la Repubblica, 22 luglio 2017
Sebastian il Nero, il Macron di destra che attacca Roma per prendersi l’Austria
Il «Ministro della disintegrazione», come l’ha chiamato un giornale viennese, ha il capello fluente riavviato all’indietro, la camicia bianca aperta sul petto, la giacca sagomata ai fianchi, il sorriso da seduttore che non è cambiato da quando, qualche anno fa, veniva fotografato al volante del suo Suv nero più simile ad un carrarmato che ad un’automobile. Affabile, di ottime maniere, Sebastian Kurz sorride quando dice: «Ti posso portare un bicchiere d’acqua?», ben sapendo che dare del tu in Austria è un atto spiazzante, specie se pronunciato nelle magnificenti stanze del potere di Vienna. Stanze che ha cominciato a terremotare a partire dal 2013 sull’onda di un primato da Guinness: il più giovane ministro degli Esteri della storia, soli 27 anni, responsabilità che si cuce addosso con un faccino pulito da primo della classe e l’ambizione del rottamatore anti-migranti in salsa austro-ungarica.
Il fatto è che Kurz è oggi il politico più amato d’Austria, ed uno dei più controversi, per non dire temuti, d’Europa. Dietro alle ripetute minacce di chiudere il Brennero c’è lui, da poche settimane capo indiscusso dell’Oevp, il partito popolare austriaco, che l’ha incoronato con un bulgaro 98,7% di consensi. Ed è stato lui, giovedì, con l’eloquenza fluviale che ne ha fatto il beniamino dei talk-show e la star dei social media, a tuonare che l’Italia deve bloccare i migranti a Lampedusa, pena – appunto – la chiusura armata del valico austriaco. Il sindaco dell’isola siciliana ha reagito chiamandolo «naziskin», ma è improbabile che Kurz ne rimanga turbato: in molti, oggi a Vienna, pensano che i destinatari dei suoi roboanti messaggi sulla minaccia- migranti siano innanzitutto i suoi elettori.
Il 15 ottobre si vota, in Austria, proprio in conseguenza del terremoto scatenato dall’infaticabile Kurz (“Krawall-Demokratie”, democrazia del tumulto, titola Der Standard): è stato “Basti”, come lo chiamano gli amici, a spingere per la rottura dell’alleanza tra i popolari e i socialdemocratici dell’Spoe, aprendo la strada alle elezioni anticipate. Questo grazie anche ai sondaggi, che danno l’Oevp – rigenerato dalla “cura Kurz” – al 34% contro il 23%, ribaltando antichi rapporti di forza. Non fosse che l’enfant prodige di Vienna – figlio di un ingegnere elettrotecnico, schierato in tribuna d’onore all’ultimo congresso di partito, in modo da far capire che il giovane leader «è uno di noi» – ha già fatto capire di non disdegnare affatto l’ipotesi di una coalizione con l’ultra-destra dell’Fpoe, quelli di Joerg Haider e di Norbert Hofer, “l’uomo della Glock” (gira armato e se ne vanta), che solo per un pelo non è diventato capo di Stato.
Un’ascesa politica fulminea, quella di Kurz, iniziata a 16 anni, sempre punteggiata da iniziative congegnate per i titoli dei giornali, a cominciare da quando fece campagna sul suo mega-Suv al grido di “Schwarz macht geil (“il nero fa eccitare”), distribuendo preservativi circondato da top-model mozzafiato. All’epoca, era quella l’idea di “nuovo”, oggi sono le sortite anti-migranti: tra le quali spiccano l’allarme sulle infiltrazioni salafite negli asili austriaci e l’idea di corsi professionali separati per donne musulmane. E poco importa uno scandaletto su una presunta manipolazione, da parte del suo staff, ai danni di una ricerca sull’Islam in Austria, in cui alcuni passaggi cruciali erano stati “ritoccati” in termini di puro allarme.
Ebbene, presto “Basti” potrebbe essere il nuovo cancelliere. Il suo modello, esplicito, è il nuovo inquilino dell’Eliseo: come Emmanuel Macron, si è cucito addosso una specie di “partito ibrido” in cui la vecchia Oevp si svuota del personale più consumato e si fonde in una sorta di “piattaforma aperta” volta a raggiungere anche chi è lontanissimo dalla «vecchia politica». «Ora cambiamo tutto», annuncia il novello Macron “austriaco”, aggiungendo che tra dieci anni si ritirerà a vita privata. A Vienna qualcuno commenta, malizioso: «Ma prima avrà disintegrato il paese».