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 2017  luglio 30 Domenica calendario

L’Italia cavalca un’onda da 50 milioni. Nella Penisola aumentano gli appassionati del surf

In mare le onde arrivano quasi sempre a gruppi. In “set”, ossia sequenze con intervalli regolari. Allo stesso modo il surf italiano è spinto da una serie di eventi e circostanze che potrebbero trasformarlo da sport di nicchia a pratica diffusa.
L’esplosione di un talento di caratura internazionale come il giovanissimo Leonardo Fioravanti sta attirando attenzione di media, sponsor e pubblico. Il riconoscimento del surf come sport olimpico da Tokyo 2020 ha imposto una rapida riorganizzazione del movimento. Infine anche in Italia si fa sentire una tendenza globale che vede un forte ritorno di interesse verso questo sport, come testimonia anche il premio Pulitzer al surfista William Finnegan nel best seller “Giorni selvaggi. Una vita sulle onde”.
«Quella di Tokyo è una sfida importante», spiega Luciano Serafica, presidente della Federazione sci nautico e wakeboard a cui è stato affidato anche il surf in vista dell’appuntamento olimpico. «Il debutto del surf avverrà infatti nella formula “one shot”, vale a dire una specie di test. Se i riscontri saranno buoni diventerà stabilmente disciplina olimpica, in caso contrario perderà definitivamente questa possibilità».
Serafica è comunque ottimista: «Il surf è uno sport in crescita, piace molto ai giovani e attira sponsor. È forse lo sport di mare per eccellenza e in fondo ogni generazione conserva nel suo immaginario un film legato alle onde, basti pensare ai più celebri “Un mercoledì da leoni” o “Point break”». Da qualche anno peraltro anche il surf italiano ha un suo film culto, “Bella vita” di J. Baffa che racconta la storia del surfista italo americano Chris Del Moro e le avventure dei pionieri italiani della tavola. «Come federazione – continua Serafica – puntiamo a raggiungere i 20mila tesserati nel giro di un paio d’anni. È importante ricordare che chi si tessera attiva un’assicurazione che copre non solo eventuali infortuni propri ma anche i danni provocati a terzi. Stimiamo invece che siano circa 100mila gli italiani che possiedono una tavola da surf e che praticano in modo amatoriale questo sport». Peraltro, come ammettono gli stessi addetti al lavoro il surf conserva una sua indole libertaria e un po’ anarchica che rende più difficile inquadrare le vere cifre del movimento. Basti pensare al fenomeno dei free surfers, atleti che per scelta non gareggiano pur avendo doti eccezionali e a volte ricevono contratti di sponsorizzazioni persino più ricchi di chi partecipa ai vari campionati.
Secondo Federico Gaetano della società di StageUP il surf italiano «resta per ora uno sport di nicchia ma mostra potenzialità di crescita davvero grandi». Sono infatti oltre 800mila gli italiani che si dichiarano interessati a questa disciplina e tra questi più di 300mila si possono definire veri e propri appassionati. In genere, rilevano StageUP ed Ipsos, si tratta di giovani, divisi quasi equamente tra maschi e femmine, con un alto livello di scolarizzazione (oltre il 22% sono laureati) e residenti prevalentemente al Centro Sud. Quelli che si dicono intenzionati a provare in prima persona a salire su una tavola sono 340mila. Due, secondo Gaetano, gli elementi di freno, un numero relativamente esiguo, soprattutto nelle coste adriatiche, di punti adatti alla pratica del surf e un costo non irrisorio dell’attrezzatura (tavola, una o più mute oltre alle spese per spostamenti e soggiorni). Per un “kit” base bisogna mettere in conto una spesa di qualche centinaio di euro. Al momento il giro d’affari del settore è compreso tra i 40 e i 50 milioni.
Quello che in Italia non esistano onde adatte per il surf è invece fondamentalmente un equivoco legato alla percezione “cinematografica” di questo sport. «In realtà – racconta l’ex pluricampione italiano di “long board” Leo Ranzoni – si può surfare su una buona parte delle coste italiane con condizioni, a seconda del luogo e della stagione, adatte sia ai principianti che a surfisti di alto livello».
Capo Mannu, promontorio a Nord di Oristano, è ad esempio considerato il migliore “spot” del Mediterraneo. Qui tra ottobre e novembre prossimi si svolgeranno i campionati italiani di tutte le discipline (short e long board, maschile e femminile) che saranno trasmessi su Sky. In questo angolo della Sardegna è sorta 20 anni fa una la prima scuola italiana con formula surf camp. «È vero – conferma Ranzoni – che i praticanti sono in crescita, basta fare un giro su molti litorali italiani in un giorno di mare mosso per rendersene conto. La gente prova il surf e rimane affascinata da una disciplina che permette di vivere un profondo rapporto con la natura e il mare durante tutto l’anno».