29 luglio 2017
APPUNTI PER GAZZETTA - I GUAI RAGGI E LA BOMBA ATACSERGIO RIZZO SU REP DI OGGICON quello che sta succedendo a Roma un assessore che rimette alla sindaca la delega alle Politiche abitative non è certo una gran notizia
APPUNTI PER GAZZETTA - I GUAI RAGGI E LA BOMBA ATAC
SERGIO RIZZO SU REP DI OGGI
CON quello che sta succedendo a Roma un assessore che rimette alla sindaca la delega alle Politiche abitative non è certo una gran notizia. Se però si tratta dell’assessore al Bilancio, cioè la persona che ha in mano i cordoni della borsa, e non rinuncia per capriccio ma per dare un segnale politico, allora la faccenda cambia. Il suo nome è Andrea Mazzillo, e dice: "Qui serve una svolta, continuando così andiamo a sbattere. Va a sbattere tutta la città". Il segnale è innanzitutto per la sindaca. Ma pure a quanti hanno sempre condizionato le scelte del Campidoglio: dal direttorio della prim’ora, al direttorio bis degli onorevoli tutor di Virginia Raggi, e più su. Fino alle vere stanze dei bottoni della Capitale, quelle dell’Hotel Forum occupate di solito da Beppe Grillo e Davide Casaleggio. E la storia si fa ancora più seria perché non è la presa di posizione di un singolo assessore. Dietro a lui ci sarebbe infatti il pezzo di consiglio comunale che garantisce la maggioranza a Virginia Raggi.
Fra Mazzillo e il presidente dell’assemblea capitolina Marcello De Vito si è stabilito un inedito asse di ferro. La manovra punta a riportare il potere in mano agli eletti. Gli esperti di codici grillini potrebbero interpretare ciò come un ribaltamento nei rapporti di forza. Mazzillo era considerato uno dei fedelissimi di Virginia Raggi, mentre De Vito è vicino alla ex capogruppo alla Camera Roberta Lombardi, che pubblicamente non ha mai mostrato particolare stima per la sindaca. Se però il possibile terremoto della "discontinuità", come la chiama Mazzillo, ma che sarebbe più giusto definire "presa di distanze" non fosse di ben più ampia portata.
Da mesi crescono i malumori nell’assemblea dove per una singolare usanza i consiglieri si fregiano come i parlamentari dell’appellativo di "onorevoli". Il consiglio comunale lamenta di essere tagliato fuori di fatto da ogni decisione. E l’ultimo caso, quello del direttore generale dell’Atac Bruno Rota che ha sparato dalle colonne di Corriere della sera e Fatto quotidiano una mitragliata sull’azienda pochi giorni dopo aver rassegnato le dimissioni, è solo il detonatore di una situazione esplosiva. Rota era l’ennesimo manager nordista, che in men che non si dica ha fatto le valigie.
"Le decisioni sono adottate centralmente, senza alcun confronto con l’assemblea che spesso e volentieri viene tenuta all’oscuro. Molti assessori non hanno alcun rapporto con gli eletti", accusa Mazzillo. Si fa presto a capire chi mette sul banco degli imputati: il vicesindaco Luca Bergamo, dai trascorsi nel Pd, l’assessora all’Ambiente Pinuccia Montanari, quella che "sostiene di non aver mai visto qui i topi per il semplice fatto che non conosce Roma", ma soprattutto il factotum delle municipalizzate catapultato anch’egli come Rota dal Nord. Ovvero, l’ex imprenditore veneto Massimo Colomban. Dire che Mazzillo con lui non abbia mai legato è puro eufemismo.
Il fatto è che fra le decisioni prese centralmente che provocano così tanti mal di stomaco nel consiglio comunale le più indigeste sono quelle calate dall’alto. Tipo, appunto, le nomine delle figure chiave. Che Virginia Raggi ha sempre finito per subire. Sono sempre arrivate direttamente dalle stanze dei bottoni del Movimento 5 stelle. E l’innesto di Colomban, rivelatosi finora privo di alcuna concretezza, viene portato come l’esempio più clamoroso. Ma non l’unico. "Francamente non si capisce perché si senta il bisogno di affidare certi incarichi delicati a persone che non conoscono Roma, come se in questa città non fossero reperibili determinate competenze", argomenta Mazzillo. La verità è che certe scelte manageriali ai vertici delle municipalizzate si sono risolte finora in autentici disastri. Ed è difficile attribuire le cause alla semplice inesperienza di politici in erba, quando invece le decisioni sono prese da altri.
Tutto questo discende da ragioni precise. Pur senza dirlo apertamente, l’assessore al Bilancio fa risalire la cosa al peccato originale: il famoso contratto che Virginia Raggi e i consiglieri comunali hanno accettato di firmare. Una ipoteca economica pesantissima capace di menomare ogni azione politica che abbia il sapore dell’indipendenza dalle direttive dei vertici del Movimento (come sa bene la consigliera Cristina Grancio sospesa per essersi mostrata perplessa sullo stadio della Roma). Con cui, al contrario, la sindaca di Torino Chiara Appendino non è costretta a fare i conti. E la differenza, infortuni a parte, è evidente.
La conseguenza, dice l’assessore al bilancio, è che amministrare una città come Roma in queste condizioni è una guerriglia quotidiana. "Prima non si facevano le gare. Adesso invece sono bandite regolarmente, peccato solo che spesso non si riesca ad aggiudicarle perché i commissari si ammalano all’improvviso ", racconta Mazzillo. E sbotta: "Nessuno si vuole assumere responsabilità. Ho dovuto richiamare la nostra compagnia assicurativa, la Adir, che l’altro giorno mi ha comunicato la decisione di non voler più dare copertura ai dirigenti del Comune. Che così hanno comprensibili difficoltà a esporsi".
Per non parlare della meticolosità della Corte dei conti nel mettere il naso in ogni delibera. Con il paradosso che quella valanga burocratica si abbatte proprio su di lui, che di un noto fustigatore della magistratura contabile, Luigi Mazzillo, è il figlio. Senza poi contare le tegole che cadono sulla testa quando meno te l’aspetti. Un esempio rende l’idea. "La società Investimenti spa ci ha chiamato in causa ", rivela lui, "per un arbitrato da capogiro. Chiede al Comune di Roma qualcosa come 150 milioni di danni perché sono state ridotte le cubature dell’intervento previsto nella vecchia Fiera di Roma". Il bello è che Investimenti spa è una società interamente pubblica, controllata al 58 per cento dalla Camera di Commercio, al 20 per cento circa dalla Regione Lazio e per il restante 22, pensate un po’, addirittura dal Campidoglio. Un altro fulgido esempio dello Stato che fa causa a se stesso. Complimenti.
PEZZO DI IERI
È scontro sul divorzio tra Bruno Rota e Atac. L’amministratore unico di Atac, Manuel Fantasia nel primo pomeriggio ha fatto sapere di aver ritirato le deleghe del direttore generale. Ma Rota ha fatto invece sapere di essere stato lui stesso a dimettersi con una lettera presentata sette giorni fa, il 21 luglio, e protocollata. Una versione smentita da Atac, che nel pomeriggio con una nota ha sostenuto che le dimissioni fossero state "presentate su richiesta dell’amministratore unico Manuel Fantasia ieri pomeriggio", cioè giovedì 27 luglio. Una versione che Rota ha negato mostrando la sua lettera datata 21 luglio. "A questa mia, Fantasia mi ha risposto: ’Facendo seguito alla sua lettera del 21.07.2017 prendiamo atto delle sue dimissioni che accettiamo con decorrenza dal 2/8 o altra data antecedente lei riterrà opportuna’. Dunque di che stiamo parlando?". Atac Roma, ecco la lettera con cui Fantasia accetta le dimissioni di Rota La rottura definitiva tra Rota e Atac arriva poco più di 24 ore dopo le interviste rilasciate da Rota al Corriere della Sera e al Fatto Quotidiano, in cui il direttore generale descriveva un’Atac «sull’orlo del crac», dove «si fatica persino a pagare gli stipendi», pesantemente «compromessa e minata, in ogni possibilità di rilancio organizzativo e industriale », ostaggio di dipendenti sfaticati e assenteisti. Indicando quale unica strada quella di depositare i libri in tribunale. Dichiarazioni non concordate, che hanno fatto andare su tutte le furie la sindaca Virginia Raggi.
Riguardo alle sue dimissioni il dg dimissionario ha spiegato di aver "mantenuto la notizia riservata, come mi era stato richiesto. Vedo però che questa correttezza viene ripagata con comportamenti non di pari correttezza e quindi sono costretto a precisare questa circostanza. Come si possa silurare un manager che ha dato le dimissioni da sette giorni resta un mistero dell’amministrazione capitolina. Forse l’ennesimo tentativo di ingannare l’opinione pubblica senza rispettare dignità e lavoro".
La palla passa adesso al Campidoglio che, a quanto si apprende, avrebbe già individuato il nuovo dg. In pole ci sarebbe Carlo Tosti, già ad di Atac sotto Alemanno, Giancarlo Schisano, ex direttore operativo di Alitalia, o anche Carlo Pino, ex dg dell’azienda di Trasporti di Napoli.
PEZZO DEL 27 LUGLIO
In perfetto stile 5Stelle, Enrico Stefàno, presidente della commissione Trasporti di Roma Capitale, risponde su Facebook a quanto denunciato dal dg di Atac Bruno Rota in un’intervista sul Corriere della Sera: "Apprendiamo dai giornali che il dg di Atac Bruno Rota denuncia una situazione disastrata dell’azienda. Ne siamo più che consapevoli" scrive infatti, "e abbiamo scelto un dg tramite procedura ad evidenza pubblica proprio per affrontarla. Il mero elenco dei problemi non è sufficiente ed è necessario aggredirli e provare a risolverli. Magari in questi primi tre mesi poteva cominciare a dare dei segnali, ad esempio rimuovendo i dirigenti responsabili di questo disastro o quelli completamente inutili, come lo abbiamo invitato a fare più volte".
"Carta bianca per risanare l’azienda". "A differenza della vecchia politica che ha portato Atac nel baratro" continua Stefàno, "e che oggi ancora si permette di proferire parola, abbiamo dato a lui come al suo predecessore, carta bianca per risanare l’azienda e prendere le decisioni più giuste, garantendogli sempre il massimo sostegno. Una occasione unica per agire, che ci domandiamo se voglia cogliere o meno".
"Giovani da promuovere". La risposta del dg Rota non ha tardato ad arrivare, sempre su Facebook: "So del vivo interesse del consigliere Stefàno alle soluzioni della società Conduent Italia che si occupa di bigliettazione e che mi ha invitato ad incontrare piu volte" ha replicato infatti il manager. "Più che di dirigenti da cacciare, lui, e non solo lui, mi hanno parlato di giovani da promuovere. Velocemente. Nomi noti. Sempre i soliti. Suggerisco a Stefàno, nel suo interesse, di lasciarmi in pace e di rispettare chi ha lavorato. Onestamente. Sempre i soliti".
L’esposto in procura. Alle rivelazioni di Rota in molti hanno chiesto il coinvolgimento della procura. "Ci vediamo costretti a sollecitare con un esposto, che presenteremo domani mattina" hanno per esempio dichiarato il senatore Andrea Augello e l’onorevole Vincenzo Piso, di Idea, "un intervento della Procura di Roma volto ad approfondire gli eventuali risvolti penali delle suggestive accuse che questi due signori si sono rivolti nella giornata di oggi". Stessa esortazione arriva anche dal deputato dem, componente della commissione Trasporti della Camera, Michele Anzaldi: "I magistrati della Procura di Roma indaghino sulle dichiarazioni del direttore generale di Atac, Bruno Rota, a proposito di raccomandazioni e richieste di promozione avanzate dal consigliere comunale M5S Enrico Stefano, presidente della commissione Mobilità del Campidoglio ed esponente di spicco a Roma del partito di Beppe Grillo. Come già con Parentopoli, è opportuno che i magistrati verifichino se non siamo di fronte ad un altro capitolo di grave malcostume, ingerenza della politica e violazione della legge nella municipalizzata romana dei trasporti. I giudici passino al vaglio una per una tutte le promozione e scatti di carriera dell’ultimo anno, in concomitanza con l’arrivo al potere dell’amministrazione comunale targata M5S. Già il predecessore di Rota, l’ex dg Marco Rettighieri, aveva messo nero su bianco le pressioni dell’assessore alla Mobilità della Giunta Raggi, Linda Meleo, per la promozione di un dipendente iscritto al Movimento 5 stelle".
Le dimissioni. Mentre il consigliere capitolino di Fratelli d’Italia, Andrea De Priamo, ancora su Facebook, esorta Stefàno a "denunciare il dg di Atac dimostrando la sua estraneità alle accuse o a dimettersi dagli incarichi istituzionali. Altre soluzioni non ci sono, ancora più da parte di chi si era proclamato campione di moralità. I grillini a Roma: un disastro totale #Raggirati".
L’enorme debito. Le accuse lanciate da Rota sono infatti pesanti. Il dg parla infatti di "una situazione dell’azienda assai pesantemente compromossa e minata, in ogni possibilità di rilancio organizzativo e industriale, da un debito enorme accumulato negli anni scorsi". E cioè "1350 milioni di debito sedimentato nel tempo", debito che compromette "interventi di manutenzione" ma anche difficoltà a pagare gli stipendi, se non con "misure tampone" e "chiedendo un impegno straordinario al Comune di Roma, che però non è ripetibile all’infinito" anche per la mancanza di "un sistema di controllo sulle regole che per ci sono ma che da tempo nessuno rispetta, per cui ognuno fa ciò che gli pare".
"Terrorismo psicologico". Rota dice anche di averne parlato con la sindaca Raggi. "Le ho presentato mie idee operative precise, che ho elaborato in quattro settimane di analisi e di studio dell’azienda. Devo ringraziare la sindaca per l’attenzione e il sostegno che mi ha offerto". Quanto a possibili tagli sulle spese del personale, il dg Atac precisa che "il tema centrale oggi non è ridurre il numero dei dipendenti. Chi lo sostiene ora fa solo del terrorismo psicologico. Anzi i dipendenti in un certo senso mancano, visti i tassi di assenteismo consolidati nel tempo. Il tema è far lavorare di più e meglio quelli che ci sono. Oggi con questi tassi di assenteismo si fa fatica a coprire i turni".
"Consiglio comunale straordinario su Atac". Accuse pesanti e che non si possono ignorare. Tanto che le reazioni non si sono fatte attendere: "Su Atac, ringraziamo il dottor Rota per aver squadernato la gravità delle condizioni finanziarie dell’azienda di trasporto pubblico di Roma" dice per esempio Stefano Fassina, consigliere comunale di Sinistra per Roma. "Ci saremmo aspettati che una simile iniziativa fosse presa da chi ha responsabilità politiche. Da mesi continuiamo a chiedere un consiglio comunale straordinario su Atac al fine di individuare soluzioni, non soltanto denunciare i problemi. Ma la Sindaca e la maggioranza M5S hanno continuato a rinviare" aggiunge Fassina. "Dopo l’intervista di oggi e la previsione da parte del direttore generale di Atac che ’non si possa andare oltre un paio di settimane’ per arrivare a una procedura fallimentare, il consiglio straordinario va convocato con urgenza all’inizio della prossima settimana. Con rispetto, suggeriamo al dottor Rota di allargare l’analisi su Atac ai problemi strutturali".
Il traffico di Roma. "Il dottor Rota avrebbe potuto ricordare che larghissima parte del debito di Atac deriva dall’azzeramento prima e da un lento e parziale ripristino poi dei trasferimenti che la Regione Lazio, come tutte le regioni, deve all’azienda in base a quanto previsto da legge nazionale" aggiunge Fassina. "Avrebbe potuto ricordare che Roma, a causa degli scempi urbanistici compiuti negli ultimi decenni, ha una superficie pari a 7 volte quella di Milano ma poco più del doppio di abitanti, quindi una densità abitativa pari al 30% rispetto a Milano e un rapporto ricavi/costi difficilissimo. Avrebbe anche potuto ricordare che Roma ha per un km di strada 122.000 euro, mentre Milano ha 1,5 milioni di euro. Infine, avrebbe potuto ricordare l’assenza di corsie preferenziali e una congestione ordinarie delle strade che soltanto una massiccia cura del ferro può migliorare. Indicare i lavoratori come la fonte di tutti i guai va di moda, ma non aiuta a risanare l’azienda".
"Si può cambiare". "Non mi permetto, non voglio e non posso intervenire su vicende che riguardano il Campidoglio" ha detto invece il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, sulle affermazioni di Rota. "Posso dire che noi" ha aggiunto "ce l’abbiamo fatta: il Cotral quattro anni fa produceva 26 milioni di debiti all’anno, quest’anno ha fatto 8 milioni di euro di attivo. Stiamo mettendo sulle strade i primi 450 pullman, il Cotral ne comprerà altri 200 per rinnovare la flotta. E quindi sono contento, vista la condizione drammatica, di dire che noi ce l’abbiamo fatta. Si può fare, si può cambiare, perchè a debite proporzioni il Cotral stava anche peggio. E invece oggi un’azienda sana e leader in Italia".
"A un passo dal fallimento". Sulla questione è intervenuto anche Luciano Nobili, responsabile del dipartimento Città metropolitana del Pd, che ha detto che il dg Rota: "Lancia un allarme nazionale: Atac, dopo un anno di abbandono, è ad un passo dal fallimento. Servono decisioni immediate che in Campidoglio nessuno sta prendendo". Per il gruppo del Pd in Campidoglio "il silenzio del sindaco e dell’assessora Meleo è assordante", sottolineando che il gruppo ha "depositato oggi una richiesta di Consiglio straordinario su Atac, la Raggi chiarisca qual è la sua posizione e quella del movimento 5S. Ce la ricordiamo bene in campagna elettorale quando si riempiva la bocca di slogan, ora tace e getta anche i suoi nel caos".
"Raggi come le tre scimmiette". Lapidario il commento presidente dei senatori del Pd Luigi Zanda: "Finalmente oggi, da parte di una persona onesta, leale e molto competente, leggiamo parole chiare, trasparenti e limpide sulle responsabilità del passato e del presente che hanno ridotto l’Atac nell’attuale dissesto. Da questo momento in poi nessun amministratore capitolino potrà dire di ignorare quel che accade in Atac. Dal sindaco Raggi - che, incurante di una situazione così allarmante, ha finora preferito comportarsi come le tre scimmiette che non vedono, non sentono e non parlano - aspettiamo proposte concrete per il risanamento dell’azienda".
Il referendum dei radicali. Riccardo Magi, segretario dei Radicali italiani, che sta raccogliendo firme per liberalizzare Atac, afferma che: "Le parole di Rota sono una pietra tombale sulle prospettive di rilancio di Atac, ventilate da chi si oppone alla messa a gara del Tpl vorrebbe condannare i romani ad altri anni di calvario. Che Atac sia tecnicamente fallita noi Radicali lo denunciamo da anni, e oggi è ancora più chiaro che la sola via d’uscita dal pantano è rompere questo monopolio fallimentare mettendo a gara il servizio, come chiediamo con il referendum Mobilitiamo Roma. C’è ancora chi si ostina a dire che vogliamo la privatizzazione: è falso" sottolinea Magi. "Una privatizzazione surrettizia è ciò che si rischia se si continuerà ad affidare il servizio in house ad Atac per poi svenderla a qualche privato. Col nostro referendum chiediamo invece di liberalizzare del servizio, che significa: spezzare il conflitto di interessi perverso tra Comune e Atac, affidare il servizio di trasporto in modo trasparente a chi sappia gestirlo meglio e restituire al Comune il compito di controllare il gestore e programmare a regolare il servizio sulla base delle esigenze dei cittadini utenti. Il tutto nel rispetto dei lavoratori".
CORRIERE.IT
«Nell’azienda dei trasporti di Roma i grillini, che dovevano fare la rivoluzione, invece fanno come gli altri, anzi peggio: raccomandando gli amici degli amici. Noi non prendiamo lezioni di moralità da quelli che hanno due morali»: il segretario del Pd Matteo Renzi interviene a gamba tesa nella vicenda dell’Atac durante la presentazione del suo libro in costiera amalfitana. L’azienda romana del trasporto pubblico è ormai in pieno caos, dopo l’intervista al direttore generale Bruno Rota, che nel frattempo si è dimesso, pubblicata l’altro ieri dal Corriere della Sera, in cui il manager ha spiegato che Atac «è sepolta dai debiti» ed è a un passo dal fallimento, criticando anche la gestione della vicenda da parte del Campidoglio, azionista unico della società. Le dichiarazioni di Rota hanno innescato una sorta di regolamento dei conti, scoperchiando polemiche e veleni anche all’interno dello stesso Movimento 5 Stelle.
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Intanto è partita la ricerca del nuovo dg, visto che Bruno Rota ieri se n’è andato sbattendo la porta, mentre l’assemblea dei soci va deserta nonostante l’impellenza dell’approvazione del bilancio. E in tutto questo, le mense aziendali chiudono definitivamente i battenti «a causa della morosità dell’azienda», come recita la nota del Dopolavoro Atac-Cotral.
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Di sicuro dopo l’addio di Rota, il mago che aveva resuscitato Atm Milano e che era atteso nella Capitale come un Messìa, Atac resta sotto choc con il Campidoglio che pensa già al sostituto. Forse in arrivo già dalla prossima settimana, dicono dal Comune. Nessuna nuova call, i curricula sono quelli che Atac ha già. Oltre ai nomi che circolano da giovedì - quindi Carlo Tosti, già ad di Atac sotto Alemanno, Giancarlo Schisano, ex dirigente di Alitalia, di Carlo Pino, ex dg dell’azienda di Trasporti di Napoli -, spunta anche la candidatura di Alberto Ramaglia, 61enne ingegnere amministratore unico di Anm fino a maggio, quando ha deciso di lasciare i trasporti napoletani perché «impossibile salvare l’azienda».
Intanto la polemica politica divampa. I sindacati si scagliano contro i dirigenti; il Pd si scatena chiedendo a Raggi di riferire in Aula. Mentre il deputato dem Michele Anzaldi chiede a Bruno Rota di riferire in Commissione Trasporti della Camera «per chiarire fondatezza e provenienza delle sue accuse sulle raccomandazioni» rivolte a Enrico Stefàno. Un caos.