la Repubblica, 22 luglio 2017
L’estate dell’e-bike, ma è allarme sui trucchi per farne un motorino
ROMA Nell’oscurità del buon senso smarrito, un esercito di furbetti rischia di azzoppare un’invenzione meravigliosa: la bicicletta elettrica, che sta silenziosamente cambiando la mobilità nelle città intasate da traffico e smog. Ha surclassato i ciclomotori e avanza con un ritmo di vendite più che raddoppiato in un anno, eppure è assediata dal mercato parallelo dei kit per truccarla, e dalla mala fama di una finta bici che sfreccia come un motorino senza averne le caratteristiche di sicurezza. Nei giorni scorsi, i vigili urbani di Napoli hanno gettato le reti per acciuffare le e-bike non in regola, e hanno fatto una pesca miracolosa di motorini travestiti da bici, sequestrandone 15.
Basta fare un giro su internet, cercare «kit per e-bike», ed ecco alla luce del sole i mille modi per avere un motorino di fatto senza dover pagare bollo e assicurazione, senza averlo dovuto immatricolare e senza neppure dover avere il casco. Né freni adeguati, che inutile scocciatura.
È illegale, tutto ciò? «Purtroppo esiste una grossa zona grigia – dice Piero Nigrelli, direttore del settore ciclo di Ancma-Confindustria – quando si manomette, e le responsabilità sono a carico dell’utente finale. Ci sono software che si scaricano dal web, esistono metodi artigianali come magneti che si attaccano al motore... Ma è bene che l’utente lo sappia, la furbizia si paga cara: non solo perderà all’istante la garanzia, ma rischierà il sequestro e la distruzione del mezzo con una multa fino a oltre 1.400 euro. E in caso di incidente, la sua posizione sarà più grave».
L’unica norma che sancisce cosa sia un’e-bike, o meglio una bicicletta a pedalata assistita, è per difetto: per lei non ci sono regole, a patto che abbia un motorino elettrico meno potente di 250kw attivabile unicamente pedalando, cioè senza acceleratori sul manubrio; e che l’aiutino per pedalare si esaurisca progressivamente avvicinandosi alla velocità di 25 chilometri all’ora, quando ti lascerà inesorabilmente solo con la potenza dei tuoi polpacci.
Ce n’è abbastanza per andare a lavorare senza appestare i colleghi per la sudata, lei ti accompagna docile dandoti quel pizzico di prezioso supporto in salita e al semaforo quando devi ripartire. «I dati delle vendite in Italia sono straordinari, perché è uno strumento ideale: non essendo classificata come ciclomotore, non ha costi fissi di assicurazione e bollo, non passa dal benzinaio, ma ti aiuta quando devi faticare. È perfetta anche per gli anziani, che in bici non ci andrebbero o non possono più andarci. Ma le regole bisogna rispettarle». I dati sulle vendite danno ragione all’e-bike: nei negozi, anche ora che è stagione e dovrebbero essere riforniti, «ti devi accontentare di quello che trovi, tutte le aziende produttrici sono in affanno», spiega Nigrelli. Le vendite di bici tradizionali calano, quelle di e-bike esplodono. I suoi tre assi nella manica, rispetto alla sorella maggiore” a trazione esclusivamente umana, sono «la percezione di minore pericolosità, perché ti consente più spunto al semaforo e in salita e ti fa sentire meno in balia del traffico; e poi la fatica drasticamente ridotta, e la consapevolezza che difficilmente te la ruberanno, se porterai via batteria e centralina: il ladro dovrebbe spendere quasi mille euro per ricomprarle».
Eppure, centinaia di rivenditori propongono anche bici non in regola con il codice della strada. È la pericolosissima zona grigia: la legge non impedisce di produrre e vendere bici più potenti, purché siano omologate. Però devono essere immatricolate, per circolare su strada. Ma se la e-bike potente ha un limitatore di velocità? E se quel limitatore lo si potesse mettere fuori gioco con una app sul telefonino? Ecco, appunto: «Ehi, guarda come fila quella bici!».