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 2017  agosto 02 Mercoledì calendario

Passaggio in Iran. La Grecia d’Oriente che si apriva all’Occidente

Archeologi italiani che collaboravano al restauro della cittadella di Bam, distrutta nel terremoto del 2003, hanno portato alla luce una croce cristiana tracciata su una delle torri. Con ogni probabilità si tratta di una croce nestoriana. È noto che i Nestoriani, perseguitati nell’impero bizantino dopo che nel 431 il Concilio di Efeso sancì il prevalere della dottrina monofisita, si spostarono verso est lungo la via della seta. In particolare verso la Persia, ma anche oltre, spingendosi fino in Cina. Ma perché Bam? C’è da chiedersi che senso potesse avere una presenza cristiana in una città della guarnigione costruita nel mezzo del deserto (e usata da Valerio Zurlini proprio per questo suo suggestivo isolamento per ambientarvi la versione cinematografica del libro di Buzzati Il deserto dei tartari). In realtà Bam non aveva solo un’importanza militare, ma era un importante passaggio nelle vie per il commercio, in particolare della seta.
Oggi si rievoca la via della seta cercando di riprodurne in chiave contemporanea la funzione di vitale arteria di comunicazione nello sviluppo di scambi economici dalla Cina al Mediterraneo. Progetto estremamente interessante destinato a produrre risultati molto significativi soprattutto nel fornire una piattaforma per l’ulteriore consolidamento del ruolo economico e geopolitico della Cina e per rafforzare lo spostamento verso l’Asia del fulcro dell’economia mondiale.
La via della seta non fu mai un percorso unico, lineare, ma una rete di varie vie di comunicazione con diramazioni e percorsi derivati. Alcune di queste vie passavano per la Persia – la Persia imperiale, che andava ben oltre i confini dell’attuale Iran, e che esiste ancora oggi, sotto il profilo linguistico- culturale, dal Tajikistan alle zone di lingua persiana dell’Afghanistan.
Ma c’è qualcosa di più, qualcosa che si riferisce alla stessa natura dell’Iran, alle sue radici storiche ma anche alla sua realtà contemporanea.
Dire che l’Iran è punto di incontro (e talora scontro) fra Oriente e Occidente è vero ma insufficiente. La realtà stessa dell’Iran non è definibile senza lo scambio, il cammino, il transito, l’assimilazione delle influenze spirituali e culturali esterne e la proiezione esterna della propria realtà spirituale e culturale, e non solo del proprio potere politico-militare. Con la via della seta, ma non solo, e anche prima che la via della seta fosse consolidata sotto la dinastia Han (dal 200 a.C. al 200 d.C.).
Studiamo le guerre persiane dei greci, le Termopili e Maratona, ma dimentichiamo che il contatto fra Grecia e Persia fu ben più ampio e ricco del solo scontro militare. Dimentichiamo, ad esempio, che i politici greci sconfitti all’interno delle rispettive polis si trasferivano spesso sotto l’impero persiano e che i contatti fra Grecia e Persia in campo culturale erano intensi: non è difficile, ad esempio, identificare influenze architettoniche della Ionia nel sito più emblematico dell’impero achemenide, Persepoli.
Ma fu nell’epoca sasanide, e in particolare nel VI secolo, sotto l’imperatore Chosroe, che la Persia svolse un ruolo centrale nell’incontro fra le culture ad est e ad ovest del suo territorio. Chosroe accolse a Gondishapur, una città dell’ovest della Persia, sia filosofi greci che cristiani nestoriani perseguitati dal potere bizantino, e Gondishapur si trasformò in una sorta di università cosmopolita dove, con la presenza di un corpo docente di varie provenienze culturali e sulla base di un’intensa attività di traduzione di testi in pahlavi (la lingua che sta alla radice del persiano), si studiavano filosofia greca, astronomia, arti e mestieri e soprattutto medicina. Un ruolo di contatto e traduzione/ trasmissione che venne svolto anche verso oriente, con la traduzione di testi indiani di astronomia, astrologia, matematica e medicina e testi cinesi sulle erbe medicinali.
Marco Polo scrive della tomba dei “Re magi” a Saveh, nel centro della Persia – uno dei centri nodali del tramo persiano della via della seta. Una “notizia” che sarebbe difficile non considerare leggenda, ma il fatto che i Vangeli parlino dell’arrivo di tre Magi (in realtà non re, ma sacerdoti zoroastriani) per rendere omaggio al neonato Gesù testimonia dell’importanza dell’apporto per la stessa religiosità prima medio-orientale poi occidentale della spiritualità e della escatologia dei popoli iranici, i primi a sviluppare il concetto di “salvatore” ( sosyant), fra l’altro definito come “nato da una vergine”.
Identità quindi, quella iraniana, plurima, complessa, dialogica piuttosto che dialettica – dato che invece di impossibili sintesi la storia, quella vera, è fatta, per tutti ma soprattutto per l’Iran, di creative e non risolvibili tensioni fra opposte polarità. Questa tensione bipolare fra influenze culturali diverse caratterizza anche oggi l’Iran, dove il regime politico nato con la rivoluzione del 1979 è certamente integrista e teocratico, ma è nello stesso tempo “islamico” e “repubblicano”. Già nell’islam iraniano, d’altra parte, si evidenziano particolarità con profonde radici storiche che spiegano, al di là delle secondarie differenze teologiche (l’islam si interessa all’ortoprassi piuttosto che all’ortodossia), le ragioni della profonda diversità fra islam sunnita e islam sciita. Basti pensare al ruolo del clero, in Iran strutturato gerarchicamente in modo da mostrare somiglianze significative con il cattolicesimo o al diverso modo di applicare nella realtà sociale il messaggio unico contenuto nel Corano. Per fare un solo esempio, in Iran la poliga- mia è ammessa dalla religione ma mal vista a livello del comportamento sociale. Molto importante, nell’islam iraniano, è infine la dimensione culturale, intesa in modo tutt’altro che autarchico. Chi scrive ha avuto l’occasione di ascoltare il discorso pronunciato nel 2004 dal presidente Khatami in occasione dell’inaugurazione di una nuova biblioteca religiosa nella città di Qom. Khatami esordì allora in questo modo: «C’è fra noi chi dice che ai musulmani serve un solo libro. Io vi dico invece che servono tutti i libri». E continuò citando Platone e Aristotele. Viene in mente la corrente mutazilita dell’islam, che per un certo periodo fu anche politicamente egemonica: un islam fortemente “filosofico” ben diverso dalla corrente storicamente dominante, quella giuridica (la sharia) e da quella, minoritaria ma importante, del misticismo sufi.
L’islam di regime, in Iran, cerca di controllare e, se necessario, stroncare queste aperture, questo dialogo non solo politico ma anche filosofico-culturale. Ma chiunque abbia occasione di conoscere la società iraniana si può facilmente rendere conto del fatto che nemmeno all’interno del clero l’islam iraniano è monolitico, e che le pronunce dottrinali dei principali ayatollah configurano un sistema che può accogliere trasformazioni anche radicali.
La componente “repubblicana”, in un sistema costituzionale reso del tutto anomalo e incompatibile con la divisione dei poteri dalla presenza al vertice del sistema di un Leader Supremo religioso, è quella attraverso cui la storia e la cultura iraniane, comprese quelle pre-islamiche, hanno diritto di cittadinanza. E certamente questo è il modo in cui la popolazione, compresi gli individui con forte identità religiosa, percepiscono e rivendicano la propria appartenenza alla nazione iraniana.
Ma che prospettive esistono oggi del successo di un rilancio della storica esperienza della via della seta? Oggi la politica dei paesi attraversati dall’antica via che si vorrebbe rilanciare a fini economici, risulta in clamorosa contraddizione con quella storica realtà di continuo scambio di cose e di idee e anche di meticciato sia etnico che culturale.
Dalle ambizioni del novello impero di mezzo cinese al sovranismo indiano, dall’aspra lotta dei conservatori iraniani – numericamente minoritari ma fortemente insediati nella struttura di potere della Repubblica Islamica – al nazionalismo islamista turco: tutti vorrebbero frontiere attraversate dalle merci ma chiuse al transito umano e impermeabili alle idee e alle influenze esterne, considerate inquinanti e pericolose, mentre la storia ci dimostra che sono vitali.

2. Continua