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 2017  luglio 30 Domenica calendario

Emirati, siamo noi il miglior partner arabo dell’Italia»

MILANO Sultan Bin Saeed Al Mansoori è il ministro dell’Economia del governo degli Emirati Arabi Uniti da quasi dieci anni. I setti emirati che compongono gli Eau sono in questi giorni al centro del dibattito internazionale per la crisi del Qatar e per aver rotto tutte le relazioni diplomatiche con il vicino Stato del Golfo accusato di finanziare i terroristi.
«Il Qatar è un membro del consiglio della cooperazione tra i Paesi del Golfo – spiega il ministro – un consiglio che rinnega la guerra, vuole la cooperazione tra i membri su alcuni settori come l’economia, la sicurezza. Un consiglio che ha le sue regole da rispettare mentre il Qatar da anni va per conto suo, in una direzione completamente diversa rispetto a tutti gli altri membri». Altro non aggiunge, a parte negare che le dichiarazioni sui social media dell’emiro qatarino Tamim bin Hamad al-Thani che esaltava Teheran, Hamas e che hanno fatto da detonatore della crisi, siano frutto di un attacco hacker pilotato dagli Emirati contro Doha. «Tutto falso» dice il ministro.
Il Qatar negli ultimi anni ha investito molto in Italia: palazzi e hotel a Roma, Milano, in Costa Smeralda. Ma Al Mansoori, in Italia per la riunione del comitato scientifico della Fondazione Aristide Merloni di cui fa parte, rifiuta l’idea che questo possa essere un ostacolo allo sviluppo dei rapporti tra gli Emirati Arabi Uniti e il nostro Paese. «Siamo noi il vostro primo partner commerciale arabo, sono più di otto miliardi gli scambi tra noi e l’Italia e le esportazioni dall’Italia agli Eau valgono 6,8 miliardi. Siamo uno dei più grandi investitori italiani».
Nel 2014 il governo Renzi si adoperò per l’ingresso della compagnia emiratina Etihad in Alitalia, salvandola dal fallimento con un investimento che ha superato, in tre anni, i 600 milioni di euro. Ma oggi le cose sono un tantino diverse. «Prima di cercare un investitore straniero l’Alitalia andava risanata – commenta Al Mansoori – la crisi della vostra compagnia dura da molto tempo e il problema principale non sono i soldi, ma come vengono gestiti all’interno perché possono anche arrivare molte risorse economiche, ma se i manager non sono capaci e fanno scelte sbagliate, servono a poco». Inutile chiedere se i riferimenti escludono il management emiratino che è stato al timone della compagnia in questi anni. Ma il turismo non è l’unico settore d’interesse Emirati Arabi Uniti.
«Guardiamo alla manifattura italiana, alla tecnologia e all’energia, dove negli ultimi anni abbiamo investito molte risorse». Gli Emirati infatti da tempo stanno cercando di diversificare, sganciandosi dal petrolio, principale fonte economica. «Immagino un futuro degli Emirati senza petrolio – spiega il ministro – e già ora, da noi, esiste una città che si chiama Masdar city che si basa soltanto sull’energia solare. Nel 1971 la nostra economia dipendeva dal petrolio per il 90% per cento ora la percentuale è scesa al 28 per cento. Abbiamo diversificato tantissimo, abbiamo investito nel capitale umano, nell’istruzione, nella sanità e nell’innovazione che entro il 2021 avrà un peso sul Pil del 5 per cento. Ovviamente in questo piano di cambiamento, un ruolo senza dubbio centrale avrà l’energia alternativa».