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 2017  luglio 31 Lunedì calendario

Il fascino dell’Avvocato. Alla Mostra di Venezia un documentario su Gianni Agnelli fra pubblico e privato

«In Italia lo chiamano l’Avvocato». Viaggio intorno a un uomo dal fascino straordinario. Gianni Agnelli visto dagli americani. Il regista Nick Hooker ha raccolto foto, immagini, testimonianze favorite da Marina Cicogna, amica di Gianni. Alla Mostra di Venezia, per le Giornate degli autori, il 3 settembre si presenta il documentario della Hbo Agnelli. L’uomo e l’industriale, a 14 anni dalla scomparsa. La famiglia, l’amicizia con Kissinger e i Kennedy, il glamour e la sua avidità e gioia di vivere (l’incidente d’auto lo rese claudicante ma non gli impedì di fare gli sport più audaci), le BR, i lutti familiari e naturalmente il centro della sua vita: la Fiat. La sostanza sabauda che fece uscire l’azienda dalla crisi, il senso cavalleresco del dovere, e la vanità, che forse lui stesso inventò.
Da un’intervista Usa degli Anni 70: cosa succede in Italia se i comunisti prendono il potere? «Non penso che ci vivrei, in quelle circostanze. Lotterò perché non accada». Bandiere rosse e cortei, il presidente Ford teme la presa del potere del Pci. Si comincia da qui. Agnelli è preoccupato, dice che «la misura della vitalità del nostro Paese dipende dalla capacità di camminare con gli altri Paesi della Comunità europea. Se una nave è troppo lenta, la si abbandona e va alla deriva». Kissinger ricorda «l’abilità che aveva nel capire le vibrazioni degli eventi».
Ma è anche sincero all’osso quando ricostruisce l’epoca di Gheddafi come socio Fiat, avversato dagli Usa; fu una buona idea?, chiedono a Kissinger. «No». Glielo disse? «Sì».
La voce narrante descrive l’Italia degli Anni 50 uscita dalla guerra e il miracolo economico, «la famiglia Agnelli, con Gianni, divenne il simbolo di quello che si doveva fare». L’automobile, nelle parole dell’Avvocato, divenne «il simbolo della libertà dell’uomo nel movimento».
Le curiosità, le rarità, gli aneddoti sulla sfera privata non si contano. Per esempio sua madre Virginia era una donna stravagante ed eccentrica che teneva un leopardo al guinzaglio. «Era il lato pazzo della famiglia», dice Lapo Elkann. Virginia morì che era giovane, in un incidente d’auto. E suo padre Edoardo fu decapitato da un idrovolante. Gianni fu «adottato» dal nonno: il dopoguerra fu ingeneroso con lui, accusato di collaborazionismo con i fascisti fu costretto a lasciare la Fiat.
Gli Alleati la confiscarono per breve tempo. Ma la loro preoccupazione era il comunismo, il giovane Gianni diede il suo contributo a salvare la sovranità italiana della fabbrica. Era la Fiat di Vittorio Valletta, piccolo di statura, grandi denti, umili origini, manager avvedutissimo. A Gianni disse: verrà il tuo tempo, ora goditi la vita. «Lui lo prese in parola» dice Maria Sole, una delle sue quattro sorelle. Sono gli anni della Dolce Vita. Le crociere in barca a vela, le serate con Grace e Ranieri, il presunto flirt con Jackie Kennedy («non so se ci fu, ma non ne sarei rimasta sorpresa», dice la Maria Sole). O quando dall’elicottero saltava in mare e nuotava, o le corse pazze in macchina. «Era un’esperienza terribile andare in auto con lui», dice Carlo De Benedetti. Aveva una Ferrari metallizzata verde. Lo fermarono i carabinieri: «Avvocato, ma le pare, correre a questa velocità». Lui mostrò il suo charme assieme ai rivestimenti degli interni in cuoio rosso, e lo fecero andare.
Ebbe una giovanile relazione con Pamela Churchill, la moglie divorziata dal figlio dello statista inglese: «Si sono usati l’un l’altro». Gianni le regalò un appartamento a Parigi, un’auto con chauffeur. Ma non funzionò, in parte per l’avversione delle sorelle. Poi il matrimonio con la giovane aristocratica dal lungo collo: Marella Caracciolo. «A mia madre Gianni non piaceva – racconta suo fratello Nicola – lo trovava terribile, aveva una reputazione troppo glamour». E sua figlia aggiunge: «Nei primi mesi di matrimonio, Marella giaceva sul sofà, beveva succo d’arancia, leggeva poesie. Gianni, temendo di avere sposato una donna svenevole, la mandò a Venezia da Lily Volpi a imparare come si conduce una casa». Agnelli e l’ossessione dell’estetica (lo stilista Valentino: «Stiamo parlando della top-top class nel mondo, tutti hanno cercato di copiarlo, io stesso»); Agnelli e lo snobismo crudele rivelato dallo chef Giulio: «Venne a pranzo un presidente della Repubblica. L’Avvocato fece preparare testicoli di toro. Alle mie obiezioni disse: Quando inviti un co… devi sapere come trattarlo»; Agnelli e la Juve; Agnelli padre distratto, soprattutto con Edoardo il cui suicidio sembrò una forma di punizione verso la famiglia, e Margherita che si tagliò i capelli a zero: «Almeno così mi noti».
Per diventare davvero ricchi, bisogna saperlo essere. Ma le grandi dinastie non possono mettersi al riparo dalle tragedie familiari.