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 2017  luglio 27 Giovedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - LA FRANCIA SI PRENDE STXREPUBBLICAMILANO - Il governo francese ha deciso di nazionalizzare i cantieri navali Stx: la conferma arriva direttamente dal ministro dell’economia Bruno Le Maire, dopo le indiscrezioni pubblicate da Le Monde

APPUNTI PER GAZZETTA - LA FRANCIA SI PRENDE STX

REPUBBLICA
MILANO - Il governo francese ha deciso di nazionalizzare i cantieri navali Stx: la conferma arriva direttamente dal ministro dell’economia Bruno Le Maire, dopo le indiscrezioni pubblicate da Le Monde. Il quotidiano attribuisce la svolta direttamente al presidente francese Emmanuel Macron e arriva a poche ore dalla scadenza per lo Stato (sabato) per esercitare il diritto di prelazione sull’azienda (attualmente partecipata dal pubblico francese a un terzo del capitale) e la cui maggioranza era stata assegnata all’asta a Fincantieri.

Je vous annonce que nous avons pris la décision d’exercer le droit de préemption de l’État sur STX.

— Bruno Le Maire (@BrunoLeMaire) 27 luglio 2017 L’intenzione francese, ha
argomentato il ministro in conferenza stampa, è quella di garantire che "le competenze straordinarie dei cantieri navali di Saint-Nazaire e i loro lavoratori restino in Francia: il nostro obiettivo è difendere gli interessi strategici". Si tratta in ogni caso di una nazionalizzazione "temporanea", che nel disegno di Parigi non sospende le trattative con l’Italia e allarga la finestra utile a trovare un nuovo partner industriale. Le Maire ha anzi detto che martedì prossimo farà visita ai ministri Padoan e Calenda per riaprire il dossier. La speranza di Le Maire è che "ci sia un accordo con l’Italia nelle prossime settimane". "Siamo disponibili a un confronto con i francesi, ma non c’è motivo per cui Fincantieri debba rinunciare al controllo di Stx", diceva soltanto ieri in una nota Padoan.

Nous continuerons à négocier avec nos amis italiens dans les jours qui viennent. #STX

— Bruno Le Maire (@BrunoLeMaire) 27 luglio 2017 La svolta anticipata da Le Monde è arrivata di sorpresa, una completa inversione a U solo pochi minuti dopo che il portavoce del governo, Christophe Castaner, aveva detto che l’obiettivo "non è di nazionalizzare" il cantiere di Saint Nazaire. Quest’ultimo era stato rilevato all’asta da Fincantieri, la partecipata statale italiana, unica a fare un’offerta nell’ambito dello spezzatino del gruppo coreano Stx, che controllava appunto Saint Nazare e che ha dovuto vendere i suoi pezzi più pregiati. Un lungo tira e molla con la presidenza Hollande aveva portato a una quadra che avrebbe portato gli italiani ai due terzi del capitale, la parte rilevata dai coreani, e lasciato il resto alla Francia.

Dopo l’elezione, però, il neo-presidente Macron ha iniziato un braccio di ferro pensionando i precedenti accordi: il dossier è stato riaperto e nei giorni scorsi il governo francese ha chiesto di compartecipare i cantieri al 50%, estendendo piuttosto la partnership al campo militare. Proprio quello è il dossier più caldo, sia per l’importanza strategica della materia che per le prospettive di affari miliardari nel settore. Lo stesso Macron ha chiamato nel pomeriggio il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni: è stata una telefonata - che fonti di Palazzo Chigi hanno definito un "cordiale colloquio" - sui temi migratori, la Libia e proprio la questione Fincantieri- Stx Saint-Nazaire.

LEGGI Dietro il braccio di ferro diplomatico, affari da 40 miliardi per le navi militari 

Prima della notizia rilanciata dal quotidiano francese, il portavoce Castaner aveva sottolineato che è in corso "una forma di negoziazione" con l’Italia e il governo "vuole riaffermare gli interessi della Francia". Insomma, un mostrare i muscoli per spuntare una situazione di controllo che andasse bene anche a Parigi, ma che sembrava potesse sfociare in una intesa.

Sembrava un ammorbidimento dei toni rispetto a quanto emerso negli ultimi giorni, in particolare dopo che il ministro francese dell’economia, Bruno Le Maire, aveva lanciato una sorta di ultimatum: o l’Italia accetta di dividersi il capitale alla pari con la Francia oppure lo stato francese eserciterà il proprio diritto di prelazione che scade sabato e nazionalizzerà il sito. Invece Castaner ha definito i partner italiani "importanti" aggiungendo che "Stx fa parte degli interessi nazionali sia per i dipendenti che rappresenta sia per la particolarità di questi cantieri, che hanno un know-how unico. Pertanto quando si negozia con partner internazionali è normale che lo stato possa alzare i toni. E’ come in diplomazia, bisogna far vedere le armi e mostrare che le armi ci sono. Questo permette di negoziare meglio". Alla domanda se il governo francese abbia scelto una forma di protezionismo, Castaner ha risposto: "No, si tratta di una forma di negoziati con i partner italiani. Si vuole riaffermare il posto che compete alla Francia, gli interessi nazionali della francia in Stx, in questi grandi cantieri navali che sono fondamentali per la nostra economia nazionale". Castaner ha concluso che "il mondo dell’economia è un pò come la politica, non è un mondo tutto rose e fiori. Di tanto in tanto bisogna accettarlo".

Le rose e fiori sono diventati spine vere e proprie con l’ufficializzazione dell’esercizio della prelazone francese. E alle novità transalpine seguono le reazioni italiane: "Ci aspettiamo una chiara e immediata presa di posizione della Commissione europea. Se questo è il nuovo corso della Francia mi pare evidente che si vada verso un periodo buio e difficile della storia europea", attacca in una nota il presidente della commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia. "Noi non accettiamo ultimatum: lo hanno detto i nostri ministri, vediamo cosa farà la Francia", ha rincarato il ministro degli Esteri, Angelino Alfano.

Intanto il titolo Fincantieri vede vanificato in tentativo di recupero dal tracollo della vigilia, quando è arrivato a perdere oltre 13 punti percentuali lasciando alla fine sul parterre poco meno del 9% e 150 milioni di capitalizzazione. Alla fine, perde un altro 2,6%

GIANLUCA DE FEO SU REPUBBLICA DI STAMATTINA
La battaglia navale tra Italia e Francia non è solo questione d’orgoglio. Il mercato delle crociere è ricco, ma quello delle cannoniere promette ancora di più: entro pochi mesi si firmeranno contratti per una quarantina di miliardi, con le aziende controllate dai governi di Roma e di Parigi in diretta competizione. E se gli hotel galleggianti delle vacanze sono un business tra privati, le flotte da guerra invece restano un affare di stato.

Con una manovra a sorpresa, nel 2016 Fincantieri ha piazzato una bordata micidiale ai francesi: gli ha soffiato la commessa del Qatar, che prevede la creazione dal nulla di un’intera marina per l’Emirato del deserto petrolifero. Quattro corvette, una mini-portaerei, due pattugliatori e assistenza per i prossimi quindici anni nell’addestramento degli equipaggi e nella manutenzione. Significano un assegno iniziale da cinque miliardi diviso tra Fincantieri e Leonardo, entrambe nelle mani del Tesoro, e lavoro per diecimila persone, con tempi stretti perché il Qatar vuole schierare la flotta per i Mondiali del 2022 quando dovrà garantire l’ombrello anti- aereo per il Paese. Una vittoria eccezionale: ogni cosa verrà prodotta in Liguria, senza subappalti. E vendere le navi vuole dire imporre al cliente l’intera dotazione di radar e armi, uno shopping dove ogni gadget costa carissimo: se il Qatar completasse la fornitura con un apparato completo per intercettare i missili balistici, solo per quello ci sarebbe un altro miliardo da fatturare.

Quel trionfo è stato favorito da una congiuntura geopolitica forse irripetibile. Parigi ha pagato lo scotto per gli accordi militari con l’Egitto finanziati dagli avversari sauditi del Qatar mentre il governo Renzi ha sfruttato al meglio la debolezza della presidenza Hollande, offrendo l’impegno congiunto di ministri, industria e forze armate. All’Eliseo hanno fatto buon viso a cattivo gioco, aprendo le porte di Stx agli azionisti italiani e prospettando una nuova alleanza pure nel settore militare. In fondo, i due paesi erano riusciti a collaborare insieme sin dagli anni Novanta, con una relazione che aveva prima partorito i caccia della classe Orizzonte e infine le fregate Fremm – dieci per la nostra marina, otto per la loro - ritenute le migliori della categoria più richiesta dagli ammiragli d’ogni nazione. Ma nei sette mari si è aperta la corsa agli armamenti e i francesi hanno sete di vendetta. L’Australia è pronta a spendere una ventina di miliardi per nove fregate d’ultima generazione. Il Canada cerca quindici unità dello stesso tipo, con una somma simile sul tavolo. Si deciderà tutto in pochi mesi. E il paradosso è che Roma e Parigi si sfidano offrendo l’identica nave, la Fremm appunto, seppur con equipaggiamenti diversi.

Il vento è cambiato. Oltralpe al timone c’è Macron, ambizioso e dinamico, mentre a Palazzo Chigi si naviga sottocosta per chiudere la legislatura. Lo stato francese ha ben strutturato i suoi investimenti: possiede il 62 per cento del cantiere militare Dcns mentre un altro 35 per cento è di Thales, il colosso dell’elettronica dove il maggior azionista è sempre pubblico. Insomma, c’è un’unica regia nel promuovere navi e radar mentre da noi Fincantieri e Leonardo seguono rotte parallele. A Parigi hanno fatto sistema e vogliono imporlo all’estero con tutto il peso del Paese, dei suoi ammiragli, della sua diplomazia e delle sue banche.

Il problema di fondo è che Fincantieri e Leonardo sono le uniche grandi compagnie nazionali rimaste a concepire tecnologie avanzate. Entrambe nello scorso decennio hanno preferito investire negli Stati Uniti, con una scelta strategica che rischia di tagliarci fuori dai grandi giochi europei o quantomeno dal nascente asse franco-tedesco. L’intesa tra Macron e Merkel per la costruzione di un superjet da combattimento e di droni militari potrebbe abbattere il futuro dell’industria aeronautica italiana, retrocessa a mero assemblatore di pezzi del programma statunitense F-35. E in mare il nostro catalogo per l’export è quasi la fotocopia di quello francese, che si tratti di fregate o navi tuttoponte: più della qualità dei prodotti, conta la capacità dello Stato di siglare alleanze globali e contare a livello internazionale. Uno scenario senza alternative: o si riesce rapidamente a cambiare oppure il declino è inevitabile.

MASSIMO NAVA SU MACRON
«Mi conoscevano gli altri, ciascuno a modo suo». Scomodare Pirandello torna utile per decifrare il disamore italiano per Emmanuel Macron, dopo l’overdose di applausi che ha accompagnato la sua elezione. C’è una sequenza di fatti che giustificano delusione e irritazione, ma contano anche percezioni ingannevoli fin dall’inizio. È di queste ore lo scontro plateale sui cantieri navali di Saint Nazaire, dopo che l’italiana Fincantieri ha preso il controllo della società. L’operazione, avvallata all’epoca della presidenza Hollande, è ora congelata dalla pretesa di Parigi di rientrare in gioco con un ruolo paritario nell’azionariato. Non è nemmeno esclusa un’ipotesi di nazionalizzazione e sarà interessante in questo caso analizzare le motivazioni dell’europeista/liberale Macron. Le posizioni si sono irrigidite. Trattandosi di una partita che è al tempo stesso di prestigio e di alto profilo industriale, lo scontro rischia di spegnere sul nascere aspettative forse eccessive sul modo in cui s’intende l’amicizia fra i nostri due Paesi.

La storia dei rapporti industriali e finanziari fra Italia e Francia del resto si ripete e, come spesso accaduto, a senso unico, cioè nel senso del capitalismo come lo insegnano a Parigi. Prima vengono interessi nazionali, poi regole di mercato e competitività. Dalla moda all’alimentare, dalla finanza all’energia, fino alle recenti scorribande di Vincent Bolloré, l’elenco delle conquiste francesi — purtroppo anche in settori di alto interesse strategico — sarebbe lunghissimo. Prima della « battaglia navale», nell’incontro di Saint Cloud (luogo caro a Bonaparte I e III) sulla Libia, il presidente francese si è voluto imporre come playmaker del processo di pace, rafforzando il ruolo del generale Haftar, l’uomo forte della Cirenaica, rispetto al presidente Sarraj, riconosciuto dall’Onu e interlocutore privilegiato dell’Italia. La Francia sceglie la realtà di rapporti di forza che vanno profilandosi nel caos terroristico/tribale dopo lo sciagurato intervento militare di Sarkozy e la caduta di Gheddafi. Molto andrebbe raccontato sull’incerto fronte libico e nel contesto di divergenti interessi politici ed energetici, ma la sensazione — al di là degli elogi per l’azione del governo italiano — è che Macron voglia giocare una partita a tutto campo, per consolidare peso politico e militare nel Nord Africa e nel Sahel.

In ottica francese, l’Italia, nonostante la forte presenza dell’Eni, rischia di avere un ruolo di seconda fila nella Libia di domani. Prima di Saint Cloud, c’era stata un’evidente disparità di valutazioni sulla questione dei migranti. Macron aveva avuto parole di solidarietà per la drammatica emergenza che l’Italia si trova ad affrontare da sola, ma il distinguo fra «migranti economici» e richiedenti asilo, per quanto giuridicamente indiscutibile, è suonato un po’ irrealistico al tempo degli sbarchi di massa e quotidiani. Di fatto, porte chiuse. L’irritazione da parte italiana su diversi fronti è dunque palpabile. È però inutile piangere sul fatto che la musica non cambi nell’era Macron. L’errore, casomai, è stato l’entusiasmo acritico e un po’ provinciale per un giovane leader che prima di essere una grande speranza per l’Europa (e per l’Italia) è una straordinaria risorsa per la Francia. Ancora più fuorviante considerare Macron un modello esportabile o imitabile, come si è orecchiato nei talk show alla ricerca del «Macron italiano». Entusiasmo prima e delusione oggi fanno perdere di vista ragioni di fondo all’origine di rapporti complicati. Macron non sarà ostile o benevolo a seconda di come si sveglia la mattina o se, come si dice, andrà in vacanza nel Belpaese.

Lo sarà in base alla nostra capacità di «fare sistema», di difendere e contrapporre nostri interessi, di garantire una continuità d’impegni e relazioni che — senza nulla togliere agli sforzi del premier Gentiloni — può essere data soltanto da coesione e stabilità politica sul medio periodo. Macron è abile e determinato, ma è il prodotto di un sistema politico e istituzionale che gli garantisce ampi poteri decisionali e un apparato di competenze e professionalità educato al primato dell’interesse nazionale. Non è, come qualcuno pensa, il dottor Jekyll e non è nemmeno, come qualcuno ha creduto, un socialista mascherato e mansueto (come peraltro non era nemmeno Hollande). È un gaullista vero, «geneticamente» attualizzato. Macron crede sinceramente nell’Europa, ma crede che, dopo Brexit, la Francia — unica potenza nucleare europea, con seggio al Consiglio di Sicurezza — possa essere più determinante che in passato, anche nel rapporto con la Germania. La trionfale accoglienza a Parigi per Putin e Trump è stata una prova generale delle aspirazioni francesi. Il Paese deve affrontare problematiche sociali e di finanza pubblica non molto diverse dalle nostre, che tuttavia sono coperte, come la polvere sotto il tappeto, dal prestigio militare e diplomatico e — quando c’è — dal carisma del presidente. Le elezioni tedesche, a settembre, prefigurano un nuovo mandato per Angela Merkel, probabilmente in coabitazione con i liberali.Stabilità dei governi e credibilità di leader e classi dirigenti stanno diventando moneta corrente a Parigi e Berlino. Ma di questo passo, il motore franco tedesco potrebbe diventare una tenaglia per tutti gli altri.


DOMANDE E RISPOSTE DEL CORRIERE DELLA SERA

Quando Fincantieri ha comprato Saint-Nazaire?

Giovedì 6 aprile 2017, con l’ok del governo francese, Fincantieri acquista i cantieri Stx di Saint-Nazaire, per un prezzo di circa 79,5 milioni di euro, dal gruppo sudcoreano Stx offshore & Shipbuilding, in amministrazione controllata. Storicamente, i cantieri sono attivi nella produzione di navi da crociera e di portaerei. Fincantieri garantisce di essere, per almeno 8 anni, azionista di minoranza (con il 48%) per far spazio a un altro socio italiano indipendente, la fondazione CrTrieste (7% del capitale). Al governo francese resta il 33,3. Lo stesso governo — per bocca dell’allora ministro dell’Industria, Christophe Sirigue — spiega che l’obiettivo della Francia «non era la nazionalizzazione» dei cantieri, ma garantirne «l’avvenire» grazie a «un azionista industriale europeo solido come socio di riferimento».

Quali erano le condizioni iniziali del governo francese?

La Francia impone da subito cinque condizioni all’acquirente italiano: la perennità del sito; la difesa dell’indotto; la protezione della proprietà intellettuale; la capacità di rispondere a offerte di lavoro; e il rispetto dell’interesse strategico, visto che Stx costruisce anche navi militari. Condizioni anche sulla governance: oltre ai soci, il Cda dovrà essere composto da un rappresentate dei lavoratori, dal direttore generale dei cantieri e da 3 osservatori senza diritto di voto. Non solo: i rapporti fra i soci devono essere regolati da un patto di sindacato ventennale, che attribuisce a Parigi un diritto di veto per impedire una riduzione sostanziale dell’attività, il trasferimento della proprietà intellettuale, partnership per costruire fuori dall’Europa o per stringere alleanze con Paesi non graditi alla Francia, ma anche potere sulla politica dei dividendi. C’è un’ultima clausola, importantissima: la Francia si assicura un diritto di prelazione nel caso in cui Fincantieri decida di uscire dall’investimento.

Le dimensioni di Fincantieri

Per avere un’idea di quel che rappresenti Fincantieri occorre guardare si suoi numeri — quelli del bilancio consolidato 2016. Sessanta milioni di risultato di esercizio (ante proventi e oneri estranei alla gestione e non ricorrenti), oltre 4 miliardi di ricavi, un carico di lavoro complessivo pari a 5,4 anni di lavoro (dal valore di 24 miliardi), 99 navi in portafoglio, 20 cantieri in 4 continenti, 20 mila dipendenti.

Le prime tensioni

L’intesa sembra procedere verso una definizione (anche se l’esborso non è stato ancora effettuato, in attesa di trovare uno schema azionario compiuto) fino a quando all’Eliseo arriva il nuovo presidente, Emmanuel Macron. Il 31 maggio, Macron chiede «una nuova struttura azionaria» come condizione per poter concludere positivamente l’affare, per garantire «l’indipendenza e la sovranità strategica» della Francia . Nei giorni precedenti a questo annuncio, i sindacati francesi avevano espresso le loro riserve sull’arrivo degli italiani, temendo che i nuovi proprietari favorissero lavoratori italiani. Tra le fonti di dubbio, anche il fatto che la fondazione triestina cui andrebbe il 7% delle azioni è percepita come troppo vicina a Fincantieri: possiede una quota dello 0,25% di Cassa Depositi e Prestiti, ossia l’azionista di riferimento della stessa Fincantieri. La risposta del governo italiano fu distensiva: «Siamo certi che troveremo soluzioni comuni, sulla base dell’intesa raggiunta».

Il fattore-voto e il caso del capo di gabinetto

In una fase iniziale, a pesare sui toni del governo francese fu anche, forse, un fattore elettorale: le amministrative di giugno nella regione della Loira. Un secondo fattore, meno transitorio, è dato dal fatto che il governo francese preferirebbe che la quota destinata alla fondazione triestina finisca a Naval Group, il colosso militare navale controllato dal ministero del Tesoro francese. Si era sparsa anche la voce di un interessamento dell’armatore Msc, al momento tramontata. Il capo di gabinetto di Macron, Alexis Kohler (sotto, con Macron, Getty), proviene proprio da Msc, importante compagnia cargo navi da crociera.

Lo scontro

Il 25 luglio, il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire (sotto, proprio a Saint-Nazaire), per la prima volta dichiara pubblicamente di preferire «soluzioni uguali, al 50 e 50» per Stx France. In cambio, Le Maire avrebbe prospettato all’Italia di accrescere la cooperazione in campo navale militare. Una proposta giudicata irricevibile dal governo (che si è espresso il 27 luglio con il ministro del Tesoro, Padoan, e quello dello Sviluppo economico, Calenda). Fonti hanno rivelato al Corriere che il governo italiano darebbe il via libera ad un’eventuale diluizione della quota di Fincantieri soltanto a condizione che il gruppo guidato da Giuseppe Bono resti azionista di controllo e che tale controllo venga, poi, esercitato in consiglio di amministrazione.

Qual è il nodo economico?

Per capire la portata (anche strategica) dei cantieri di Saint Nazaire è necessario partire dal fatto che sono il fiore all’occhiello della cantieristica militare francese, il motivo per il quale il governo transalpino ritiene ineludibile l’ingresso del colosso militare Naval Group che attiverebbe una strategia comune di difesa europea con Fincantieri, con cui già collabora attivamente. E’ il crocevia di una parte importante delle commesse militari che arrivano alla Francia. Come la produzione dei portaelicotteri d’assalto anfibio Mistral. Richiesti dai russi e poi non venduti a Mosca a causa dell’embargo per la crisi ucraina. Acquistati invece dall’Egitto.Ma Saint Nazaire è anche il gioiello della crocieristica francese (dallo stabilimento è appena uscita la Harmony of the Seas commissionata da Royal Caribbean, la nave passeggeri più grande al mondo). Prodotta grazie all’ampio bacino di carenaggio dei cantieri, con fondali profondi che consentono di realizzare navi enormi.

Qual è il nodo politico?

Per Macron —eletto grazie a una piattaforma europeista e liberista — si tratterebbe di un clamoroso passo indietro. E del terzo schiaffo dato all’Italia, dopo quelli sulla gestione dei migranti (e il rifiuto di far passare coloro che vogliono andare da Ventimiglia in territorio francese) e sulla questione libica (con il vertice del 25 luglio condotto senza rappresentanti italiani al tavolo).

MOLINARI ALLA 7

DOMANDA DELLA SARDONI

Ricorda che ieri al Sarraj è venuto in Italia e ha chiesto le nostre navi davanti alla Libia contro gli scafisti. Vorrei chiedere a MM come si stanno mettendo le cose. Come dobbiamo leggere questa richiesta di Al Sarrj e se l’accordo francese è destinato a tenere.

MM - se si entra nella volontà del presidente Macron di ritagliare a Parigi un ruolo di partner privilegiato di Washington sui temi della sicurezza. Le mosse di Macron devono essere lette come la volonta di Parigi di sostituire Londra nel ruolo di partner privilegiato degli Stati Uniti in Europa. L’uscita di Londra dalla Ue offre un’opportunità che Macron vuole cogliere. Sicurezza significa in questo momento lotta al terrorismo e significa Nord Africa. La prima mossa di Macron è stata quella di creare con cinque paesi del Sahel una forza di quattromila uomini (P5 Sahel?) antiterrorismo, a fianco dell’analoga forza francese dislocata in Mali ottenendo subito il plauso dell’amministrazione Trump. La seconda è stata quella dell’incontro a Parigi tra Haftar e Sarraj. Sono due mosse che entrambe hanno a che vedere con la Libia perché il contingente del Sahel punta a creare una fascia sicurezza antiterrorismo proprio a sud della Libia, in Niger e Mali. L’accordo invece tra Haftar e Sarraj punta a creare un processo di stabilizzazione dentro la Libia. Ad aggiungere un altro tassello, c’è da dire che l’incontro di Parigi è stato possibile grazie alla stretta collaborazione tra l’Eliseo e gli Emirati Arabi Uniti. Sheikh mohammed che in questo momento è il leader sunnita più influente e aggressivo e determinato in Medio Oriente. Sono stati gli emiratini a suggerrire a Parigi il summit per espellere dalla Libia l’influenza qatarina ovvero l’influenza di quelle fazioni considerate nemiche del fronte sunnita. Macron ha saputo inserirsi all’interno della disputa nel mondo arabo sunnita incassando in Libia anche un punto nel rapporto privilegiato con Washington. essere riusciti a fare questo dopo appena tre mesi dalle elezioni significa che in Francia il sistema paese funziona in modo molto determinato.

D - Ma allora la Francia deve essere considerato un avversario?

MM - sì, è un nostro competitor strategico in Nordafrica, d’altra parte lo è sempre stato sin dalla fine dell’Lttocento con la disputa sulla Tunisia e continua a esserlo anche adesso. Macron sta tentando di terminare il lavoro iniziato da Sarkozy. Sarkozy rovesciò Gheddafi, guidò la Nato in quell’operazione militare e adesso Macron cerca di suggellare l’influenza francese in un paese che è sempre stato conteso tra l’Italia e la Gran Bretagna. L’Italia ha un rapporto privilegiato con Sarraj e la possibilità di usare le navi della nostra marina militare nelle loro acque aggiunge, però questo è un singolo tema, ovvero il tema della lotta ai trafficanti di uomini, invece il summit di Parigi è stato su tutti i temi della Libia, dalla lotta al terrorismo, al processo di pace, alle elezioni non sui migranti.

D - il governo italiano a fine legislatura ha una sua debolezza?

MM - Gli interessi nazionali devono essere tutelati a prescindere dal nome del presidente del Consiglio e dal colore dei governi. Vediamo questo in Francia, in Gran Bretagna, in Germania. il punto è che ci deve essere una convergenza tra le principali forze politiche sulla definizione degli interessi nazionali. il nostro interesse nazionale è che il terrorismo sia sconfitto in Nord Africa, che il Norda Africa sia una regione stabile e che i migranti arrivino il meno possibile. Questi interessi nazionali resteranno tali a prescindere da governo e maggioranza. La convergenza di fatto tra Sarkozy e Macron testimonia che cosa significa l’esercizio di un interesse nazionale.

D - Padoan ha ricordato che l’accoglienza dei migranti costa 4 miliardi. Riusciamo a ottenere un po’ di flessibilità dall’Europa grazie a questo. L’altra questione riguarda il ministro degli Esteroi europeo... (sorrisetti)

MM - Da una parte il mantenimento della cornice multilaterale e dall’altra lo sviluppo di diplomazie nazionali. In questo la Francia è esemplare perché Macron prima dichiara il suo europeismo e scommette con la Merkel sul rafforzamento dell’Eurozona e poi persegue una politica nazionale in Nord Africa nei confronti dell’Italia. In meno di tre settimane ci ha detto di no sull’apertura dei porti, poi ha fatto il vertice sulla Libia e poi l’offensiva su fincantieri in tre settimane tre mosse spettacolari. L’Italia deve fare lo stesso, rafforzamento in Italia sul ruolo dei migranti  e insieme sviluppare una propria iniziativa nazionale in Libia. Proprio il successo di Minniti in Liibia ha spinto M;acron a intervenire. Minniti ha creato un n uovo format, il dialogo con le tribù libiche e dall’altro il dialogo con le autorità nazionali, gov di Tripoli. format di tale successo cher ha spinto l’amm americana - Obama, Trump - leadrrship Italia in Libia. È queso risultayo che Macron tenta di toglierci