Corriere della Sera, 28 luglio 2017
Vacanze storiche: Italo Balbo in volo battezzò Punta Ala (e se la comprò)
C’era una volta il Capo della Troia, un promontorio ricoperto di pini e sughere che si inclinava morbidamente verso il mare, di fronte a un arcipelago di isolette la più vasta delle quali, manco a dirlo, si chiamava Troia Grande. Gli scogli attorno erano chiamati i porcellini.
Quei nomi poco poetici di uno dei luoghi più belli della costa tirrenica, tra Follonica e Castiglione della Pescaia, durarono sino alla fine degli anni Venti, quando dalla cabina dell’idrovolante partito dalla Laguna di Orbetello lo sguardo di Italo Balbo si fermò su quel tratto di costa che somigliava all’ala di un gabbiano.
Non solo Italo Balbo, destinato a diventare l’uomo più popolare del Ventennio, per le sue trasvolate atlantiche, che gli valgono ancora oggi una statua e un monumento a lui intitolati a Chicago, cambiò il nome a quel luogo incantevole, ma se lo comprò. Nacque così Punta Ala.
Con tre atti notarili registrati tra il dicembre 1931 e l’ottobre 1936 il «maresciallo dell’aria» acquisì dal Cottolengo oltre seicento ettari, quasi tutti a bosco, con due fattorie, una sorgente e, soprattutto, il castellozzo che divenne la residenza di famiglia e la Torre Hidalgo, con tanto di ponte levatoio, destinata ad ospitare gli amici.
Naturalmente tanto sfarzo e i lavori per le strade e l’acquedotto furono fonte di pettegolezzo, come testimonia una biliosa lettera al Duce di Roberto Farinacci.