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 2017  luglio 31 Lunedì calendario

Mondiali di nuoto. Super Paltrinieri si conferma re dei 1500 e allunga la serie d’oro: è imbattuto da tre anni

Tra la via Emilia e Budapest, uno strano viaggio per sentirsi più italiani che mai in un giorno di inni ed emozioni. Paltrinieri emerge dalla lotta dei 1500 metri e scopre di essere ancora campione e pure le Ferrari hanno vinto nella stessa città, a poche ore di distanza: «Ci abbiamo dato dentro, ci abbiamo messo il cuore».
Lui conferma il titolo mondiale in 14’35”85, padrone di una distanza che è solo sua dal 2014 e che pure non era mai stata così prima d’ora. Dalla piscina di Carpi, gestita dal papà, alla vittoria olimpica di Rio è sempre stato un assolo, un crescendo, sempre sul suo ritmo e quando il passo è diventato da numero uno si è fatto il vuoto intorno. Pure Sun Yang, che ancora possiede il record, è sparito dalla circolazione. La supremazia ha dettato la tattica e all’improvviso, alla Duna Arena, Paltrinieri ha dovuto imparare a vincere in un altro modo: «A scrollarmi uno di dosso. Sembrava quasi uno scherzo».
L’ucraino Romanchuk, che l’anno scorso si è allenato a lungo con lui, chiude con l’argento, 14’37”14. Molto dietro Mack Horton, altro amico nel circolo del mezzofondo, e solo quarto un Detti esausto che dovrà meditare sul programma: «Qui ho vinto il primo oro in carriera e pure capito che non si può nuotare tutto».
Detti giù dal podio
Paltrinieri ha chiaro il futuro, il viaggio in Australia, le prove in mare aperto, appuntamenti e calendari programmati per altre imprese. Eppure sul presente non è così lucido: «Ero abituato a pregustare il trionfo, quasi a godermelo in acqua. Adesso non mi rendo conto». Colpa della battaglia di bracciate, dell’ospite inatteso che non si è levato di torno al primo strappo e nemmeno al secondo: «Romanchuk mi ha obbligato a usare la furbizia. Ho cambiato velocità di continuo per stancarlo e lui dietro, ai 1300 metri ho allungato di brutto. Tanto è stato lo sforzo che mi girava la testa, non capivo più nulla, viravo non so dove e pensavo: perché non devo vincere io?».
Strana idea nella mente di chi sta tirando verso il successo eppure un’Olimpiade vinta fa questo effetto. Destabilizza, scatena le domande, toglie le certezze. È l’apice per ogni atleta ed è naturale chiedersi cosa ci sia dopo.
Il duello con l’ucraino
La porta delle incognite si è aperta con il bronzo negli 800 metri: «Mi scocciava non sapete quanto, gli altri sono stati bravi, io no. In mezzo alla lotta ho dato l’anima, ho pestato pesante. È stata la mia vittoria più sofferta e infatti alla fine ho urlato». E tirato un pugno dentro l’acqua altre volte così dolce, un cartone nei denti ai tormenti che potevano anche diventare concreti dopo dieci minuti fuori copione. «Invece sono stato bravo. In questi giorni sono passato dall’euforia per una buona condizione a strane incertezze. È da parecchio che nuoto su cronometri folli. Mi sono tolto tanti pesi quando ho toccato per primo».
I progetti per il futuro
Liberazione, elettricità che passa dalla piastra al cervello, una testata con Detti per celebrare. Ancora d’oro e stavolta senza più paura delle pressioni che arriveranno: «Fosse andata male, mi sarei magari incastrato. Ci saranno altre sfide, ho visto che i giovani crescono e che non sono più io l’ultima generazione in piscina, però ho rimesso la mano davanti, contro gente scatenata». In realtà Romanchuck ha solo due anni meno, Detti forse migrerà sulle specialità più veloci. Paltrinieri è ancora solo, avere compagnia in vasca alla fine lo ha esaltato e gli ha fatto scoprire la cattiveria che serve a destabilizzare chi ti insegue. Tattica nuova, stesso risultato e un’altra bandiera da sventolare: «Che bello, giorno perfetto. Sarei andato a vedere il Gran premio, ma dovevo nuotare». Doveva vincere.