la Repubblica, 26 luglio 2017
Consip, la Cassazione. «Le accuse a Romeo sono poco chiare»
ROMA Il “sistema Romeo” configurato dall’accusa? Non è chiaro in cosa consista. Le intercettazioni ambientali con il virus-spia trojan? «Nessun controllo è stato effettuato sulla sussistenza dei presupposti di legittimità delle operazioni». I “pizzini” raccolti nella spazzatura? Sono stati acquisiti legalmente, ma prima di attribuirli all’indagato serve «un confronto indiziario» con la consulenza della difesa. In una sentenza di 33 pagine, la Cassazione (sesta sezione, presidente Giacomo Paoloni, relatore Gaetano De Amicis) apre una prima crepa nell’impianto che tiene l’imprenditore Alfredo Romeo agli arresti da oltre quattro mesi con l’accusa di corruzione nel filone romano del caso Consip. Il 13 giugno scorso, la Suprema Corte aveva parzialmente accolto il ricorso della difesa, inviando gli atti al Tribunale del Riesame della capitale per una nuova valutazione dell’istanza di scarcerazione. Nel frattempo Romeo, dopo più di 120 giorni in cella a Regina Coeli, ha ottenuto gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico e si prepara al giudizio immediato fissato per il 19 ottobre. Dovrà difendersi dall’accusa di aver corrotto con 100 mila euro il funzionario della Consip Marco Gasparri. Ma ora, con il deposito delle motivazioni degli ermellini, gli avvocati Francesco Carotenuto, Giovambattista Vignola e Alfredo Sorge annunciano la volontà di chiedere «al più presto» il ritorno in libertà del loro assistito. I legali sollecitano una «più autentica valutazione» dell’indagine avviata dalla Procura di Napoli, poi trasmessa per competenza a Roma e finita al centro delle polemiche per la presunta falsificazione di un brano dell’informativa contestata al capitano del Noe Giampaolo Scafarto. Al Riesame, la Cassazione chiede di pronunciarsi sulla «effettiva consistenza e intensità delle esigenze cautelari» e solleva alcuni interrogativi su alcuni punti centrali dell’inchiesta. Come il cosiddetto “sistema Romeo” che sarebbe stato realizzato dall’imprenditore.
L’indagato, rileva la Corte, «è incensurato, sicché non si comprende in quali contenuti operativi consista ed in quali forme concrete s’inveri il “metodo” o il “sistema” di gestione dell’attività imprenditoriale» cui si è fatto riferimento «per giustificare l’ipotizzato esercizio di una capacità di infiltrazione corruttiva in forme massive nel settore delle pubbliche commesse». Poi ci sono le intercettazioni ambientali effettuate con il virus-spia Trojan, che hanno documentato 13 incontri tra Romeo e Gasparri tra il 3 agosto e il 29 novembre 2016. Le microspie non sono state collocate indebitamente negli uffici dell’imprenditore.
Il Riesame dovrà però accertare il collegamento tra «la condotta delittuosa» sotto accusa e «l’esistenza di associazioni criminali», presupposto che può giustificare l’impiego di strumenti «particolarmente invasivi» come il Trojan. Infine, i “pizzini” recuperati dal Noe nella spazzatura. Gli appunti sono stati acquisiti «correttamente». Ma secondo la Corte non si è dato conto «dei numerosi argomenti e dei rilievi critici» proposti dagli avvocati per «contestare l’affidabilità scientifica della consulenza» del pm di Roma. Lacune che adesso il Riesame dovrà colmare.