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 2017  luglio 26 Mercoledì calendario

Il diario di Paolo Nespoli: «Ho sessant’anni. E mi trattano come un ventenne»

Il risveglio 
La prima ginnastica
Sono pronto per partire. Mancano ormai poche ore e la mia giornata al centro dei cosmonauti di Baikonur, in Kazakistan, trascorre calma. So che cosa mi aspetta: è la terza volta che volo nello Spazio. Quindi, senza ansie, mi concentro sui compiti che mi aspettano lassù. Mi alzo al mattino e mi vedo già seduto nel seggiolino di destra, accanto alla parete della capsula Soyuz mentre guardo la Terra che si allontana. Conosco bene la mia navicella: questa è la numero 736 da quando iniziò ad essere usata mezzo secolo fa e da allora è stata continuamente migliorata. Inizio la giornata con un po’ di ginnastica per tenermi in forma, come sempre. Ho già compiuto 60 anni ma non mi sembra una cosa fuori dal mondo. Del resto vengo trattato come se avessi vent’anni. Non si guarda la carta d’identità e la mia età non ha alcun impatto sulla missione.
La passeggiata 
Prima dell’isolamento
Il giorno trascorre in completo isolamento con i miei compagni di viaggio Sergey Ryazanskiy e Randy Bresnik. È necessario per evitare contagi capaci di mettere a rischio il nostro soggiorno orbitale di sei mesi. Prima di partire, però, ci concederanno una passeggiata tra gli alberi con le nostre mogli. L’ambiente è desertico e il clima è gradevole anche se si raggiungono i 40 gradi. Anzi, si sta meglio qui che nell’afa del centro americano di Houston, in Texas. Ieri mattina abbiamo rispettato una commovente tradizione, abbiamo piantato un alberello nel piccolo parco. Il primo lo aveva messo a dimora Yuri Gagarin, il primo cosmonauta della storia nel 1961, e da allora tutti ripetono il gesto che lascia una traccia. Speriamo che quello piantato ieri abbia sorte migliore dell’ultimo della precedente missione: era pieno inverno, allora, e l’ho visto rinsecchito, forse non è sopravvissuto.
Gli esperimenti
Il prelievo di muscoli
Dopo la ginnastica mattutina mi hanno prelevato dei campioni di muscoli dalle gambe; un po’ di fibre che faranno crescere in laboratorio sulla Terra per confrontarle con le mie al ritorno dopo il lungo soggiorno cosmico e capire che cosa succede ai nostri tessuti. Le reazioni dell’organismo all’assenza di gravità conservano ancora tanti misteri e a questo esperimento dell’Agenzia spaziale europea se ne aggiungeranno 13 preparati dall’Asi, l’agenzia italiana. Non a caso la missione è stata battezzata Vita, acronimo di vitalità, innovazione, tecnologia e abilità.
Il pomeriggio
Le prove nella capsula
Nel pomeriggio si entra nella capsula per gli ultimi addestramenti, ripetendo all’infinito le manovre che ci porteranno sulla stazione Iss. Sarà un breve viaggio di andata di appena sei ore, ma intenso. Ieri si è presentato anche un fuori programma inatteso. Per molte ore c’è stato trambusto con la Nasa per un equivoco di traduzione, divertente e curioso. Un amico mi aveva consegnato dei santini, alcuni con le immagini di Padre Pio, da portare in orbita e nell’elenco i russi avevano indicato otto icone. Da Houston allarmati per la strana iniziativa mi chiedevano dimensioni e peso delle icone. Tutto si è risolto con un sorriso e la precisazione che erano contenibili in tasca. Ieri pomeriggio ho ordinato le cose che porterò con me, tra cui una maglietta del Museo della scienza e della tecnologia di Milano, una bandiera della Croce Rossa e un patch del Papa.
La serata
Il rito del vecchio film
Ieri sera la giornata si conclusa ancora una volta rispettando i ritmi decennali della tradizione. Con i miei compagni, dopo cena, ho dovuto guardare un vecchio film, Il bianco sole del deserto. Lo hanno visto tutti i cosmonauti dal 1970 prima di partire ed è la storia di un sergente di cavalleria che torna a casa dopo la prima guerra mondiale: seduti fino alla fine, non c’era alternativa. Ma quando mi sono coricato, per riprendermi, ho immaginato il meraviglioso spettacolo che da venerdì avrò davanti agli occhi, la Terra azzurra che ruota sotto i nostri piedi. Ho nostalgia e non vedo l’ora di conquistarla di nuovo per raccontare le mie emozioni.
(Testo raccolto da Giovanni Caprara)