Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  luglio 25 Martedì calendario

Sudafrica, la bimba miracolo che batte l’Hiv senza farmaci

A soli 9 anni è già diventata un caso di studio internazionale. Una bambina sudafricana, contagiata dall’Hiv alla nascita, non presenta tracce del virus nel sangue nonostante non assuma farmaci anti-Hiv da ben otto anni. Ora si cerca nel suo organismo il segreto che le permette di tenere a bada il virus senza medicine. Il caso è stato presentato alla conferenza dell’International Aids Society a Parigi. Ma la notizia ha fatto presto il giro del mondo.
La bimba aveva contratto l’Hiv dalla madre nel 2007 alla nascita. I medici trovarono nel suo sangue un’alta concentrazione del virus. Come parte di uno studio, la piccola è stata sottoposta alle cure antiretrovirali già a 9 settimane di vita. I farmaci le sono stati somministrati per 40 settimane consecutive. Fino a quando i medici non trovarono più tracce di virus nel sangue. Ed è così già da otto anni e mezzo. In tutti i partecipanti allo studio, la piccola è stata l’unica a rispondere così bene alla terapia antiretrovirale precoce. Cosa che ha portato i medici a ipotizzare che il merito non va solo alla terapia precoce. «Non crediamo che la terapia antiretrovirale da sola possa portare alla remissione», spiega Avy Violari, responsabile della ricerca pediatrica alla Perinal Hiv Research Unit di Johannesburg. «Non conosciamo il motivo per cui questa bambina – continua – abbia ottenuto la remissione, ma crediamo sia collegata alla genetica o al sistema immunitario». Tesi su cui concorda Giovanni Maga, virologo dell’Istituto di genetica molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche. «Certamente l’aver somministrato una terapia aggressiva nelle primissime settimane di vita – commenta – ha permesso di ridurre significativamente la capacità del virus di creare serbatoi di latenza. Ma la risposta della bambina potrebbe dipendere dalla combinazione di fattori genetici e immunitari».
In realtà questo non è il primo caso al mondo di remissione. Ne sono stati documentati già altri 2 casi: un neonato del Mississippi in cui l’Hiv è tornato due anni dopo aver interrotto le terapie; e una bambina francese, trattata fino a 6 anni di età e che fino ai 20 non ha mostrato segni di ritorno del virus. Anche per la bimba sudafricana non si può parlare di guarigione. Se non c’è traccia di Hiv attivo nel suo corpo, il virus è stato rilevato nelle cellule immunitarie. Insomma, c’è ancora il rischio che la bimba possa dover ricominciare la terapia in futuro. Ma per il momento si continua a studiare questo caso eccezionale di remissione. «Sono necessari ulteriori studi per imparare come indurre una remissione a lungo termine dell’Hiv nei bimbi infetti», sottolinea Anthony Fauci, direttore del National Institute of Allergy and Infectious Disease (Usa), fra i massimi esperti di Aids. «Comunque questo nuovo caso rafforza la nostra speranza che, trattando i bimbi sieropositivi per un breve periodo nell’infanzia, si possa evitare loro il peso di una terapia lunga tutta la vita e le conseguenze per la salute del’’attivazione immunitaria a lungo termine, tipicamente associata con l’Hiv», conclude.