Corriere della Sera, 26 luglio 2017
La Parigi (moderna) di Seurat
Vita romanzata e opere di Georges Seurat (1859-1891) in alcune passeggiate per la Ville Lumiére contemporanea. Autore, Francesco Poli (Torino, 1949). Titolo del libro, Il pittore solitario. Seurat e la Parigi moderna (Electa, pp. 166, € 18,90). Avendo insegnato, fra l’altro, all’università di Parigi 8, il critico piemontese se ne è andato in giro per la città, ripercorrendo i luoghi tanto cari all’inventore del pointillisme e parlando con il suo fantasma.
L’aspetto di Georges? «Alto e robusto, con i capelli scuri e una lunga barba curata, sempre ben vestito in blu scuro o nero. Il suo amico Charles Angrand lo ricordava bello come il San Giorgio di Donatello». Morto a 31 anni, Seurat non ha avuto un’esistenza «eroica» e la sua vita privata è rimasta segreta per lungo tempo. Basta pensare alla sua compagna, la diciottenne modella Madeleine Knoblock, e alla nascita del figlio Pierre. Né la sua famiglia, né gli amici più cari ne sapevano nulla. Seurat lo confiderà alla propria madre solo qualche giorno prima di morire.
Il «viaggio» di Poli parte dal cimitero di Pére-Lachaise, «frequentato da turisti che amano gli incontri ravvicinati con i fantasmi dei grandi defunti». La giornata si presta: «fredda, grigia e umida». Seurat: 66esima divisione, n. 104 perpetua. E possibile dialogare con l’artista? Si può tentare. Georges acconsente («Perché no. Non sono più troppo occupato»). Si comincia dai suoi ultimi giorni di vita e dal Circo non finito.
La conversazione continua in luoghi frequentati a suo tempo dal pittore.
All’Accademia di Belle arti, foriera di idee «vecchie e sbagliate», dove insegnava Henri Lehmann, allievo di Ingres, convinto del primato dell’arte classica e del disegno («Bisogna vivere degli antichi. Il disegno comprende tutto, eccetto il colore»). Ecco il ricordo dei compagni di corso, degli amici, dei locali circostanti dove si riunivano artisti, musicisti scrittori (Mallarmé, Debussy, Satie, Degas, Toulouse-Lautrec), ma anche delle esercitazioni (copiare Raffaello). Dall’Accademia alla chiesa di Saint-Sulpice a vedere gli affreschi di Eugène Delacroix, fra cui la Lotta di Giacobbe con l’Angelo. Il dialogo si allarga a La vision du sermon di Gauguin. Aveva «una bella faccia peruviana – ricorda Seurat —. Ci vedevamo abbastanza spesso, e abbiamo esposto insieme nel 1886 all’ultima mostra impressionista da Durand-Ruel. Pensi che ha fatto qualche quadro con la mia tecnica, però ha smesso subito; voleva essere lui alla testa di una nuova tendenza».
Successivi appuntamenti a Place Pigalle, con la sua «nuova geografia commerciale»; nello studio di Seurat in rue Chabrol (VI piano, qui ha dipinto La grande jatte ) vicino all’atelier di Bataille che stampava manifesti pubblicitari per teatri e cabaret e, dopo, nell’atelier di boulevard de Clichy (II piano), vicino a quello di Signac. Quindi alle Tuilieries, sotto l’Arco di Napoleone; all’isola della Grande Jatte, contesto naturale dell’omonimo dipinto, dove nell’estate del 1884 Seurat veniva tutti i giorni a studiare il posto, prendere appunti, abbozzare qualche disegno preparatorio.
Amici scrittori? L’anarchico Félix Fénéon, accusato di avere messo una bomba in un ristorante e assolto («Lancio sì delle bombe, ma letterarie»), Robert Caze, «appassionato di duelli» (sino a quando ci lascia la pelle). Incontri anche a Bruxelles, a Honfleur (Normandia). Ritorno a Parigi, a rue André Antoine. L’ultima domanda al fantasma: «”È qui che aveva il suo studio, che abitava assieme a Madeleine e a Pierre?” Aspetto invano la sua risposta. Seurat è svanito nel nulla».