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 2017  luglio 25 Martedì calendario

Per un chilo di riso 3.400 litri d’acqua. La lotta per fermare lo spreco nei campi

Al nord pioggia, fulmini e grandine. Nel Vicentino i chicchi hanno spaccato anche le zucche. «Speriamo – dice Francesco Vincenzi, presidente dell’Anbi, l’associazione delle bonifiche italiane – che i temporali che hanno portato un po’ d’acqua e molti danni non facciano dimenticare la siccità. C’è ancora, è pesante e senza interventi immediati devasterà i nostri campi anche nei prossimi anni. Tutti parlano del lago di Bracciano ma la regione più colpita dalla crisi idrica è l’Emilia Romagna. Guai seri anche in Toscana, Basilicata, Calabria. Sono messi male i laghi di Garda, di Como, il Maggiore, l’Iseo… Il livello del Po continua a scendere. E c’è chi continua a sperare solo in Giove Pluvio».
I contadini sono nel mirino perché «consumano troppa acqua»: il 51 per cento del totale, dicono le statistiche. Per un chilo di mele 970 litri, 3.400 per un chilo di riso. «I coltivatori – aggiunge Vincenzi – usano l’acqua, non la consumano. Poi la restituiscono all’ambiente. E fanno di tutto per risparmiarla, anche perché la pagano cara. Il problema vero è che in Italia riusciamo a usarne soltanto l’11%. Il resto finisce in mare. Per questo facciamo di tutto perché ogni goccia sia usata per produrre reddito».
“Irriframe” è il nome del portale di irrigazione dell’Anbi, nato 4 anni fa per estendere in dieci regioni italiane il progetto Irrinet che invece – su iniziativa del Cer – Canale emiliano romagnolo – aveva mosso i primi passi nel 1984. «Allora non c’era Internet – racconta Paolo Mannini, direttore scientifico del Cer – e mandavamo informazioni ai coltivatori tramite il Videotel. Adesso usiamo i satelliti ed i droni e i contadini sanno ciò che debbono fare tramite computer e messaggini ma anche attraverso un’app, Irriframe Voice. “Signor Matteo Bruni, buongiorno. Lei oggi deve irrigare i peschi con 15 millimetri d’acqua. Nulla invece alle bietole”. Droni e satelliti sono in grado di conoscere il terreno e seguire la crescita delle piante. Indicano quando e quanta acqua usare».
Sono dodicimila solo in Emilia Romagna i coltivatori iscritti. «In regione in un anno risparmiamo 100.000 milioni di metri cubi d’acqua, 500.000 con l’app avviata da poco nel resto d’Italia. Usando questa sistema, risparmiamo di metri, tutti comandati da un computer. Irrigazione di precisione, ma anche riuso delle acque, che da rifiuto deve diventare risorsa. Un accordo per la sperimentazione di queste nuove tecniche di risparmio idrico è stato sottoscritto da Anbi e Cer anche con le Bonifiche Ferraresi (la più grande azienda agricola italiana, 5.500 ettari, che fra i suoi soci conta Carlo De Benedetti e i Consorzi agrari della Coldiretti).
«Il nostro obiettivo più urgente – dice Francesco Vincenzi dell’Anbi – è comunque quello di costruire nuovi bacini, piccoli e medi. Hai un bel da risparmiare, se le riserve sono esaurite. Al nord non se ne costruiscono da cinquant’anni e i risultati li stiamo vedendo. Al Sud, tramite la Cassa del Mezzogiorno, è stata invece preparata la diga in terra di Occhito, nella Capitanata. Una riserva di 300 milioni di metri cubi, che oggi permette di produrre il 60% del pomodoro italiano e gran parte dell’uva da tavola. L’export agroalimentare italiano è salito a 16 miliardi di euro e l’85% di questi prodotti arrivano da terreni irrigati. Ma in Italia su 12 milioni di ettari Sau – superficie agricola utilizzata – solo 3,3 milioni sono quelli dove l’irrigazione è possibile. Su questi terreni lavorano 3 milioni di persone, perché un ettaro irrigato ha una produzione 14 volte superiore a quello dove l’acqua arriva solo dal cielo».
Il progetto per la costruzione di 2.000 bacini medi e piccoli – spesa di 20 miliardi in vent’anni – è stato presentato l’altro giorno da palazzo Chigi. «L’importante è partire, 213 progetti sono già cantierabili». Paola Mercogliano, esperta del Centro euro- mediterraneo sui cambiamenti climatici, prevede «fra il 2012 ed il 2050 un aumento della siccità e una diminuzione del 20% delle piogge». «E pensare – racconta Francesco Vincenzi – che secondo la Direttiva europea 60 del 2000, ancora valida, l’irrigazione è giudicata “un danno ambientale”.