Libero, 27 luglio 2017
Se uno è senza idee di certo fa il politico
In Italia, così pare, stiamo registrando il tramonto definitivo della politica intesa come idee “alte”, come visione del nostro Paese tra dieci o trent’anni, come straccio di un’idea di futuro che non sia solo un angoscioso confronto economico col presente: nessuno pensa più a lungo termine, se non per fare una propaganda schiacciata sull’oggi; nessuno fa piani veri per ricollocarci geoeconomicamente in un mondo cambiatissimo; si parla solo di singoli problemi quotidiani (l’immigrazione, il crimine, i soldi degli altri) col leitmotiv della “crisi” come se fosse una fastidiosa parentesi, come se il ruolo dei politici fosse solo quello di farci rientrare in una carreggiata dove, in realtà, non rientreremo mai. Anticipiamo che queste considerazioni nascono anche da due analisi residue e molto banali: la lettura del libro di Renzi (segretario di un partito che qualche idea vantava di averla) e la verifica che l’ultima forza che sembrava avere idee, pur confuse e pericolose, erano i Cinque Stelle, oggi ridotti a una desolante oscillazione strategica su ogni argomento, con la sostanziale assenza di un vero pensiero su tutto. Degli altri partiti c’è poco da dire, ormai è storia della Seconda Repubblica. A parte le velleità iniziali (la rivoluzione liberale eccetera) delle vere idee programmatiche non rientrano tra gli interessi di Forza Italia: è una scatola che contiene Berlusconi e cioè un tutto-compreso che si salda con la storia che ha alle spalle, il resto è solo un prodotto di cui viene ridisegnato di continuo il packaging, l’immagine, i colori, il target e cioè gli acquirenti, il mercato, il posizionamento, la comunicazione, la pubblicità. Ma che cosa pensi realmente Forza Italia non lo sa nessuno. Non credo sia il caso, poi, di perdere tempo per cercare delle vere idee anche nel Nuovo Centrodestra (Alternativa popolare) che non siano un generico posizionamento da polo conservatore. Fratelli d’Italia e Lega, pur partendo da reminescenze ideologiche tra loro opposte (nazionali il primo, localiste il secondo) oggi parlano di fondersi per quanto paiono indistinguibili perlomeno dagli elettori: entrambi nemici dell’euro, lepeniani convinti, nemici di intese tra Berlusconi e Renzi. Chi c’è, poi? Sinistra ecologia e libertà non ha vere idee, ma scampoli di idee superate e singole difese od offensive civili, un po’ come i vecchi Radicali ma senza la loro efficacia e visione a lungo termine.
Ma torniamo a Renzi e ai grillini, cioè alle ultime illusioni cadute. Nel libro di Renzi titolato Avanti c’è una pressoché totale assenza di visione (se non a brevissimo termine) e una scarsità anche solo di proposte tecniche e amministrative. «La proposta politica del Pd» occupa meno di due pagine. A proposito delle periferie, che da risorsa storica si sono trasformate in luogo di sconfitta per la sinistra nelle recenti elezioni amministrative, si propone un piano che assomiglia molto a quello che Berlusconi propose una quindicina di anni fa. Alla globalizzazione e ai globalizzati (coloro, cioè, che hanno fatto affollare le urne con voti per Trump, Le Pen e Brexit) Renzi dedica poche righe politicamente polivalenti, tutto per spiegare che «la globalizzazione apre scenari inesplorati per l’Italia, paese produttore ed esportatore di bellezza». Decisamente di destra è anche la definizione di «stato assistenzialista che distribuisce sussidi» e quella di welfare come «elemosina corruttrice». I giornali, a proposito del libro, si sono soffermati perlopiù sulle vaghe idee economiche già definite «reaganiane»: tagliare le tasse facendo nuovo debito pubblico, favorire con ciò una crescita economica e un’inferiore evasione fiscale che riempiano i buchi. «Questo obiettivo sarà la base della proposta politica del Pd per le prossime elezioni», scrive Renzi: di che parla, in concreto? Dell’obiettivo storico di Berlusconi, il taglio delle tasse. Ma Renzi non scende neppure nei dettagli: quali tasse, a chi.
Per i grillini, invece, il discorso è più semplice e complicato al tempo stesso. Come ha notato Davide De Luca su Il Post, nel giro di poco tempo il Movimento 5 Stelle si è trasformato in un partito funzionale agli interessi dei ricchi. Nel suo vaghissimo programma non c’è niente che preoccupi Confindustria, l’Abi o i pochi magnati dell’industria che ci restano. Nella grande comunicazione grillina che ormai è ufficialmente, senti senti, quella televisiva le utopie alla Casaleggio hanno lasciato spazio a calcoli di piccolo commercio, polemicucce di giornata, battibecchi, fatterelli dimenticabili che vivono sul tamburo dell’odiata carta stampata. Quale sarà la società costruita dai Cinque Stelle? E come la raggiungeremo? Boh, è roba da archeologia. Le infinite e spesso ridicole proposte grilline «rivoluzionarie» ormai trovano spazio solo in rete, ma sono solo un rumore di fondo a cui si contrappone, in concreto, un continuo riposizionamento che pare corteggiare sempre più l’élite economica e relega a folklore i toni anti-establishment degli esordi. Beppe Grillo era partito, si ricorderà, come nemico giurato delle famiglie capitalistiche, delle banche e della finanza: quattro anni in Parlamento ed eccolo trasformato in conservatore provetto. Contrario alla riforma delle Banche Popolari, genericamente anti-sindacato e ambiguo sull’articolo 18, amico dei piccoli commercianti, dei tassisti e di tutte le “castine” all’italiana. Uno come tanti.
Tanto nessuno legge più i programmi dei partiti, nessuno ne verifica la realizzazione, nessuno parla più di futuro in termini di “idee”, come detto. Il passato non tornerà: lo sappiano dunque gli operai che chiedono “lavoro” allo Stato, i sindacalisti che si scandalizzano della delocalizzazione, i professionisti e gli esercenti che ammiccano all’evasione, gli statali, i padroncini col lavoro in nero, lo sappiano gli italiani rincoglioniti da noi giornalisti: il passato non tornerà, c’è solo il presente e la sua rappresentazione nella commedia politica.