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 2017  luglio 29 Sabato calendario

Giulio Tremonti: operazione nata con governi deboli, ora sono cambiati i rapporti di forza

ROMA «Si è giocato d’astuzia, tra governi, come spesso capita in operazioni tra aziende pubbliche, ma è servito a poco, perché è bastato che in Francia si passasse da un governo debole a uno forte perché quello che prima sembrava già deciso ora venga rimesso in discussione». Giulio Tremonti, ministro dell’Economia in più governi Berlusconi, non è per nulla sorpreso del caso Saint-Nazaire. L’acquisizione di Stx da parte di Fincantieri, concordata sotto la presidenza Hollande, è stata stoppata da Macron e non si capisce come finirà.
Secondo lei?
«Questa operazione è nata sotto due governi deboli, quello di Renzi e non c’è neppure bisogno di spiegare perché, e quello di Hollande, giunto a fine corsa. Poi i rapporti di forza sono cambiati e hanno determinato la crisi che c’è adesso. È già successo in passato: se hai un governo debole non puoi pensare di vincere».
Si riferisce a qualcosa in particolare?
«Mi faccia prima spiegare perché siamo arrivati a questo punto. Partirei dal comunicato del G7 di Taormina, nel quale c’è un passaggio di enorme interesse, che pare sia stato ispirato da Trump e Macron, quello dove si parla di fair and free trade e non più solo di free trade, come era sempre stato. Mercato “libero e giusto”, non più solo “libero”. Per tanti anni ho cercato di introdurre il fair, senza riuscirci. Ora invece si afferma il principio che il mercato trova un limite per esempio nei settori strategici o negli investimenti in dumping».
Macron ha bloccato l’acquisizione di Fincantieri proprio in nome della strategicità dei cantieri.
«Sì, ma in Europa il limite alle acquisizioni dall’estero di aziende strategiche, a tutela dell’interesse nazionale e sociale, dovrebbe essere esercitato verso i Paesi extraeuropei, come la Cina, non contro altri Paesi Ue. Ciò che sta avvenendo è assolutamente non europeo. Ma ripeto, non è la prima volta da parte della Francia».
Lei lo ha constatato da ministro.
«Da ministro di un governo dimissionario. Era la fine di febbraio del 2006 ed Enel lanciò un’opa sul gruppo privato Suez. Io lo appresi così: stavo in un cinema di Perugia facendo campagna elettorale quando mi chiamò il ministro francese per protestare. Poi a Parigi si riunì il Consiglio dei ministri e il primo ministro De Villepin si presentò in televisione con i presidenti della stessa Suez e del gruppo pubblico Gaz de France per annunciare che quest’ultimo si sarebbe fuso con Suez, mandando così a picco le ambizioni di Enel».
E lei si mosse in Europa per bloccare la decisione.
«Sì andai anche dal mio amico Gordon Brown, cancelliere dello Scacchiere, perché il Regno Unito era molto sensibile sulla libera concorrenza. Ma non bastò. La commissione europea diede il via libera. Purtroppo l’Europa non è un paradigma assoluto. Non è che a Bruxelles ci sono le tavole della legge. L’Europa è un processo empirico, spesso debole coi forti e forte coi deboli. Un governo dimissionario è debole per definizione».
Cosa determina questo?
«In Europa l’asse del potere ruota ancora intorno al rapporto tra Francia e Germania che trae origine dal trattato dell’Eliseo del 1963 tra De Gaulle e Adenauer. Un trattato che, dice la leggenda, ha ancora clausole segrete e che serve alla Francia per mascherare la sua relativa perdita di potenza e alla Germania per parlare di Europa e non di Germania. Arrivando a oggi e avendo l’Europa una configurazione più economica che politica, la divisione del potere è in atto con l’”assegnazione” di quello che in gergo diplomatico si definisce un “cortile di casa”. Alla Germania nell’area dell’Est e qualcosa in Spagna, alla Francia l’area italiana».
Non c’è più nulla da fare?
«Col governo Monti e la rinuncia alle elezioni si è replicata la nostra peggiore storia: come nel Cinquecento, la chiamata dello straniero. Da allora, avendo rinunciato alla nostra sovranità, tutto è possibile. Intanto, c’è stata una caduta drammatica della classe dirigente. Non puoi andare in Francia senza un governo forte, perché non stai comprando una fabbrica di yacht».
Un consiglio a Calenda e Padoan che martedì incontreranno a Roma il ministro dell’Economia francese?
«Che Dio li aiuti, che Dio ci aiuti».