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 2017  luglio 22 Sabato calendario

Stipendi d’oro e benefit: la vera casta è europea

La Commissione europea ha promosso sei funzionari al grado massimo della sua gerarchia, il sedicesimo, il più alto scalino per prestigio e remunerazione. Si tratta di un inglese, un italiano, uno sloveno, un greco, un danese e uno spagnolo. Tutti rigorosamente uomini. Il che non è un fatto irrilevante, in quanto mentre le promozioni sono avvenute silenziosamente, con gran baccano invece mercoledì scorso la Commissione lanciava una «Carta per la diversità e l’inclusione», e rendeva noto un piano per arrivare al primo novembre 2019 con almeno il 40% dei dipendenti interni di sesso femminile. 
Nulla di cui stupirsi, perché per la Commissione ha già ampiamente dimostrato quanto sia abile a predicare bene e razzolare male, cioè fare l’esatto contrario di quello che impone agli stati membri dell’Unione. Ricordate l’austerity, i tagli dei dipendenti statali, dei loro stipendi, quelli ai costi della politica, alle pensioni e via di questo passo? Ebbene questi sono valsi per molti, ma non certo per il mastodontico apparato di Bruxelles e satelliti. I sei funzionari di cui sopra, ad esempio, inquadrati come AD16, andranno a percepire inizialmente la «modica» cifra di 18mila e 40 euro lordi al mese, per un totale annuale che sfiora i 250mila. Certo, direte voi, ma qui si tratta dei vertici, di pochi cervelloni che muovono gli ingranaggi della grande Europa. Per la verità non è esattamente così. Va ricordato infatti che uno degli argomenti che impressionò maggiormente i britannici che poi votarono per la Brexit fu quello di scoprire che almeno un quinto dei funzionari Ue prendeva, e prende tutt’ora, più di 142mila sterline l’anno, al cambio attuale quasi 160mila euro, ovvero di più dello stipendio del premier inglese, all’epoca David Cameron, ora Theresa May. Senza considerare che di queste 142mila sterline la signora May ne porta a casa, a Downing Street, 81mila, mentre al beato funzionario dopo la ritenuta fiscale ne rimangono ben più di cento. 
I dipendenti Ue infatti non pagano un’imposta sul reddito nazionale come tutti i terrestri, bensì una sul reddito comunitario che è stata stabilita tra l’8 e il 45% tutto compreso, e in modo ben poco progressivo, tanto che la stessa Commissione calcola che la gran parte degli stipendi è tassato con un’aliquota compresa tra il 12 e il 25%. Al funzionario Ad11 ad esempio, che percepisce uno stipendio di 125mila euro lordi, viene calcolata una aliquota del 13,4%. Gli inglesi rimasero basiti anche nello scoprire che il neo-assunto a Bruxelles prende qualcosa come 36mila euro all’anno lordi, cioè 2.800 mensili più tredicesima, mentre la media degli stipendi pubblici inglesi arriva a malapena a 25mila euro. 
Fossero solo gli stipendi potremmo anche farcene una ragione. Il fatto è che i sei funzionari appena promossi e tutti gli altri 32.540 dipendenti della Commissione godono anche dei famosi «benefit». E qui c’è solo da sbizzarrirsi, perché questi benevoli aiutini accompagnano il fortunato vincitore della lotteria di Bruxelles dal giorno in cui mette la firma sul contratto a quello in cui viene disgraziatamente tumulato e oltre. Pronti via il dipendente Ue ha da subito diritto una una serie di rimborsi che servono ad alleviare le noie di un eventuale cambio di città. Il trasloco naturalmente è tutto a carico della Commissione, cioè nostro, come pure due mesi aggiuntivi di stipendio. In più però il dipendente espatriato ha diritto ad un aumento di stipendio vita natural durante del 16%, chiamato «indennita di dislocazione». Questa percentuale si applica anche sull’assegno familiare previsto per i figli a carico, pari a 397 euro mensili a testa. Per ogni figlio spetta anche un’indennità scolastica di 97 euro fino ai 5 anni e di 269 euro dal sesto al 26esimo anno di età. Naturalmente non dimentichiamo i consorti o partner che siano, la cui sola esistenza vale un aumento mensile di 181 euro mensili, maggiorato del 2% dello stipendio intero. Insomma a torta finita se il funzionario AD11 di cui parlavamo ha una moglie e due figli arrotonda lo stipendio annuale di circa 10mila euro. Naturalmente a tutta la famiglia spetta anche l’assicurazione sanitaria, per l’80% a carico della Commissione. Tutto questo per 8 ore di «duro», si fa per dire, lavoro giornaliero, 24 giorni di ferie l’anno, 18 festività e permessi vari. 
Non dimentichiamoci infine delle pensioni, che meriterebbero un capitolo a parte in quanto fu proprio l’Europa ad esigere che noi italiani cambiassimo il nostro sistema di calcolo retributivo considerato troppo dispendioso. Ebbene i funzionari Ue ricevono come pensione per ogni anno di servizio l’1,8% dell’ultima retribuzione base, cioè poco meno di quel 2% che il nostro retributivo garantiva per le retribuzioni basse e medie, ritenuto insostenibile, ma il doppio di quello 0,9 % che lo stesso calcolava per le fasce di reddito alte. Oltretutto, come detto, il calcolo viene fatto solo sull’ultimo anno di lavoro, e nemmeno sulla media degli ultimi cinque come facevamo noi. L’età pensionabile poi per i dipendenti Ue è di 65, di un paio di anni più bassa della nostra.