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 2017  agosto 03 Giovedì calendario

Van Niekerk, l’erede al trono. Il sudafricano raccoglierà il testimone da Bolt. Dopo il record nei 400 cerca la doppietta nei 200: «Pronto a diventare il migliore»

Il principe ereditario ha cambiato rotta per evitare la pressione. I campioni di oggi fanno così: aggiungono gare, frullano le ambizioni, seminano l’ansia allenandosi per distanze diverse. Per successi inediti. Wayde Van Niekerk, erede designato di Bolt al delicato ruolo di uomo spettacolo, segue l’onda e raddoppia: «Faccio i 200 metri dopo i 400, così non mi fisso. E non vado in paranoia».
I fenomeni non si accontentano più di ripetersi e nemmeno di migliorarsi, vogliono un posto speciale che appartenga solo a loro e aumentano il rischio, la difficoltà. In bilico tra storia e fatica. Lo ha fatto Caeleb Dressel, nella piscina di Budapest, con sette titoli mondiali e combinazioni di velocità da pelle d’oca e ora ci prova Wayde the dreamer, che fin dal soprannome si è scelto il futuro: il sognatore. Ha già un record eccezionale che racconta la sua storia, ma se esci dal giro della morte con un tempo migliore di quello di Michael Johnson, se demolisci un cronometro fermo da 17 anni, poi non ti puoi fermare lì. Scopri di essere speciale e vuoi vedere fino a che punto. Fino a che impresa.
L’uomo dei sogni
Van Niekerk costruisce sopra i suoi stessi successi e ha basi solide: «Dopo la vittoria a sorpresa al Mondiale del 2015, ho pensato che ripetersi non era abbastanza e ho lavorato per il record. Adesso aggiungo i 200, una doppietta classica anche se da bambino credevo che sarei stato uno sprinter puro da 100 e 200». Come Bolt e a lui si torna di continuo, in una giornata di pioggia londinese in cui il sudafricano risponde paziente a ogni richiesta di paragoni. Il riassunto è facile: non si sente il nuovo Bolt, non crede che ci sarà mai un nuovo Bolt, ma è consapevole che il ruolo di migliore della pista (e di quel che ci gira intorno) è disponibile: «Essere uno dei candidati mi motiva». Inutile stuzzicarlo sulla sfida mancata: «Sono solo arrivato troppo tardi per correre contro Usain. Adesso ha scelto di lasciare i 200 però non mi dimentico di cosa ha fatto prima. Sono io quello che ha 25 anni e devo correre».
Quindi tre turni di 400 metri l’uno in apertura di programma e a seguire tre turni per i 200: il buon senso consiglierebbe di non pestare sull’acceleratore, il primato da ricordare è in cassaforte, meglio dosare le energie. Si parla del giro di pista, la gara che lascia senza fiato, però i campioni contemporanei detestano i limiti.
L’allenatrice nonna
La tattica la deciderà, come sempre, l’allenatrice, ribattezzata nonna per i 75 anni e sempre più punto di riferimento: «Il nostro team è difficile da battere». Nella squadra è compreso anche Akune Simbine, rivelazione dei 100 metri che è già andato cinque volte sotto i 10 secondi in questa stagione. Se è vero che Van Niekerk è l’erede ideale di Bolt, il concetto si può estendere anche ai paesi di appartenenza: il Sudafrica in questo Mondiale può diventare la nazione emergente come era successo ai caraibici a Pechino 2008. Tra i convocati, quattro medagliati olimpici, Wayde e Caster Semenya pronti a stupire e raddoppia anche lei: abbina 800 e 1500 metri. Manyonga deciso a trasformare in oro l’argento di Rio piazzato nel salto in lungo. Più altri giovani scalpitanti: «Sarebbe bello che tutti facessimo risultati importanti. Abbiamo le potenzialità. I trionfi spingono i ragazzi all’emulazione e quando ci sono più talenti il movimento cresce, ma dipende da cosa succede qui». Per il suo show il sognatore si è preparato, come al solito, in Italia: «Gemona ormai è una seconda casa, ci coccolano, tifano per noi. Più a mio agio mi sento lì e meglio mi alleno. Quando sto così bene la fatica è un piacere». Tanto da spremersi nel Mondiale senza respiro in cui può diventare re.