia (esce a gennaio, prodotto da De Laurentiis). Ilenia viene dal David per Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti. Carlo, che ha raccolto il testimone dei maestri, è da sempre un radar: «Non ha senso che continui a fare film se non prendo le novità, lei è una ragazza piena di energia, vera, trasporta se stessa sul set, si butta e va avanti con l’anima. Il titolo richiama la spiritualità che fa parte del mio lavoro e la pazzia della giovane commessa».
Ilenia, un debutto «un sacco bello»: «Sono fortunata ma ho sempre il mutuo e le cose come nascono possono finire. Vengo da una famiglia semplice della Magliana, ho fatto mille lavori per mantenermi, come agente immobiliare suonavo a tutti i citofoni della Garbatella, quanti vaffa... mi sono presa. Ho fatto il Grande fratello e Mainetti mi ha notata. Parlare in romano così stretto per me è un modo di essere credibile, se qualcuno mi propone la principessa Sissi, mi metto a studiare dizione».
Al negozio di Verdone si presenta questa ragazza di borgata che deve servire delle suorine. «È una delle prime scene – racconta Verdone – lei è inopportuna, io devo stare attento ai rapporti col Vaticano. Ma tanto fa, che riesce ad essere assunta; scopro che anche lei viene da una delusione sentimentale e scatta una sorta di alleanza fra noi, dà una scossa alla depressione e al grigiore che mi accompagnano da anni, ho una ex moglie severa, Lucrezia Lante Della Rovere. Ilenia sul mio cellulare mette una app per incontri femminili che saranno molto divertenti, per esempio con Paola Minaccioni. Maria Pia Calzone lavora al pronto soccorso dove finisco per qualche pasticchetta». Circondato dalle donne.
Ilenia entra a gamba tesa nella sua vita: «Dopo l’odio scatta la complicità, divento per lei il padre che non ha mai avuto veramente. È la storia di una grande amicizia. Ho sempre pensato che i miei migliori film sono con tante donne e volevo rifarne uno così. Gli uomini decidono di non decidere, sono assenti, conosco 35enni che vivono con il papà e la mamma che gli prepara la cotoletta». Cosa c’è dell’Italia di oggi? «La gran confusione, gli appuntamenti al buio, la solitudine. Non abbiamo più riferimenti, nemmeno climatici, ci sentiamo terremotati in tutto: gli incendi, il caldo, gli attentati. Non sai se il Paese è ripartito, la disoccupazione dicono che è calata, io tutto questo movimento dell’Italia non lo vedo. Ho una paginetta su Facebook che uso con parsimonia, viviamo in un’epoca di aggiornamenti, e se non lo fai, lo fa qualcuno per te. Se compri un cd ti urlano: ah vecchio! Pure il file ormai è desueto».
Carlo ama la sua Roma, però: «Se continua così nessuno vi girerà più un film. Abbiamo duemila difficoltà, il campo base è lontano, l’occupazione del suolo pubblico costa l’ira di Dio. Poi la gente, soprattutto i negozianti, vorrebbero mandarti via, non è in cima ai loro desideri che giri una scena davanti alle vetrine. Eppure diamo un’immagine pure finta del centro storico, la mattina all’alba, prima che arrivino i rifornimenti dei ristoranti, ripuliamo le strade... Il Pantheon è diventato un suk. Perché era bella Roma, nella Grande bellezza di Sorrentino? Perché ha girato senza auto in giro».
Lavorerà fuori Roma? «Ho proposte a Milano e Torino, a Brescia e Verona... Sono triste per Roma, ci vorrà molto tempo e qualcuno con gli attributi per rimettere le cose a posto. In qualunque altra città europea c’è un’idea diversa del bene comune. In Romania ho gettato una cicca per terra e un poliziotto mi ha subito bloccato il polso: lo raccolga, mi ha detto. Chi ci amministra non deve sbagliare i collaboratori, un discorso che vale per tutti».