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 2017  luglio 27 Giovedì calendario

«Creano disagio». Trump: niente esercito per i transgender

Il presidente Trump ha deciso di bandire i transgender dalle forze armate americane, scegliendo così di scendere in campo nella «guerra culturale» che da anni divide gli Stati Uniti, per tenersi stretta la sua base elettorale.
L’anno scorso Obama aveva cancellato il divieto per i transgender a servire apertamente, e il primo luglio doveva cominciare il reclutamento. Il nuovo capo del Pentagono Mattis aveva sospeso l’ordine, chiedendo altri sei mesi di tempo per studiare come applicarlo. Ieri mattina, però, il capo della Casa Bianca ha deciso ristabilire il bando, con tre tweet: «Dopo consultazioni con i miei generali ed esperti militari, gli Usa non accetteranno o permetteranno a individui transgender di servire in qualsiasi ruolo nelle forze armate. Il nostro apparato militare deve essere concentrato sulla vittoria netta e schiacciante, e non può essere gravato dai tremendi costi medici e la disfunzione che la presenza dei transgender comporterebbe». Le condanne da parte dei democratici sono state immediate, così come quelle delle organizzazioni degli omosessuali, che minacciano cause perché il bando violerebbe il divieto della costituzione di discriminare i cittadini sulla base di sesso, razza o fede. Le critiche però sono arrivate anche da alcuni repubblicani, come il senatore ed eroe del Vietnam McCain: «Questa è l’ennesima dimostrazione che le decisioni politiche non vanno annunciate via Twitter. Ogni americano che soddisfa gli standard attuali medici e di preparazione deve poter continuare a servire». Lo stesso Pentagono è stato colto di sorpresa, e ha girato ogni domanda alla Casa Bianca. Mattis è in vacanza, e secondo i suoi collaboratori la pausa di sei mesi richiesta serviva a gestire meglio il reclutamento, non vietarlo.
Secondo uno studio della Rand, al momento nelle forze armate ci sono 2450 transgender, alcuni anche nei corpi speciali come i Navy Seal: verranno cacciati? Il costo aggiuntivo che generano in termini di assistenza sanitaria varia da 2,4 a 8,4 milioni di dollari all’anno, cioè nulla, considerando che il bilancio del Pentagono è di quasi 700 miliardi. Altri stimano che il numero oscilli tra 6630 e 11.000, e secondo il gruppo conservatore cristiano Family Research Council il loro reclutamento costerebbe fino a 3,7 miliardi, perché le regole obbligano il Pentagono a pagare gli interventi per il cambio di sesso e le cure ormonali. Questa è la ragione che Trump e i suoi alleati hanno usato per giustificare la scelta: i soldi e l’impatto sull’efficienza delle forze armate. La vera motivazione, però, è come sempre politica.
Come trattare i transgender è stato uno dei temi più divisi della scorsa campagna presidenziale, a cominciare dalla battaglia per i bagni bisex in North Carolina. Trump finora non aveva preso una posizione netta, frenato anche dalla figlia Ivanka che sostiene i diritti dei gay. Sotto la pressione dell’inchiesta sul Russiagate, però, ha deciso che la sua priorità non è cercare di unificare il Paese, ma consolidare la base conservatrice che lo ha eletto. Perciò ha bandito i transgender, anche perché pensa che per i candidati democratici alle elezioni del 2018 sarà molto difficile attaccare la sua scelta negli Stati più in bilico.