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 2017  luglio 26 Mercoledì calendario

Il lamento del piccolo principe

In una lettera all’amica della giovinezza Renée de Saussine, Antoine de Saint-Exupéry scrisse che si può perdonare un errore di grammatica ma non un errore di ritmo. Non era solo una considerazione narrativa, ma anche esistenziale. Nel ritmo vitale dell’aviatore-scrittore c’è un incontro insperato: è un giorno del maggio 1943, Saint-Exupéry si trova su un treno che lo porta da Orano ad Algeri e si imbatte in una giovane donna di 23 anni della Francia Orientale, sposata, ufficiale e autista della Croce Rossa. Dopo due anni passati negli Stati Uniti, dove in aprile ha pubblicato in inglese una favola destinata a un successo planetario, lo scrittore è rientrato da poco in Algeria ansioso di riprendere l’azione militare con il suo reparto di ricongiungimento. È stanco, deluso dalle insinuazioni americane a proposito delle sue ondeggianti posizioni politiche, vecchio quanto il secolo, depresso, fisicamente logorato dai numerosi incidenti, ma ancora determinato a volare e a combattere.
Quel giorno di maggio si innamora a prima vista della sconosciuta, alla quale, nell’ultimo anno di vita (morirà precipitando tragicamente e misteriosamente su un F-5 il 31 luglio 1944) scriverà delle dolcissime lettere accompagnate da altrettanti lievi disegni che rappresentano il principe della sua favola sospeso nel vuoto. A guardar bene c’è un ritmo non trascurabile anche nel caso editoriale di Saint-Ex, visto che nel novembre 2007, quando ormai si pensava di aver letto tutto ciò che aveva prodotto in vita, epistolari compresi, la casa d’aste Sotheby’s mette in vendita alcune carte inedite: si tratta appunto di nove lettere alla sconosciuta, sette delle quali accompagnate da altrettanti disegni a colori. Verranno acquisite dal Musée des Lettres et des Manuscripts di Parigi e pubblicate l’anno dopo da Gallimard (in Italia da Bompiani).
Alle spalle, il matrimonio burrascoso con la giornalista salvadoregna Consuelo Suncin, conosciuta nel 1930 a Buenos Aires, «anima selvaggia», «piuma d’oro», «la donna più adorabile del mondo», tradita e fedifraga a sua volta: il cuore del maggiore Saint-Exupéry, a giudicare dalle lettere, sembra quello di un adolescente in ansia continua. L’ultima tappa, tanto intensamente raccontata nelle poche lettere superstiti, non fa eccezione. Si tratta per lo più di implorazioni messe in bocca a un piccolo principe dall’aria malinconica, circondato da stelline e sovrastato da pensose nuvolette a mo’ di fumetto in cui è inserito il testo. Missive che chiedono un’attenzione e una cura cui la sconosciuta, invocata come «petite fille», sembra sottrarsi con ostinazione: «Quando la chiamo non c’è mai... La sera non è più tornata... Per giunta non mi chiama... Con lei divento matto!». Su un’altra carta viene raffigurato il viso della giovane donna con accanto una considerazione che sembra sussurrata in un orecchio: «È un po’ malinconica perché ancora non sa che io sono un suo grande amico, ma penso che nei prossimi disegni comincerà a sorridere. Si sbrighi a telefonarmi se non vuole che le sia infedele...».
Le ossessioni, i fantasmi della gelosia e dell’attesa non sono poi tanto diversi dal tono ultimativo con cui pochi mesi prima, da New York, Saint-Exupéry si rivolgeva alla moglie: «Consuelo, stasera ti scriverò una lettera d’amore – perché nonostante le molteplici ferite, le parole che non hai compreso, i richiami che muoiono contro il vetro della tua mente chiusa sono arrivato a un punto in cui non ne posso più di un amore che non ha mai trovato la sua strada. In te si trova una persona che amo e la cui gioia è fresca come l’erba medica ad aprile».
Qui la tonalità elegiaca e sottilmente autoironica, con quelle figurine dedicate all’amata, si lega esplicitamente all’indole dell’eroe immaginario e al valore rivelatorio che l’autore attribuisce alla sua favola: «Scopro con malinconia che il mio egoismo non è poi così grande, visto che ho dato ad altri il potere di farmi soffrire. “Petite fille”, dare questo potere è dolce. Vederlo usare è malinconico. Le favole sono fatte così. Una mattina ti svegli e dici: “Era solo una favola...” Sorridi di te. Ma nel profondo non sorridi affatto. Sai bene che le favole sono l’unica verità della vita».
La minaccia, vana, è smettere di scriverle e chiudere per sempre ciò che in definitiva appare come un monologo disperato quanto ingenuo e paradossale: «Oggi non c’è nessun piccolo principe, né ci sarà più. Il piccolo principe è morto. Anzi, è diventato scettico. Un piccolo principe scettico non è più un piccolo principe. Non le perdono di averlo rovinato». E invece no. Il dolore di una vita di amarezze e di patetica solitudine vorrebbe comunque infrangere il silenzio della sconosciuta. Ci sarà un’ultima conversazione forse chiarificatrice in cui l’eroe della favola viene messo di fronte alla realtà di una donna in carne e ossa che, nonostante la differenza di età, sembra molto più adulta dell’eterno adolescente avviato, a sua insaputa, verso una morte imminente. Il ritmo vitale comprende anche la fine.