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 2017  agosto 02 Mercoledì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - FERMATA UNA NAVE DELLA ONG TEDESCALASTAMPA.ITNon è un semplice giro di vite nei confronti delle Ong che non hanno firmato il Codice di condotta sul salvataggio dei migranti

APPUNTI PER GAZZETTA - FERMATA UNA NAVE DELLA ONG TEDESCA

LASTAMPA.IT

Non è un semplice giro di vite nei confronti delle Ong che non hanno firmato il Codice di condotta sul salvataggio dei migranti. La nave Iuventa della ong tedesca Jugend Rettet è stata bloccata in nottata al largo di Lampedusa dalla Guardia costiera italiana, che l’ha scortata fino al porto. Ma non si tratta di un semplice monitoraggio. I controlli sono legati a un’inchiesta della Procura di Trapani in collaborazione con la squadra mobile di Trapani e con lo Sco, il Servizio centrale operativo della Direzione centrale anticrimine della Polizia. Nel primo pomeriggio si è saputo che il gip del tribunale di Trapani ha disposto il sequestro dell’imbarcazione.  

 

I magistrati trapanesi - il procuratore facente funzioni Ambrogio Cartosio e il pm Andrea Tarondo - stanno indagando su presunte collaborazioni con gli scafisti nel traffico di essere umani e ci sono delle fotografie che ne sarebbero la prova: «Le indagini, avviate nell’ottobre del 2016 e condotte con l’utilizzo di sofisticate tecniche e tecnologie investigative, «hanno consentito di raccogliere elementi indiziari in ordine all’utilizzo della motonave `Iuventa´ per condotte di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina» come scritto in un comunicato congiunto da Procura e Questura di Trapani. Secondo l’inchiesta «la Iuventa è stabilmente utilizzato nel soccorso di migranti in prossimità delle coste libiche ed al loro trasbordo su altre navi sempre in acque internazionali, permanendo abitualmente nel mare Libico, in prossimità delle acque territoriali del paese africano».  

 

L’inchiesta della procura di Trapani segue quella del procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, che lo scorso aprile denunciò i legami tra scafisti e i soccorritori di alcune Ong. Per quanto riguarda, invece, il codice di comportamento stabilito dal Viminale, esso è stato sottoscritto solo da tre organizzazioni. Jugend Rettet è proprio una delle altre sei che non hanno sottoscritto il codice del governo italiano.  

 

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Dalla nave sono stati fatti scendere due siriani, che sono stati accompagnati nel Centro di prima accoglienza dell’isola. I due migranti erano stati trasferiti in precedenza a bordo della nave della ong tedesca proprio da una delle unità militari italiane impegnate nelle operazioni di soccorso ai migranti nel Mediterraneo. Per scortare in porto la Iuventa sono intervenute diverse motovedette della Guardia costiera, con un grande spiegamento di forze dell’ordine anche sulla banchina. Il comandante della Capitaneria di porto di Lampedusa, il tenente di vascello Paolo Monaco, è salito a bordo della nave dove è rimasto per oltre due ore nella cabina di comando. «Si tratta di un normale controllo, che abbiamo fatto e che non comporterà alcun problema - ha spiegato l’ufficiale dopo essere sceso dalla Iuventa -. Ora controlleremo i documenti di tutto l’equipaggio e già questa mattina potranno ripartire da Lampedusa se dagli accertamenti emergerà che tutto è in regola».  

 

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La ong Jugend Rettet, fondata nel 2015 da giovani dell’alta e media borghesia tedesca che hanno scelto di salvare i migranti in fuga dalle guerre e dalla fame, aveva acquistato due anni fa la Iuventa nel porto di Endem, in Germania, trasformando quel vecchio peschereccio in una vera nave adatta a missioni di search and rescue. 

FRANCESCA PACI SULLE ONG

Doveva servire come soluzione, invece si rischia di aggravare le cose. Si rischia il caos in mare e nei porti, perché chi non lo sottoscrive non può vedersi garantita la possibilità di attraccare. Il codice di condotta per le organizzazioni non governative (Ong) crea tensioni tra autorità e associazioni, divide queste ultime, tiene l’Unione europea col fiato sospeso, tanto da indurre l’esecutivo comunitario a invocare «la più ampia partecipazione possibile» allo schema normativo. Per ora sono pochi, troppo pochi coloro che hanno sottoscritto il patto predisposto dall’Italia con l’assistenza e il beneplacito della Commissione europea, che assiste preoccupata alla resistenza passiva delle ong. «Chi firma il codice avrà l’assicurazione di poter accedere ai porti italiani, chi non firma non potrà beneficiare delle stesse rassicurazioni», ammette Natasha Bertaud, portavoce del commissario per l’Immigrazione, Dimitris Avramopoulos. 

 

 

Il codice per le ong si è reso necessario per una corretta gestione del fenomeno migratorio in mare, anche a seguito delle accuse, sollevate in Italia, di presunte complicità delle organizzazioni con i trafficanti. Insinuazioni che hanno incrinato i rapporti tra gli accusati e le istituzioni. La regolamentazione ha dunque un duplice obiettivo: assicurare l’affidabilità delle associazioni fugando dubbi circa la loro attività, e offrire un sostegno ulteriore all’Italia nel difficile compito di intercettare migranti nel Mediterraneo.  

 

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La Commissione europea sostiene gli sforzi italiani. «Accoglie con favore» il codice di condotta, ricorda la portavoce di Avramopoulos, in quanto si ritiene che «fornirà grande chiarezza» al modus operandi di soggetti non istituzionali e alla gestione più complessiva dei flussi. Il codice non piace però ai diretti interessati, e si rischia di avere grande incertezza, giuridica e operativa. Medici Senza Frontiere (Msf), che non ha ancora aderito al regolamento contesta in particolare l’obbligo di presenza a bordo delle navi di funzionari di polizia armati, così come l’impegno per gli operatori umanitari di raccogliere prove utili alle attività di investigazione. Proposte ritenute contrarie ai principi umanitari fondamentali di indipendenza, neutralità e imparzialità. Non convince neppure la proposta di portare i migranti raccolti in acqua a terra anziché trasferirli su altre imbarcazioni, poiché questo – sostengono le ong più critiche – ridurrebbe il numero di natanti operativi. 

 

 

La Commissione europea vuole sostenere l’Italia e scongiurare il fallimento del codice di condotta, poiché un simile avvenimento complicherebbe ulteriormente le cose. Se le navi delle associazioni non firmatarie non possono attraccare in Italia, dove andranno? E’ il grande quesito a cui nessuno per ora sa dare risposte, a Bruxelles. L’auspicio è che anche le altre Ong possano firmare quanto prima. Bruxelles è in contatto con l’Italia, e resta a disposizione per cercare di gestire il delicato dossier. 


LA STAMPA

La firma di Save the Children e del Moas, il rifiuto di Medici senza frontiere e Jugend, l’assenza degli altri. È questo il risultato dell’incontro programmato al Viminale per la firma del Codice di condotta per le ong impegnate nelle operazioni di salvataggio dei migranti in mare. «In nessun Paese in cui lavoriamo accettiamo la presenza di armi, ad esempio nei nostri ospedali» ha spiegato Gabriele Eminente, direttore generale di Msf.  

 

I punti controversi  

È l’impegno ad accogliere a bordo la polizia giudiziaria, oltre a quello a evitare il trasbordo di migranti su altre navi uno dei nodi più controversi del documento in tredici punti. Venerdì scorso, al termine della seconda riunione, i tecnici del Viminale avevano predisposto la versione definitiva del Codice, accogliendo alcune richieste e chiarimenti invocati dalle organizzazioni. In particolare, nell’impegno a non trasferire i migranti soccorsi su altre navi, è stata inserita la frase: «eccetto in caso di richiesta del competente Centro di coordinamento per il soccorso marittimo e sotto il suo coordinamento, basato anche sull’informazione fornita dal capitano della nave». L’altro punto contrastato, quello della polizia a bordo, è stato riformulato sottolineando che la presenza degli uomini in divisa avverrà «possibilmente e per il periodo strettamente necessario». Non è stata accolta la richiesta che i poliziotti a bordo siano disarmati. Mediazioni che per alcuni non sono bastate, mentre hanno soddisfatto per esempio Save the children: «Gran parte delle cose che prevede noi già le facciamo» ha detto il direttore generale, Valerio Neri. 

 

 

“Fuori dal sistema chi non ha firmato”  

Il ministro dell’Interno, Marco Minniti, è comunque intenzionato a far entrare subito in vigore il Codice («è essenziale per la sicurezza del Paese», ha sottolineato) e chi non firmerà dovrà accettare le conseguenze. «L’aver rifiutato l’accettazione e la firma pone quelle organizzazioni non governative fuori dal sistema organizzato per il salvataggio in mare, con tutte le conseguenze del caso concreto che potranno determinarsi a partire dalla sicurezza delle imbarcazioni stesse. In una condizione diversa, saranno invece parte integrante le ONG che hanno sottoscritto il Codice».  

 

 

Oltre 40% dei migranti sulle navi delle Ong  

«Più del 40% dei migranti salvati - ha ricordato - arrivano in Italia su navi delle Ong». L’obiettivo è far intervenire nelle acque territoriali la Guardia costiera libica - supportata dagli assetti della missione navale che l’Italia si appresta a varare - per riportare le persone sulle coste del Paese nordafricano. 

 

I 13 impegni previsti dal Codice  

- Non entrare in acque libiche, «salvo in situazioni di grave ed imminente pericolo» e non ostacolare l’attività della Guardia costiera libica 

- Non spegnere o ritardare la trasmissione dei segnali di identificazione 

- Non agevolare con comunicazioni la partenza delle barche di migranti 

- Attestare l’idoneità tecnica per le attività di soccorso. In particolare, viene chiesto alle ong anche di avere a bordo «capacità di conservazione di eventuali cadaveri» 

- Informare il proprio Stato di bandiera quando un soccorso avviene al di fuori di una zona di ricerca ufficialmente istituita 

- Tenere aggiornato il competente Centro di coordinamento marittimo sull’andamento dei soccorsi 

- Non trasferire le persone soccorse su altre navi, «eccetto in caso di richiesta del competente Centro di coordinamento per il soccorso marittimo (Mrcc) e sotto il suo coordinamento anche sulla base delle informazioni fornite dal comandante della nave» 

- Informare costantemente lo Stato di bandiera dell’attività intrapresa dalla nave 

- Cooperare con il competente Centro di coordinamento marittimo eseguendo le sue istruzioni 

- Ricevere a bordo, su richiesta delle autorità nazionali competenti, «eventualmente e per il tempo strettamente necessario», funzionari di polizia giudiziaria che possano raccogliere prove finalizzate alle indagini sul traffico 

- Dichiarare le fonti di finanziamento alle autorità dello Stato in cui l’ong è registrata 

- Cooperazione leale con l’autorità di pubblica sicurezza del previsto luogo di sbarco dei migranti 

- Recuperare, «una volta soccorsi i migranti e nei limiti del possibile», le imbarcazioni improvvisate ed i motori fuoribordo usati dai trafficanti di uomini