Libero, 22 luglio 2017
Il cervo nobile. Trenta esemplari saranno liberati in val Seriana: è l’habitat ideale per farli vivere e riprodurre
Le nostre vallate (Val Brembana, Val Seriana e Val di Scalve) fanno parte del parco delle Orobie bergamasche, un territorio molto ampio e dalla spiccata biodiversità faunistica e floreale. Oltre a cime montuose imponenti – il Pizzo Coca ad esempio raggiunge i 3050 metri –, possiamo vantare la presenza di bellissimi laghi e cascate, tra le quali degne di nota sono certamente quelle del Serio, le più alte d’Italia. La fauna è rappresentata da volatili come aquile, gheppi e civette; tra i mammiferi selvatici troviamo ermellini, marmotte e i più grossi ungulati quali cervi, stambecchi e caprioli. Ogni anno il comprensorio alpino delle Prealpi bergamasche effettua un censimento per monitorare, ed eventualmente correggere, la densità delle popolazioni di ruminanti selvatici presenti sul territorio. Grazie alla polizia forestale, a cacciatori esperti e al prezioso aiuto dell’istituto zooprofilattico di Bergamo, è possibile conoscere anche lo stato di salute degli animali e avere un quadro delle malattie presenti.
Nel 2016 caprioli, camosci e cervi hanno mostrato una crescita della popolazione, godendo, oltretutto, di un buono stato di salute. In val Brembana, in particolare, il cervo si è adattato bene e gli esemplari sono in aumento. Ma è proprio di questi giorni la notizia di una futura reintroduzione in alta Val Seriana del bellissimo cervo nobile (Cervus elaphus). Negli anni passati alcuni esemplari provenienti dalla Francia erano stati trasferiti nella nostra valle, come già realizzato per stambecchi e camosci negli anni ottanta e novanta.
DAL PARCO STELVIO
I futuri abitanti, una trentina di esemplari di diversa età, provengono dal Parco nazionale dello Stelvio, dove il loro numero risulta in eccesso. Verranno liberati nell’arco di tre anni e troveranno nei boschi intorno alla zona del comune di Gandellino un ottimo habitat per vivere e riprodursi. Il cervo nobile infatti ama i boschi di latifoglie e alberi resinosi, alternando il suo girovagare nella boscaglia a momenti di pascolo su radure di sottobosco. Da buon ruminante quale è, si nutre di erbe, radici e bacche; si dimostra ghiotto delle morbide gemme degli alberi più giovani, possibile problema per la crescita della vegetazione boschiva. Quando il clima invernale rende la scarsa la presenza di cibo, ecco che questo animale, scendendo di quota ed entrando nel cosiddetto home range invernale (territorio abitativo invernale), è obbligato a mangiare cortecce, ramoscelli e, perché no, ghiande o castagne. Per non sprecare troppa energia, riduce gli spostamenti ed evita attività stressanti, quali lotte con maschi avversari o accoppiamenti. La società dei cervi
gruppi di 6-12 femmine, con i cerbiatti appena nati e i giovani dell’anno precedente, sono guidati da un esemplare adulto. Colpisce l’eleganza di queste signorine dal mantello corto di colore bruno rossiccio. Hanno arti affusolati e agili, un muso allungato, sottile, reso terribilmente espressivo da grandi orecchie e da un paio è di tipo matriarcale: di occhi scuri e con ciglia folte, “da cerbiatta” per l’appunto. Se qualcuno di voi lettori ha in mente il cartone Disney “Bambi”, saprà certamente quanto sono adorabili i cerbiatti appena nati, con quelle zampe oblunghe, che rendono difficile mantenere l’equilibrio, e il tipico mantello marrone chiaro a macchie bianche.
I cervi maschi vivono da scapoli isolati, a volte con un compagno. Sono più pesanti, potendo raggiungere i 250 chili di peso. Hanno un corpo robusto e un collo possente che conferisce loro un che di nobile e fiero nell’aspetto. Secondo uno studio canadese, tuttavia, pare che le femmine siano più longeve dei maschi, in quanto hanno un comportamento più prudente ed imparano ad evitare i cacciatori. I cervi maschi, sfortunatamente, sono una preda più ambita a causa delle loro maestose corna, chiamate anche palco, prerogativa esclusiva dei maschi. Si tratta di appendici del cranio dalla forma ramificata, ma si differenziano dalle corna dei bovini in quanto non hanno rivestimento corneo e ogni anno cadono per ricrescere da zero. Osservandole attentamente, si può notare il loro particolare aspetto vellutato, dovuto ad un tessuto di rivestimento, il velluto, innervato e vascolarizzato.
STAGIONE DELL’AMORE
Ogni anno in tarda estate i cervi, sfregando le corna sulla corteccia degli alberi di conifere, si liberano del velluto mostrando così il reale aspetto del corno. Nella primavera successiva i cervi perdono totalmente il loro palco, che ricrescerà come il precedente, ma con una punta in più. Un momento suggestivo della vita di questi ungulati è la stagione degli amori, da metà settembre a metà ottobre circa. Essa si svolge in veri e propri “campi d’amore”, cioè prati o radure nei quali si aggirano i gruppi di femmine. Come ogni maschio che si rispetti, anche il cervo nobile si pavoneggia e si rende riconoscibile agli occhi delle cerbiatte. Gli scontri con i rivali sono immancabili, un incrocio di corna che fa girar la testa. Ma fortunatamente i due contendenti sanno regolarsi con la violenza e il più debole si accorge per tempo della superiorità del rivale e batte in ritirata. Se qualche volta le nostre chiacchiere da ragazze sono paragonate ai rumori di un pollaio, il cervo non si può certamente definire un animale e un amante silenzioso.
Il “bramito” è quel particolare verso emesso dai maschi in amore per farsi notare dalle future mogli, nonché per manifestare la propria presenza ad altri concorrenti. Da esperte e furbe spettatrici, come in un talent show, le femmine ascoltano, valutano l’intensità e la frequenza dei bramiti emessi dai partecipanti alla competizione, riconoscendo persino se il cervo in questione è un soggetto già familiare o una new entry. Terminata la stagione dei canti, questo animale ritorna quietamente tra le ombre dei boschi: nella cultura celtica infatti il cervo è uno spirito protettore della madre Terra; esso diviene il simbolo della natura che vive, muore e si rinnova senza sosta. Non ci rimane quindi che attenderne il grande ritorno.