il Fatto Quotidiano, 25 luglio 2017
Spiaggia libera… dalla borsa frigo: via i turisti low cost
Francamente fa un po’ ridere la crociata contro il turismo low cost, e per due ragioni: la prima è la crociata – una sfilza ai limiti dell’assurdo di divieti ai limiti dell’assurdo –; la seconda è il low cost, anglicismo spesso usato per inquadrare il vacanziero cafone, non tanto quello parsimonioso, frutto di una indebita, quanto classista, equivalenza tra la frugalità e la maleducazione. In fondo, verrebbe da dire, turisti risparmiatori, o di massa o low cost, lo sono un po’ tutti: anzi, i più sono costumati, mentre è di pochi il malcostume di sgocciolare la scatoletta di tonno in mare o di tuffarsi direttamente nel Canal Grande dal ponte di Calatrava. Domenica, ad esempio, nella spiaggia libera di Laigueglia, preventivamente recintata e transennata, sono stati sequestrati tutti gli ombrelloni e gli oggetti proibiti da un’ordinanza comunale, ovvero tende, sdraio, gazebo, sedie e persino le borse frigo… È vero che la settimana prima, in 230 metri di litorale, si erano assiepate 1100 persone, ma bandire la schiscetta, con parmigiana di nonna, panino a otto strati e gazzosa incorporati, è antiestetico, è contro l’estetica e il folclore balneare. Oltretutto, è una scelta poco furba: i turisti avranno pure poco denaro ma non poco cervello, e infatti, cacciati da Laigueglia, sono subito corsi a spiaggiarsi nella vicina Alassi
La Liguria è tra le regioni più agguerrite contro la transumanza balneare mordi-e-fuggi, magari a bordo dei famigerati beach bus, altro anglicismo per indicare la corriera andata e ritorno in giornata: a inizio luglio, i sindaci di Laugueglia e Alassio avevano tentato di introdurre il numero chiuso in spiaggia, tentativo poi vanificato dal prefetto perché non esistono norme che possano impedire a qualcuno di frequentare un luogo pubblico. Più o meno negli stessi giorni il collega sindaco di Albissola, Franco Orsi, ex senatore Pdl, tuonò: “Noi vogliamo il turismo sano, quello delle famiglie che stanno negli alberghi una settimana”. Tutti gli altri, raus!
Intanto a Venezia si sono inventati una spassosissima guida al bon ton vacanziero con tanto di hashtag (boh): si intitola #EnjoyRespectVenezia ed elenca i comportamenti vietati, indica le “buone pratiche per il visitatore responsabile” e suggerisce di dedicarsi al #Detourism (sempre con hashtag), dicendo in pratica ai turisti di non fare i turisti. In città è impossibile sedersi, se non ai tavolini di un locale, ed “è proibito sostare per consumare cibi o bevande, a esclusione delle aree in concessione ai pubblici esercizi e delle aree di ristoro specificamente individuate”, che sono solo sette e nessuna in centro, con buona pace delle Vacanze intelligenti, quelle in cui Remo e Augusta (alias Alberto Sordi e Anna Longhi) si concedono il lusso di una pizza in Biennale, appollaiati proprio sulle opere d’arte.
Tra i divieti più bizzarri spiccano i droni banditi dall’arenile di Forte dei Marmi e i picnic in cabina ostracizzati da Ostia, dove, oltre al pranzo al sacco, è proibito aprire una sdraio dopo le 20. A Rimini hanno vietato feste e festini in spiaggia di notte, in seguito alle violenze sessuali denunciate la scorsa estate, mentre a Budoni, in Sardegna, è multato pesantemente chi viene sorpreso ad “asportare qualsiasi elemento costituente il tessuto naturale dell’arenile, sabbia, ghiaia, ciottoli”; lo stesso vale a Is Aruttas, dove raccogliere la sabbia è equiparato al reato (penale) di furto.
Se alcune ordinanze paiono legittimamente dettate da motivi di ordine e decoro pubblici, altre suonano quantomeno forzate: direttamente dagli Stati Uniti arriva lo stigma del fumo, pure in spazi aperti come parchi e lidi, opportunamente ribattezzato smoke free beaches. La Liguria è anche in questo caso sul pezzo: a Savona è vietato fumare in alcune aree, mentre Bibione, nel Veneto, promette di diventare dal 2018 “totalmente smoke free”. Ultima moda o ultima spiaggia?