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 2017  agosto 01 Martedì calendario

Ritratto di Bruno Le Maire, un ex gollista saltato appena in tempo sul carro del vincitore

A Parigi si vocifera che quella decisione non convincesse del tutto neanche lui. Il ministro francese dell’Economia, Bruno Le Maire, atteso oggi a Roma per il faccia a faccia con gli omologhi italiani (Pier Carlo Padoan, Economia, e Carlo Calenda, Sviluppo Economico) in seguito alla nazionalizzazione temporanea di Stx-France, è un liberale convinto. Se giovedì scorso è toccato a lui annunciare il diritto di prelazione dello Stato sui cantieri di Saint-Nazaire è stato per eseguire gli ordini impartiti da Emmanuel Macron. Tocca a lui, comunque, affrontare gli italiani furenti e verificare se esistono ancora margini di manovra.
All’attuale presidente il garbato transfuga neogollista passato nella maggioranza di “En Marche!” deve tutto. Candidato sconfitto già nel primo turno delle primarie dei Républicains, lo scorso autunno, l’eterno enfant-prodige della destra – 48 anni, dieci in più rispetto al “capo” – sembrava destinato a una lunga traversata nel deserto. E invece, con un insperato colpo di reni, è riuscito al saltare sul treno della primavera macronista.
Una mossa salutata a Parigi da commenti e battute ironiche. Senza citare i media, che al momento della sua nomina nel nuovo esecutivo guidato da Edouard Philippe si divertirono a elencare le bordate da lui lanciate appena pochi mesi prima contro l’allora rivale di “En Marche!”. Macron? «Un uomo senza progetto perché senza convinzioni», sosteneva l’allora candidato repubblicano. O ancora: «Macron è solo un altro volto del socialismo. Un volto più avvenente, certo, più aperto, ma sempre di socialismo si tratta...».
Ma tutto questo era prima. Prima che l’ex ministro di Nicolas Sarkozy dai modi garbati e dall’allure principesca si convertisse alla causa del nuovo “re di Francia”. E che quest’ultimo lo ricompensasse con la nomina a Bercy. In visita nelle scorse settimane a New York per convincere gli investitori Usa a tornare in Francia il fido ministro si è addirittura presentato come «Hermes, il messaggero del Dio jupiteriano Macron». Ora, sempre per fedeltà al nuovo leader, si trova a doversi difendere dall’accusa di seguire i passi di Arnaud Montebourg, suo predecessore della gauche e paladino del Made in France, che durante la sua permanenza al ministero dell’Economia con François Hollande tentò a sua volta di nazionalizzare (invano) le acciaiere di Florange.
Ai media di Parigi Le Maire dice che la mossa di giovedì non turba affatto. «Non siamo più nel 1981, non sono sui passi di nessuno. Bisogna uscire da questi riflessi ideologici. Non è né una decisione di destra né di sinistra. È una decisione per la Francia».
Secondo fonti vicine a Macron, dietro alla scelta di affidare un tale compito all’ex repubblicano che in passato voleva addirittura privatizzare Pole Emploi, l’agenzia pubblica di collocamento, non c’è perfidia. «Le Maire – ragionano i fedelissimi del presidente – è giacobino, crede alla potenza dello Stato».
Una posizione apparentemente condivisa anche da quel 70% di connazionali che secondo un ultimo sondaggio Ifop, si dice favorevole alla nazionalizzazione temporanea di Saint-Nazaire,”Grandeur oblige”, mentre solamente il 27% ha espresso un’opinione contraria e il 3% si è astenuto dal dare un giudizio.
Quasi un plebiscito per la mossa del governo, che può contare su questa svolta protezionista per rilanciare l’immagine di Macron, calata drasticamente dopo appena tre mesi dall’inizio del suo mandato presidenziale.