la Repubblica, 2 agosto 2017
Atac, Raggi punisce l’assessore ribelle
ROMA Milano ordina, la sindaca di Roma esegue. La fatwa lanciata da Davide Casaleggio contro l’assessore al Bilancio – reo di aver criticato «le scelte calate dall’alto» e l’eccessiva ingerenza dell’asse del Nord sulle nomine – ieri ha trovato la sua prima attuazione: il dimezzamento delle deleghe ad Andrea Mazzillo, anticamera del licenziamento. Ulteriore prova della faida interna che scuote il Campidoglio grillino, da mesi ostaggio di un conflitto a bassa intensità esploso in seno alla maggioranza e ormai dilagato in giunta.
Dai modi persino brutali. In fondo a 72 ad altissima tensione, a metà mattina Virginia Raggi arriva a palazzo Senatorio, partecipa a una riunione sul concordato preventivo di Atac (su cui l’assessora ai Trasporti Meleo ha aperto ieri) e poi invia al Protocollo la nota con cui sfila il Patrimonio all’ex fedelissimo. Senza neppure avvertirlo. A Mazzillo resterà solo la responsabilità dei conti romani: l’amministrazione è in piena sessione finanziaria, impensabile revocare anche quella, come Grillo e Casaleggio vorrebbero. Il 30 settembre incombe: entro quella data l’assemblea capitolina deve approvare il bilancio consolidato del Comune e di tutte le partecipate, consuntivo particolarmente complesso per il Campidoglio, che non ha ancora completato la riconciliazione dei debiti e dei crediti tra l’ente centrale e la sua holding. Una partita che vale un miliardo e mezzo di euro. Oltretutto il termine è inderogabile. Chi non lo rispetta rischia grosso: l’intervento del prefetto e il commissariamento.
Raggi è imbufalita. Le invettive lanciate da uno degli assessori a lei più cari hanno fatto infuriare i vertici 5S e incrinato il suo rapporto con lui. «Non mi fido più», sibila la sindaca, siglando l’espulsione a metà. Dopodiché impugna il telefonino e sulla chat interna dedicata alla giunta comunica la sua decisione: entro il mese verranno nominati due nuovi assessori, uno ai Lavori Pubblici, e un altro a Patrimonio e Casa. Per Mazzillo è un colpo in pieno stomaco. Apprende così di essere stato scippato. Prova a protestare. «Me lo potevi almeno dire», lamenta. Ma il messaggio tra le righe è fin troppo chiaro: questo non è che l’inizio. Non sarà però lui a firmare la sua condanna a morte. «Io da qui non me ne vado, mi devono cacciare», si sfoga. Vendere cara la pelle: eccolo l’obbiettivo, adesso. Dimostrare che le sue denunce contro i diktat di Grillo e Casaleggio erano fondate. Perciò prende carta e penna e racconta la violenza subìtà, giocando d’anticipo.
«Preso atto, attraverso una chat, dell’intenzione della sindaca di nominare altri due assessori, senza avermi neanche informato, ho ritenuto di rimettere formalmente a disposizione le deleghe attinenti al Patrimonio già da stamattina», annuncia. «Ciò mi consentirà di concentrarmi, con ancor maggior impegno, per garantire la solidità dei conti di Roma in modo da consentire alla sindaca di attuare il programma di rilancio della capitale». Uno psicodramma a distanza che la riunione serale di giunta renderà visibile. Scatenando l’opposizione. «Fuori un altro. Ma è la giunta Raggi o l’amministrazione Trump?». twitta il pd Marcucci. «Il prossimo assessore sarà quello alle dimissioni per gestire tutto ‘sto traffico di gente che va e viene» ironizza Giachetti. Ma c’è poco da ridere.