la Repubblica, 2 agosto 2017
L’amaca
Non bastassero le moto d’acqua, che tritano il mare e i timpani, qualcuno ha pensato di attraversare il Lago di Como con una moto vera, una moto da fuoristrada adattata con pale motrici e pattini laterali, aggiungendo ai motoscafi già all’opera nuove e mirabili fonti di fracasso e inquinamento. Il piccolo show, accolto da una piccola folla entusiasta, farà sicuramente proseliti, perché l’idea che possano esistere, sul pianeta, luoghi inadatti al solco dei battistrada e all’uomo smanettone deve sembrare insopportabile a parecchi: gli stessi che andrebbero in funivia, meglio in tram, sopra ogni cima del mondo, e organizzano gare nei deserti, e spetazzano lungo sentieri alpini in teoria destinati alle gambe e al fiato dei camminatori.
Il motore a scoppio è una delle meraviglie del Novecento; e uno dei suoi simboli più importanti, da Nuvolari a Lindberg, dalla Parigi-Pechino alla Ferrari. Ma già esistono infinite e meravigliose strade, per i motori e per i guidatori, e pretendere che tutto il mondo, compresi i laghi e le foreste, i monti e le brughiere, diventino una pista, è arrogante e idiota. La natura merita rispetto: non è nostra serva, è nostra padrona, ma per capirlo, probabilmente, ci serve qualche catastrofe esplicativa.