Libero, 23 luglio 2017
Terremoto alla Tim. La vera storia dei 40 milioni a Cattaneo
Gli affari sono affari. Così Vincent Bolloré ha dato un calcio alle convinzioni per stare attento alle convenienze. Con il licenziamento in tronco di Flavio Cattaneo da Tim (con sontuosa liquidazione) ha scelto di virare a sinistra votando per il governo Gentiloni e soprattutto per Matteo Renzi. C’è anche questo dietro il terremoto che ha investito il gruppo telefonico. C’è la giravolta del finanziere francese che, anche a casa sua, non ha mai nascosto le simpatie per il centro-destra. Non a caso Nicolas Sarkozy aveva festeggiato l’elezione alla Presidenza della Repubblica con una crociera nel Mediterraneo ospite del patron di Vivendi.
Anche Flavio Cattaneo, ha svolto gran parte della sua carriera all’ombra delle bandiere di Forza Italia (Fiera Milano, Rai, Terna). Forse c’eras anche la benedizione del Cavaliere nella nomina a Tim tenendo conto che in quel momento i rapporti fra il capo di Forza Italia e i Bollorè erano ancora eccellenti. Pessimi, già allora, quelli con il governo. Le indiscrezioni di quei giorni dicevano che a Palazzo Chigi non era stata nemmeno usata la cortesia dell’informazione preventiva.
Lo scontro fra Cattaneo e Renzi esplode subito perchè Tim si rifiuta di appoggiare il governo nel piano per la banda larga fortemente voluto dall’ex premier. Lo scontro si consuma su Metroweb, la società che ha cablato Milano, Torino e poco altro. Il governo preme su Tim perchè l’acquisti. Cattaneo rifiuta. Il mese scorso, nel corso di una audizione in Parlamento rivela che, durante la trattativa era stato sottoposto a pressioni che definisce «irricevibili» da parte di chi vorrebbe spingerlo ad acquistare Metroweb.
L’opposizione a Renzi mette Cattaneo nella lista nera. Il governo, nell’aprile dell’anno scorso, chiama in partita la solita Cdp insieme all’Enel il cui amministratore delegato, Francesco Starace, in attesa di conferma, ha difficoltà a tirarsi indietro. Nasce così Open Fiber a controllo condiviso fra le due aziende. Il battesimo della società della banda larga a controllo pubblico avviene con tutti gli onori. Come amministratore delegato viene scelto Tommaso Pompei. Un manager carico di esperienza (Olivetti, Wind, Tiscali) ma anche di anni: compirà 75 anni fra due settimane.
Open Fiber acquista Metroweb e comincia a lavorare. La partenza non è semplicissima anche perchè l’azienda è tutta da costruire. Il governo mette sul piatto incentivi per circa tre miliardi che serviranno per portare la banda larga nelle aree a fallimento di mercato. Dove, cioè, la domanda è troppo scarsa per giustificare l’investimento. Le gare sono aperte tanto a Tim quanto Open Fiber. Cattaneo però rompe il tavolo dicendo che i bandi sono costruiti su misura per l’operatore pubblico. Tranne poi fare una virata affermando che Tim porterà la fibra ottica anche nei più sperduti borghi di montagna a spese proprie. Non ha bisogno dei contributi pubblici. Volano parole grosse fra lo stesso Cattaneo e il ministro Calenda che ovviamente difende Open Fiber e la regolarità dei bandi. A Palazzo Chigi non ci mettono molto a capire la trappola in cui rischiano di infilarsi. Al primo metro di fibra ottica collocato, senza gara, dalla società pubblica nelle aree sussidiate partirebbe la procedura d’infrazione per aiuti di Stato. Eì un gran problema, ma non il solo. Si fa strada una evidenza: hanno senso due reti a fibre ottiche in Italia? Sarebbe come costruire un’altra linea ferroviaria ad Alta Velocità. C’è tanto traffico da giustificare la spesa? E poi: che speranze ci sono di guadagno per Open Fiber se alla sua rete non si abbona anche Tim?
Il ministro Calenda alza segnali di pace dicendo che due reti sono troppe e che bisogna trovare una soluzione. Bolloré risponde con il licenziamento di Cattaneo diventato un ostacolo alla trattativa. Il capo di Vivendi non ha più interesse allo scontro con il governo. Rischia, infatti, l’isolamento totale sul fronte politico avendo già litigato con Berlusconi a proposito di Premium. Inoltre si trova nel mirino dell’Agcom, della Consob e ora anche della Guardia di Finanza. Deve assolutamente rompere l’accerchiamento che rischia di soffocarlo. Aveva sperato di farlo sui diritti del calcio. Avrebbe gradito che Cattaneo arrivasse all’accordo con Mediaset sul pallone ottenendo così un doppio risultato: uno economico e l’altro politico tornando a fare affari insieme a Berlusconi.
L’ad, non ha chiuso l’accordo con il Cavaliere e nel frattempo ha alzato i toni con il governo. Bolloré ha scelto il divorzio. Tanto più che, da quando c’è Cattaneo il titolo Tim ha perso il 15 per cento.