Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  luglio 28 Venerdì calendario

Un mese senza luce, soldi, né vestiti Ecco il raduno degli ultimi hippie. In tremila da tutta Europa nei boschi del Friuli

«Benvenuto: chiunque tu sia, questa è casa tua». La scritta ti accoglie in una gigantesca radura, dopo quattro ore di ascesa a piedi sulle montagne di Tramonti di Sopra, nel Pordenonese, alle porte della Carnia. Per i tremila partecipanti al raduno europeo della «Famiglia Arcobaleno», anche l’impervia salita fa parte del cammino di purificazione spirituale che riporta a contatto pieno con la natura e l’ambiente.
Arrivano da ogni angolo del Vecchio Continente, ma ci sono anche un indonesiano e un australiano. Gli italiani sono circa un terzo, ma è impossibile fare una stima esatta: non c’è alcun censimento ufficiale; nel cerchio attorno al grande fuoco può entrare chiunque. Basta rispettare tre semplici regole: non si usano alcol e droghe, si lasciano fuori convinzioni politiche e religiose, si condivide tutto.
Non circola denaro, salvo due volte al giorno quando i bambini – sono tantissimi, pure neonati – passano con il «cappello magico» per raccogliere le offerte per acquistare gli alimenti per i pasti, rigorosamente vegani. Capita che qualcuno non abbia risorse da inserire nel cilindro, ma vanno bene anche un semplice abbraccio o un bacio. Lo snodo logistico è in un parcheggio all’ingresso del paesino friulano che conta trecento anime: un decimo degli ospiti che resteranno in quota per un mese, la durata di un intero ciclo lunare. I «fratelli» e le «sorelle» arrivano con i mezzi più disparati, moltissimi dopo giorni interi di autostop, perfino dalla Lituania. Dopo una sosta tonificante, un trattore conduce al primo «Welcome» e trasporta i bagagli con l’essenziale: un sacco a pelo, magari una tenda – ma non è indispensabile, il ricovero notturno si condivide con chi non ce l’ha -, una scodella per pranzi e cene e un bicchiere vuoto. Da quel punto si va rigorosamente a piedi, zaini e neonati in spalla. Nei primi due giorni di raduno sono già arrivate cinque donne incinte; due anni fa una gestante partorì sotto il Tepee che svetta nei pressi del grande fuoco.
Sulla soglia del campo ci si toglie le scarpe, e non solo: le calzature portano impurità, ma anche i vestiti sono un optional. Non c’è una regola, ma la nudità è una routine. La tecnologia è demonizzata, escluso un unico telefono satellitare per le emergenze sanitarie. Nella «Famiglia Arcobaleno» ci sono medici e infermieri, ma sono vietati i farmaci, salvavita a parte. L’approccio è quasi esclusivamente olistico: il raduno è considerato curativo di per sè, perché è la natura che regala il miglior benessere psico-fisico. Banditi i detersivi e la carta igienica: ci si lava nelle gelide acque del torrente e per sterilizzare le zone delle latrine si usa la polvere del sacro fuoco, nel quale brucia solo legna depurata da insetti.
Il tempo è scandito dal sole, perché non ci sono orologi: cerchi a parte – durante i quali si assumono decisioni all’unanimità, usando un bastone sul modello degli indiani che passa nelle mani di ognuno e si può sollevare per segnalare un dissenso – per il resto la libertà è assoluta. Ma ognuno porta un contributo: chi prepara la legna, chi i pranzi, chi regala massaggi o corsi yoga. La musica è suonata unicamente dal vivo, la lingua comune è l’inglese ma il sorriso sopperisce quando le conversazioni diventano difficoltose.
L’invasione della «Famiglia Arcobaleno» è stata accolta con entusiasmo dalla popolazione locale: la Pro loco ha fatto spazio nel magazzino vivande per stivare tonnellate di cibi biologici. Per trasportarli al Passo è stato usato anche un elicottero che ha fatto la spola dal fondovalle. La gente è stata contagiata dal clima di allegria: «Persone perbene – dice Frederic Urban, che gestisce l’unico locale in zona -. Mai visti così tanti turisti in vita nostra. Questi giovani ti fanno ben sperare per il futuro. Problemi perché girano mezzi nudi? Lassù faranno ciò che vogliono, qui si adeguano e sono rispettosi, anche se non sono proprio castigati nei costumi».
Il sindaco Giacomo Urban ha definito i partecipanti «pacifistissimi», un neologismo che i «fratelli» ritengono più che mai azzeccato. «Ci danno degli hippies – commenta Matteo, psicologo e psicoterapeuta con studi a Milano e Verbania – lo siamo nella misura in cui si pensa all’unione e alla condivisione, ma non abbiamo nulla a che fare con le esagerazioni di allora». Una coppia di San Miniato (Pisa) – lui micologo, lei insegnante di scuola dell’infanzia – è tra i frequentatori più assidui fin dai primi Anni Duemila e coordina il campo base: «Non c’è alcun leader, ognuno porta la propria esperienza. Abbiamo un profilo Facebook, ma solo per le indicazioni logistiche, tutto il resto è lasciato all’incontro dal vivo».
Il momento più atteso è quello della luna piena, in cui si esprime al massimo il concetto di fratellanza che fin dal 1981 caratterizza questi raduni itineranti. Il motto è rimasto sempre lo stesso: «In questi tempi di separazione, ci sono persone che credono ancora che esista la possibilità di vivere insieme e serenamente, senza conflitti: luce e amore per tutti».