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 2017  luglio 25 Martedì calendario

Tagli ai fondi e poteri alle Regioni, così è tramontato il progetto della Grande protezione civile

ROMA L’anno è straordinariamente maligno, indubbio. Dal 15 giugno al 21 luglio – trentasei giorni di calendario – in Italia si sono registrati trentamila incendi boschivi, poco meno di cento al giorno. E 176 sono certificati come “grandi roghi”. Nella settimana dall’8 al 15 luglio è stata bruciata la stessa superficie dell’intero 2016. Le fiamme hanno incenerito pezzi di riserve protette: il Cratere degli Astroni nel Napoletano, il Parco nazionale del Vesuvio, la Pineta di Castelfusano a sud di Roma, il Parco naturale del Beigua tra Genova e Savona.
Ogni ettaro di macchia mediterranea trattiene duecento specie di animali e nelle foreste andate a fuoco per i prossimi quindici anni non si taglierà legna, non si raccoglieranno funghi e mirtilli. L’Italia non è mai stata così ricca di boschi: 10,9 milioni di ettari, raddoppiati dall’Unità d’Italia, ma oggi sono impenetrabili e indifendibili. Per comprendere il livello del disastro da fuoco, nel 1985 – la stagione peggiore da quando esistono le rilevazioni – gli incendi sono stati 18.664, poco più della metà rispetto a questo scorcio di 2017.
Il quadro drammatico, che contempla già quattro morti, rivela come nell’ultima decade la prevenzione e l’intervento sui roghi sono radicalmente cambiati. E come si sia impoverita la funzione della Protezione civile, così come era stata pensata da Giuseppe Zamberletti nel 1976 e come l’abbiamo conosciuta fino al pensionamento anticipato di Guido Bertolaso nel 2010. Oggi sugli incendi boschivi intervengono i Vigili del fuoco. Punto. Non esiste più il Corpo forestale, che del territorio montano ha conoscenza e memoria: lo scorso gennaio è stato assorbito dai Carabinieri e sulle fiamme non interviene né a terra né dal cielo. Si è ridotto platealmente, questo è il punto centrale, il ruolo del Dipartimento di Protezione civile, cosa che ha fatto riemergere i singoli corpi come ai tempi del sisma del Friuli. Si è visto dopo i tre grandi terremoti del 2016 e ancora di più a Rigopiano, quando l’assenza di una voce unica ha fatto sì che ogni istituzione riferisse il proprio numero di deceduti e di sopravvissuti alla valanga. In quell’occasione il rapporto tra Vigili del fuoco e Soccorso alpino ha raggiunto livelli di tensione inediti.
Nel Paese c’è una forte pulsione alla protezione civile volontaria, ma iniziano a mancare mezzi economici e politiche attive per coordinarla. I Vigili del fuoco dominano la scena. La legge delega di riordino del sistema del 16 marzo scorso lo ha sancito: «Nell’immediatezza dell’evento calamitoso assumono la responsabilità del soccorso urgente». Sugli incendi di bosco i vigili hanno ereditato 361 forestali e dal 2013 gestiscono i diciannove Canadair della flotta nazionale, i ventidue elicotteri. Rispetto agli “anni orribili” del passato: 1981, 1993, 2007, la superficie bruciata oggi è inferiore. Questo perché con i Canadair s’interviene di più (1.025 richieste quest’anno) e con più celerità rispetto a trentasei anni fa, a dieci anni fa. Il Paese riconosce ai vigili professionalità e audacia, ma la categoria denuncia un sottorganico di 3.314 uomini. «Per svolgere in concorso con le Regioni l’antincendio boschivo servono almeno cinquemila vigili in più», dice il sindacato autonomo.
Il ridimensionamento della Protezione civile è iniziato con Giulio Tremonti alla guida dell’Economia nel Berlusconi quater. Dal 2001 al 2009 il Dipartimento aveva organizzato, tra i molti Grandi eventi, la canonizzazione di Padre Pio e i Mondiali di nuoto di Roma insieme alla cricca della Ferratella: 587 ordinanze in otto anni, 10,7 miliardi spesi extra bilancio. Chiusa l’era Bertolaso, la Protezione è stata scientemente sgonfiata. Dei suoi eccessi e delle naturali competenze. Nel 2012 ha perso la prevenzione strutturale, nel 2013 la flotta aerea. Dai 3 miliardi e 595 milioni a bilancio in quella stagione è passata ai 382 milioni di quest’anno. E nel 2017 il governo le ha tolto altri 76 milioni.
Il Dipartimento spiega che dal 2001 il sistema si è regionalizzato, ma il capo della Polizia, Franco Gabrielli, al vertice della Protezione civile ai tempi della Costa Concordia, ha spiegato: «Abbiamo la più ampia flotta aerea pubblica al mondo, solo che le Regioni sono inadempienti. La Campania non ha mezzi adeguati, la Sicilia è ai minimi termini». Il federalismo della Protezione, ecco, fatica. In Sicilia il 51 per cento dei comuni non si è dotato di un Piano di emergenza, nel Lazio il 34 per cento. Campania e Lazio non hanno approvato il Piano antincendio boschivo. Sono tutte regioni sotto l’assedio del fuoco. E i tagli ora toccano le strutture locali di Protezione civile.
Anche le riserve sotto tutela hanno le difese abbassate. Su 24 parchi istituiti su carta, due non hanno piano antincendio, undici sono senza direttore.