Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  luglio 26 Mercoledì calendario

Bitcoin non si spacca, il prezzo vola

E pace fu. Per ora. Dopo mesi di voci su uno split, una scissione della moneta, il mondo dei bitcoin ha raggiunto quello che i media internazionali ribattezzano «l’armistizio» tra due fazioni. Su un fronte la proposta di aumentare le dimensioni dei “blocchi” che registrano le transazioni, sull’altro il progetto di aprirsi a servizi paralleli che avrebbero smaltito l’enorme traffico sui circuiti impiegati per gli scambi. La conciliazione è arrivata con SegWit2X, un aggiornamento che aumenterà la capacità di transazione del network e abiliterà alcune funzioni che sembrano soddisfare entrambe le parti. Il mercato ha reagito con un balzo notevole (bitcoin oltre i 2.700 dollari a unità lo scorso venerdì) per poi ripiegare intorno a 2.500-2.600 dollari nella giornata di ieri. La capitalizzazione complessiva resta comunque sopra i 40 miliardi, pari a quasi il 50% del valore totale delle criptovalute.
Ma cosa è successo e perché si è rimasti a lungo sull’orlo della frattura? La divisione covava da tempo e riguarda la blockchain, la piattaforma per le transazioni in bitcoin. Semplificando molto, la “catena dei blocchi” funziona come un registro contabile dove le varie transazioni vengono registrate e archiviate, senza bisogno del controllo di terzi. Nella versione originaria erano stati fissati dei limiti sulle dimensioni dei blocchi per mettersi al riparo da attacchi hacker, ma col tempo il tetto di capacità (1 megabyte) ha finito per andare stretto e ispirare due strategie contrapposte. 
I miner, gli sviluppatori che verificano le transazioni, hanno spinto per l’incremento dimensionale. Un’altra scuola di pensiero, rappresentata dal gruppo di sviluppatori Core, ha suggerito invece che parte dei dati venisse gestita al di fuori del circuito tradizionale con un aggiornamento chiamato SegWit. La sintesi tra i due è appunto SegWit2, che di fatto recupera la proposta di Core ma permetterà anche ai miner di raddoppiare la dimensione del blocco.
Massimo Chiriatti, tecnologo ed esperti di economia digitale, ne parla come una «guerra fredda» che rischiava di lasciare sul campo una sola vittima: il bitcoin. «Finora è stata una battaglia di strategie – spiega Chiriatti – Se una parte avesse sconfitto l’altra, ciò avrebbe comportato una divisione permanente della catena dei blocchi, con successiva creazione di un’altra moneta (con un valore da stabilire). Per fortuna la minaccia della distruzione reciproca ha scongiurato il pericolo». 
Non che i rischi siano del tutto estinti. Il verdetto finale avrebbe dovuto arrivare il primo agosto, con il temuto divorzio tra le due anime della comunità e lo sdoppiamento di una moneta che fa da benchmark per un portafoglio globale di oltre 900 criptovalute. Ora si tratta “solo” di attendere la stabilizzazione di questa novità, ma non possono escludersi sorprese. Come spiega Chiriatti, quando si parla di bitcoin e blockchain, «non ci sono aziende che li posseggono e neanche uno Stato che può vantare diritti regolamentari – fa notare – Pertanto, non possiamo prevedere dove l’insieme della comunità porterà questo sviluppo». 
Il suo consiglio, comunque, è di «tenere tutti i bitcoin nel proprio portafoglio» e non affidarsi solo alle scelte dei provider esterni. Se mai dovesse crearsi davvero la frattura temuta finora, è meglio godere di una completa autonomia di gestione. «Così si può scegliere di “stare” con la moneta che ha maggiore possibilità di apprezzarsi – spiega – Perché magari uno vola a 5mila dollari e l’altro muore nell’arco di poche sedute». Uno scenario che non si augura nessuno, visto che la scissione si limiterebbe ad erodere valore: «Ci sono già centinaia e centinaia di monete che si ispirano a bitcoin – riflette Chiriatti – Non so se ne abbiamo davvero bisogno di creane un’altra».