Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  luglio 25 Martedì calendario

Cattaneo lascia Telecom con una buonuscita di 25 milioni maturata in 16 mesi

La Borsa di Milano ieri è stata la migliore in Europa, con un guadagno però minimo di poco superiore allo 0,5%. Il titolo di maggiore spolvero risulta Tim: 3,82%. Banca Akros ha commentato così questa bella performance: «L’uscita di Cattaneo è negativa per il breve periodo ma per lo più già digerita dal mercato date le continue voci. L’incertezza potrebbe essere equilibrata da un rapporto più positivo con il governo e sulla speculazione per eventuali corporate action (vale a dire la separazione della rete)».  

Tradurre, prego.
Da sedici mesi l’amministratore delegato di Telecom è Flavio Cattaneo, il marito di Sabrina Ferilli, che fu anche direttore generale della Rai. L’uomo che decide le cose di Telecom è il francese Vincent Bolloré. Vincent Bolloré è il capo di Vivendi, e Vivendi possiede il 23,94% di Telecom, quanto basta per comandare dato che la gran parte delle azioni Telecom è spezzettata soprattutto in Borsa. Cattaneo aveva un contratto fino al 2020, e doveva raggiungere certi obiettivi. Benché il titolo in Borsa fosse di solito in flessione (-15% in questi sedici mesi), Cattaneo era sulla buona strada e, come sapremo il prossimo 27 luglio (giorno in cui si comunicheranno i risultati della seconda trimestrale), tagliando e razionalizzando avrebbe recuperato all’azienda un miliardo di euro. Ma, pochi giorni fa, s’è saputo che Bolloré si voleva liberare del suo amministratore delegato. E infatti alla fine se n’è liberato e il consiglio d’amministrazione di ieri ha approvato il licenziamento e, soprattutto, la buonuscita concordata.  

So anch’io di questa buonuscita, senza che me lo dica lei. Intorno ai 30 milioni di euro, e non è escluso che siano 40.
Sono 25. Il cda di ieri ha approvato a maggioranza col parere contrario dei sindaci. Lo scandalo generale è naturalmente enorme. Strepiti di Sinistra italiana, vergogna della Lega, eccetera eccetera, con tanti disoccupati, eccetera eccetera. Le solite cose. Si deve ricordare tuttavia che Telecom è una società privata e dei suoi soldi fa quello che vuole. I milioni che finiranno nelle tasche di Cattaneo - secondo alcuni più di quanto ha guadagnato in tutta la vita - discendono inoltre da una clausola sottoscritta all’atto dell’assunzione. Cattaneo, alle grida dei moralisti, ha risposto così: «La cifra non ha nulla di scandaloso, né di disdicevole. Ho la coscienza assolutamente a posto. Il mio obiettivo in Telecom era migliorare alcuni parametri che sono stati migliorati. In molti casi anche in anticipo rispetto alle scadenze previste. A questo era legato il mio contratto che adesso viene semplicemente rispettato. Io sono un professionista e non un normale manager. Chi mi chiama in azienda lo sa e ci si accorda di conseguenza. Non a caso solo il 10% della mia retribuzione in Telecom – 1,2 milioni l’anno – è fissa, mentre il 90% è variabile e dipende dai risultati raggiunti».  

Ma se è tanto bravo e ha fatto così bene, perché lo mandano via in anticipo?
È la domanda giusta. E la risposta è: c’è una questione politica. La questione politica è questa: Telecom ha una rete, vecchio stile, cioè fatta di rame, con cui distribuisce i dati sul territorio. Valore di bilancio: 15 miliardi. Quando era in auge, Renzi voleva che Cattaneo ammodernasse la sua rete, sostituendola con la fibra ottica. Allo scopo pretendeva che Telecom comprasse una società che si chiama Metroweb e che ha già cablato Milano. Cattaneo ha risposto qualcosa come: la rete ce l’ho già, cosa mi vado a mettere in casa questa Metroweb?, con questa presa di posizione qualificandosi come nemico del governo. Renzi allora fece ricorso all’Enel, che ha a sua volta una rete, quella che fa arrivare la luce alle nostre lampadine. L’Enel, alleandosi con Cassa depositi e prestiti, ha dato vita a una società che si chiama Open Fiber e che si propone di cablare il Paese con la fibra ottica. Quello che Cattaneo non aveva voluto fare.  

Siamo abbastanza ricchi da poterci permettere due reti di telecomunicazioni?
Si direbbe di no, ma in ogni caso: Cattaneo ha reagito alla nascita di Open Fiber (un concorrente temibile se riuscirà a fare davvero quello che si propone) annunciando a sua volta che avrebbe cablato il Paese fino agli armadi telefonici che si trovano mediamente a cento metri di distanza dalle abitazioni. Avrebbe deposto le fibre anche nelle zone dove la domanda di connessione è scarsa o nulla. Praticamente una dichiarazione di guerra al concorrente pubblico Open Fiber.  

Che c’entra questa guerra mondiale col licenziamento di Cattaneo?
La guerra difensiva annunciata da Cattaneo sarebbe finita  probabilmente con una qualche intesa, e l’intesa avrebbe fatto entrare in qualche modo Open Fiber in Telecom. Bolloré, sospettando che quella guerra fosse finta, e non volendo in casa partner scomodissimi come quelli dell’Enel, ha preferito mandar via il suo manager. E se si fosse sbagliato e la guerra fosse stata vera? Anche in questo caso, meglio tagliare: Bolloré è già in guerra con Berlusconi per la vertenza Mediaset Premium, è accerchiato dalla Consob, dall’Agcom e dalla Guardia di Finanza, insomma in Italia è messo in una posizione molto scomoda. Un nuovo fronte sul lato Telecom - deve aver pensato - è assolutamente da evitare.