Dieci anni di Repubblica, 31 luglio 1977
Se lottizza anche il Pci/1
Il centro-sinistra cadde per molte ragioni, ma credo che tutti siano convinti che una delle principali sia stata il largo e pessimo uso del sottogoverno e della lottizzazione delle cariche, elevati a sistema. «Volete dunque» obbiettavano in quegli anni i socialisti «lasciare tutto nelle mani della Dc? Non è meglio che ci sia anche qualcuno dei nostri a controllare la gestione degli enti pubblici?».
E ancora: «Il fatto d’avere in tasca la tessera del partito deve dunque rappresentare un elemento negativo? Noi non vogliamo elevare a cariche pubbliche persone scelte sulla sola base della tessera, ma non vogliamo neppure che l’appartenenza ad un partito determini una vera e propria discriminazione».
Si è visto come son finite le cose: sono finite nel modo peggiore, sommando ai gravissimi difetti del sottogoverno democristiano i difetti ancora più gravi d’un sottogoverno a mezzadria, regno di incompetenti e di corrotti, dove tra l’altro il «socio» socialista aveva sempre un ruolo di pura e semplice copertura. I socialisti, d’altra parte, ne sono ormai più che convinti, anche se di tanto in tanto l’antica tentazione sembra rispuntare dietro il «me poenitet».
Ricordo queste vicende, peraltro recenti, perché un processo analogo potrebbe riprodursi per quanto riguarda il Pci, ora che i comunisti sono entrati anch’essi a far parte dell’area del potere e le ingiuste discriminazioni nei loro confronti sono finalmente cadute.
I comunisti hanno sempre respinto l’ipotesi della lottizzazione delle cariche di sottogoverno. In particolare per quanto riguarda le nomine bancarie, hanno preferito bloccare il rinnovo di organi da tempo scaduti pur di impedire una pura e semplice «spartizione delle spoglie».
Ma, nonostante quest’atteggiamento degno di lode, stanno arrivando da qualche giorno segnali allarmanti, tali da far sospettare che la rigorosa intransigenza del Pci si stia ammorbidendo.
Il primo segnale si è avuto con l’ultima infornata di nomine alla Rai, dove uomini del Pci sono stati inseriti in cariche di direzione e di gestione, dopo attenti e faticosi dosaggi con i candidati delle altre forze politiche.
Ne sono nate polemiche all’interno stesso del partito e l’Unità ha preso le difese dei «nominati» rispolverando il vecchio argomento che l’appartenenza ad un partito non deve rappresentare né elemento in favore né elemento contro un candidato competente.
In teoria è una posizione corretta, ma abbiamo già ricordato come è finita, né si vede perché i comunisti dovrebbero uscire indenni dalle paludi nelle quali affondarono i socialisti se non ricorrendo a differenze «antropologiche» che sono, ovviamente, fuori questione.
Ma un secondo segnale è ancora più allarmante e proviene proprio dal settore bancario. Il 19 luglio, dopo una lunga trattativa durata quaranta giorni, i dirigenti del Pci, Dc, Psi, Psdi, Pri, Pli di Siena hanno concluso un accordo e firmato un documento comune, relativo alle nomine da effettuare negli organi direttivi del Monte dei Paschi, della Banca Toscana, del Credito Lombardo e dell’Istituto Federale di Credito Agrario: un complesso imponente, con sportelli su tutto il territorio nazionale e importanti rappresentanze anche all’estero.
L’accordo, così come lo riporta il giornale locale del Pci prevede quanto segue. 1) Le presidenze dei quattro istituti verranno assegnate: due alla Dc, una al Pci e una al Psi. 2) Le vice-presidenze andranno: due al Psi, due al Pci, una alla Dc. 3) La presidenza del Monte dei Paschi sarà decisa sulla base d’una intesa tra le segreterie nazionali dei partiti firmatari dell’accordo. 4) Gli otto posti nel consiglio d’amministrazione del Monte saranno assegnati: tre alla Dc, due al Pci, due al Psi, uno al Psdi. 5) I sindaci effettivi saranno designati da Pci e Psi, mentre i sindaci supplenti spetteranno alla Dc e al Pli. 6) Nel consiglio della Banca Toscana sette saranno i posti per la Dc, quattro per i socialisti, tre per i comunisti; uno per i liberali e uno per i repubblicani. 7) Al Credito Lombardo ci saranno cinque democristiani, tre comunisti, due socialisti, un repubblicano, un liberale. 8) Altre centinaia di nomine (prosegue il giornale locale del Pci) nelle partecipazioni estere del gruppo e in società e istituti controllati saranno ripartite con analoghi criteri.
Messa a posto la questione degli organi direttivi, il documento si dilunga poi nel prescrivere i criteri operativi ai quali le quattro banche dovranno ispirare la loro azione in materia di concessione di crediti, garanzie, tassi, ripartizione degli utili, politica del personale e quant’altro attiene alla politica bancaria scendendo ai più minuti dettagli.
Siamo in sostanza di fronte ad una gigantesca lottizzazione tra i partiti e alla pressoché totale scomparsa d’ogni autonomia operativa da parte dei dirigenti bancari.
Né può valere l’eventuale obiezione che questo regime non innova nulla di quanto già non avvenisse in precedenza, se non di far largo anche ai comunisti laddove prima essi risultavano ingiustamente esclusi. Non è infatti questo che la pubblica opinione si attende. Si attende anzi il contrario e cioè un colpo di scopa che sgombri il campo dalla «divisione delle spoglie» e proceda esclusivamente sulla base delle competenze tecniche e dell’autonomia operativa.
L’onorevole Andreotti, in una sua recentissima intervista a questo giornale, ha manifestato il proposito che l’interferenza dei partiti sulla gestione «professionale» diminuisca. Non pare che si stia andando in questa direzione. L’onorevole Berlinguer e, per quanto riguarda specificamente l’economia, l’onorevole Luciano Barca (1), hanno affermato risolutamente che l’epoca delle lottizzazioni è finita per sempre. Anche a Siena? Non parrebbe.
Segnaliamo infine quanto accade all’ottimo amico Fortebraccio. L’altro giorno egli ci ha promesso pubblicamente che, se del caso, userà la frusta dell’ironia anche contro i suoi. Forse quel momento è arrivato.
Note: (1) Responsabile della sezione Riforma e programmazione del Pci.