la Repubblica, 1 agosto 2017
L’amaca
L’artista alpestre Mauro Corona che insegue con l’ascia i tre vandali che gli hanno sfasciato la casa non è di buon esempio, e lo sa. Eppure non riesce facile fargli troppo la morale, intanto perché è andata a finire bene (i tre giovani imbecilli avevano, dei giovani, almeno la virtù di correre forte) e poi perché Corona è stato il veemente ma efficace interprete, nell’occasione, di alcune delle nostre più comprensibili debolezze. «Non ho reagito al danno ma all’umiliazione», ha detto a mente fredda. L’umiliazione dell’uomo di montagna che ha sempre vissuto del suo lavoro, del frutto delle sue mani e del suo cervello, e vede tre giovanotti uscire brilli o in altro modo alterati da un’adunata di fracassoni (una delle tante) e per divertimento violare la sua casa, distruggere le sue sculture, insomma sputare sulla sua stessa vita. Per gioco.
La questione della sicurezza è da tempo, purtroppo, una rissa politica, con esecrabili speculazioni sulla paura e incaute sottovalutazioni della stessa. Se al centro della questione ci fosse l’interesse per gli esseri umani, i loro errori e il loro destino, la parola «umiliazione» pronunciata da Corona aiuterebbe a mettere meglio a fuoco di che cosa si parla, quando si parla di una casa violata.