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 2017  agosto 02 Mercoledì calendario

Quanto pesa il vecchio numero 10

È uno dei grandi assenti del calcio italiano. Il numero 10 sulla maglia, il sogno di ogni ragazzino che tira calci a un pallone è sempre meno utilizzato. Non c’è fra le prime tre dello scorso torneo. Nei primi respiri da juventino Federico Bernardeschi, che pure l’aveva indossato a Firenze, l’ha dribblato e respinto, come già Dybala. Meglio cominciare il viaggio con il 33, allontanando l’ombra di Del Piero, Baggio, Platini. A Roma, così come da tempo a Napoli, il 10 non è più contemplato. È custodito, avvolto dalla mistica. Quel numero appartiene a Totti e Maradona. E se all’Olimpico per ora non ci sarebbe neppure il candidato ideale per raccogliere l’eredità tecnica ed emotiva di Totti, anche Lorenzo Insigne, che da 10, da trequartista, ha giocato per qualche partita nel Napoli di primo conio di Maurizio Sarri, prima di tornare sulla fascia sinistra, si è tenuto alla larga dalla discussione. Preferisce il 24.
Ventidue anni dopo la liberalizzazione dei numeri, il 10 non è più un obiettivo ma un moltiplicatore di aspettative. Rende la falcata meno leggera e i dribbling meno efficaci. Certo, ci sono Felipe Anderson alla Lazio, Papu Gomez all’Atalanta, Ljajic al Torino. Ma giocano da ali. Tra le milanesi, il 10 è finito sì a degli atipici, ma anomali nella loro atipicità. Dopo Gullit e Savicevic, Boban e Seedorf, ora tocca a Calhanoglu: la stagione scorsa lo aveva Honda. Mentre nell’Inter di Luciano Spalletti è andato a Joao Mario, che nel suo 4-2-3-1 dovrebbe essere la mezzala con gamba per tiri e inserimenti.
Il 10 è cambiato. I nuovi trequartisti possono essere pure centrocampisti che si inseriscono ma devono andare a schermare l’avversario che porta palla. Come Vidal e Nainggolan. Non degli Sneijder. Il 10 classico, per numero e caratteristiche tecniche, comincia a mancare anche in alcune big internazionali. Non certo per assenza di talento. A Barcellona c’è il dispotismo illuminato di Leo Messi, forse l’ultimo vero caso in circolazione. Ma anche lui non frequenta più la porzione di giardino tipica del 10 degli anni Novanta. È stato capocannoniere della Liga con 50 gol partendo metri dietro, da falso nove, ha segnato doppiette dalla fascia destra. Al Real Madrid era di James Rodriguez, finito al Bayern Monaco e ora è passato a Modric, un regista che vede la porta a targhe alterne. In Premier League c’è Hazard al Chelsea ma anche il belga conosce poco il mestiere di suggeritore dietro la punta o le punte, preferendo le fasce, la casa di dribbling e accelerazioni. Come l’armeno Mkhitaryan, che invece ha scelto il 22 nel Manchester United di Mourinho che si candida al titolo.