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 2017  luglio 31 Lunedì calendario

A qualcuno piace muto

Parafrasando il titolo di uno straordinario film di Dino Risi, si potrebbe dire Vedo Muto. Eh sì, perché al di là dell’ormai archiviato successo di The Artist di Michel Hazanavicius, cinque Oscar nel 2012, l’interesse per gli esordi della Settima Arte è andato crescendo con il tempo e non solo tra gli appassionati del genere. A dimostrazione, ecco a settembre una mostra su una delle dive incontrastate del muto, Lyda Borelli che si svolgerà a Venezia (vedi l’articolo in basso) e l’ormai classico appuntamento con Le giornate del Cinema Muto di Pordenone dal 30 settembre al 7 ottobre che ripescano delle chicche come un film Cines del 1913, Sulla via dell’oro, nell’ambito della rassegna Origini del western: la produzione europea oltre a perle del cinema scandinavo e alle nasty women della commedia americana. Eventi di apertura e chiusura con accompagnamento orchestrale dal vivo saranno il celebre La folla di King Vidor e Il principe studente di Ernst Lubitsch.
Negli anni di Intolerance di Griffith e più tardi del primo capolavoro americano, Nascita di una nazione, il grande schermo festeggiava i primi, veri risultati di un’arte sublime che regalava volti e capolavori: da Chaplin a Keaton, da Stanlio e Ollio ad Erich Von Stroheim allo slapstick di Mack Sennett, creando con il tempo il primo divismo con Rodolfo Valentino e Gloria Swanson. E il cinema non era ancora soltanto degli Studios: dalla Francia alla Germania e soprattutto dall’Italia arrivavano nelle sale gioielli del muto. Un patrimonio dal valore inestimabile che diversi anni fa si iniziò a preservare, prima ancora che Martin Scorsese si facesse nobile paladino della conservazione delle vecchie pellicole a ruota dell’evento romano di Napoléon di Abel Gance proiettato a Roma in una magica serata davanti all’Arco di Costantino.
Ed eccola allora l’altra grande novità che fa parlare di rinascita dell’attenzione per quel cinema dei primi anni del Novecento: dalla pellicola all’arte digitale, il vero capolavoro della preservazione di una memoria storica l’ha creato ora il Centro Sperimentale di Cinematografia diretto da Laudadio, dando vita al Portale del cinema muto italiano (www.ilcinenamuto.it). Una miniera di informazioni, di documenti, di fotografie e di film organizzato con passione e studiato nel dettaglio in collaborazione con la Cineteca Nazionale e con il contributo della Direzione Generale Cinema e del Mibact.
ELEGANZA
L’eleganza della grafica e la facilità di consultazione sono pari al grande valore del contenuto con una videogallery di apertura, tematiche suddivise in percorsi, ritratti e biografie, un grande spazio riservato alle riviste d’epoca oltre ad una bibliografia aggiornata e a studi del settore. Insomma, una goduria per l’occhio e per l’approfondimento di una delle epoche più importanti della storia del cinema. 
Si parte dai primi artisti italiani ad aver utilizzato il cinematografo dei Lumière, vale a dire il grande trsformista Leopoldo Fregoli per passare a quelli che vengono definiti i film d’arte: la Serie Princeps è inaugurata dalla Cines nel 1911 con I Maccabei e il kolossal La Gerusalemme liberata. È possibile rivedere La presa di Roma (1905) di Alberini & Santoni, L’uomo torpedine (1907) di Rossi, Il piccolo garibaldino (1909), Il duello di Robinet (1910) e decine di altri film oltre ad un vasto assortimento di pellicole con protagoniste Fregoli.
Si affastellano le immagini dai colori seppiati che rimandano a vecchi dagherrotipi degli inizi della fotografia: da Nerone e Agrippina di Mario Caserini a La casa degli scapoli di Amleto Palermi. Ma su tutte spiccano le sequenze di un capolavoro del muto italiano, Sperduti nel buio di Nino Martoglio (1914) che veniva recensito così all’epoca sulla rivista La Vita cinematografica: «Un prologo e tre parti che non hanno imponenza di masse né grandiosità di messinscena, ma hanno tale palpito di vita, tale senso di umanità da far scambiare lo schermo per un lembo di vita reale...»
Erano gli anni in cui fiorivano le riviste del settore nel periodo che va dal 1907 al 29: già le copertine sono di per sé opere d’arte: da quella di L’Arte Muta a Cine-Cinema, da Penombra a Kines, tutte consultabili sul portale rimandando ai siti elencati alla fine di ciascuna pagina. I ritratti non sono da meno, un album tutto da sfogliare con le immagini di divi del muto, da Amleto Novelli a Italia Almirante Manzini a Mario Bonnard fino a lei, la star Francesca Bertini. La diva torbida e seducente che in un suo scritto riconosceva la grandezza dell’unica artista che avrebbe avuto il potere di detronizzarla, Eleonora Duse: «Dal suo palco – ricorda la Bertini, protagonista di Fedora al Quattro Fontane di Roma – la grande Eleonora applaudiva commossa...L’indomani io varcavo la soglia dell’Hotel Eden, ove la Duse abitava. Ella mi accolse con la più amabile signorilità. Guardandola compresi cosa fosse che la raffigurava donna eletta tra le donne. Indossava una veste bianca, lunga, dalle pieghe severe, morbidissime. Devo ammettere che ero un po’ emozionata di trovarmi di fronte alla grande attrice. Solo Sarah Bernard, l’unique Sarah, aveva potuto rivaleggiare con lei».