Gazzetta dello Sport, 3 agosto 2017
Sequestrata a Lampedusa la nave di una ong tedesca

La Guardia costiera italiana ha bloccato l’altra notte la nave Iuventa, della tedesca Jugend Rettet, l’ha accompagnata nel porto di Lampedusa, l’ha perquisita, ha controllato i documenti di tutto l’equipaggio, ha interrogato per due ore il capitano, poi ha ricoverato in un centro d’accoglienza dell’isola i due siriani che aveva a bordo. Un’operazione messa in atto con un grande dispiegamento di forze e che, per le modalità e la tempestività con cui s’è svolta, lancia a tutti un messaggio molto importante: stavolta facciamo sul serio.
• Bisogna crederci?
Io dico di sì.
• Questa Iuventa è una di quelle navi delle ong che si sospettano in combutta con i trafficanti di uomini? In pratica, darebbero una mano ai malviventi per far arrivare i profughi in Italia?
Se la Iuventa sia in combutta non lo so, e credo che in questo momento non lo sappia nessuno. È un fatto che i suoi armatori della Jugend Rettet, che passano per giovani tedeschi ricchi e ansiosi di far del bene, non hanno firmato il codice redatto dal nostro ministro dell’Interno Marco Minniti e con questo si sono messi fuori dalle regole stabilite dall’Italia d’accordo con i ministri dell’Interno della Ue (vertice di Tallin), con la Commissione europea e con Frontex. Quindi il fermo dell’altra notte è perfettamente legittimo e dice con chiarezza che stiamo facendo sul serio. Il gip di Trapani ha poi sequestrato la motonave per ulteriori accertamenti. L’accusa è di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
• Spieghiamo questo codice.
Undici punti, di cui cinque sono divieti e sei sono obblighi. I divieti: sconfinare nelle acque libiche per prelevare i migranti dai barconi dei trafficanti (salvo nei casi di “evidente pericolo di vita”); trasbordare i migranti da una nave all’altra; comunicare telefonicamente con gli scafisti; spegnere il transponder o inviare segnali luminosi «per agevolare partenze»; «ostacolare le operazioni di search & rescue della Guardia costiera libica». Gli obblighi: completare l’operazione di salvataggio portando direttamente i migranti in un porto sicuro; «accogliere a bordo ufficiali di polizia giudiziaria per indagini collegate al traffico di esseri umani»; «dichiarare le fonti di finanziamento»; notificare gli interventi al centro di coordinamento marittimo del proprio Stato; possedere una certificazione di idoneità tecnica alle attività di salvataggio (compresa la capacità di conservare cadaveri); collaborare con le autorità di polizia della località di sbarco. Aggiungo a questo codice il lavoro compiuto per tutto il mese di luglio con le autorità libiche di Al Sarraj perché gli stessi libici tengano a bada gli scafisti. Il risultato di questo lavoro è piuttosto indiscutibile: gli sbarchi da noi sono calati di un buon 80%, al punto che al 2 agosto risultavano giunti in Italia meno disperati dell’anno scorso: 95.215 contro 97.892 (dati del ministero dell’Interno). Fino a un mese fa si dava per certo un aumento consistente degli sbarchi, che a fine anno avrebbe portato gli accolti a superare abbondantemente le 200 mila unità. A quanto pare non accadrà. Federico Soda, direttore dell’Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), ha spiegato che il calo dipende anche dagli aumentati controlli in Sudan, favoriti dall’assistenza tecnica anche italiana.
• Come si spiega che tante ong non abbiano firmato il regolamento?
Hanno firmato solo tre ong su nove: Save The Children, Moas e Proactiva Open Arms. Cinque non si sono neanche presentate al tavolo: Boat Refugee, Life Boat, Seawatch, Sos Mediterranée, Sea Eye. Le hanno ufficialmente respinte in due: Medici senza frontiere e la Jugend Retted finita adesso nei guai. Sono molto sorpreso della presa di posizione di Medici senza frontiere: non vuole la polizia armata a bordo e non vuole collaborare alle indagini, pretendendo una sorta di neutralità tra i malavitosi che trafficano gli esseri umani e la polizia che li vuole prendere. La loro dichiarazione: «Non possiamo far parte di un sistema che non sia solo di ricerca e soccorso, ma preveda indagini o altre ambiguità… L’impegno che gli operatori umanitari raccolgano prove utili alle indagini viola i nostri principi di indipendenza e imparzialità». Le indagini rappresentano «un’ambiguità»? Abbastanza inaccettabile.
• Però sulla polizia armata a bordo, forse...
Hanno torto. Quando la polizia sale a bordo di una di queste navi non sa ancora con chi avrà a che fare. Spesso gli scafisti si nascondono in mezzo ai profughi, non si può escludere che siano armati. La polizia giudiziaria deve garantire l’incolumità a se stessa, ma anche ai profughi.