la Repubblica, 22 luglio 2017
Tra gli scienziati delle onde. «Qui vediamo tutti gli tsunami»
ROMA Il primo allarme tsunami è arrivato dall’Italia. «Il sisma è di mezzanotte e 31. Dieci minuti dopo è partita la segnalazione dalla nostra sala operativa», racconta Stefano Lorito, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) a Roma. Sugli schermi che ha davanti si susseguono stelle e cerchi concentrici dai contorni irregolari: i terremoti e i fronti delle onde anomale che più volte al giorno si sollevano in tutti i mari del mondo. «Viaggiano alla velocità di un aereo a reazione e possono attraversare oceani» spiega Lorito.
L’Ingv da giugno, con il suo Centro Allerta Tsunami, è il punto di riferimento per il Mediterraneo, e al primo test giovedì notte non si è fatto trovare impreparato. A ogni terremoto le onde sismiche vengono immediatamente registrate dai sismometri, situati generalmente a terra, in ogni paese del mondo, collegati in rete. Nel giro di 5 minuti gli strumenti offrono una prima stima di magnitudo e ipocentro, avvertendo se ci sono le condizioni per un maremoto. Chi è di turno in sala operativa, a quel punto, decide se i parametri sono abbastanza affidabili per diffondere l’allerta agli altri istituti di ricerca, Protezione Civile e addetti alla sicurezza del Mediterraneo.
A mezzanotte e 41, dunque, il segnale è arrivato alla protezione civile turca. Pochi minuti prima dell’una su Bodrum si è abbattuta l’onda. In una prima fase (10-15 minuti) il mare si è abbassato di 20 centimetri, poi è salito a 10 centimetri oltre il normale. Le onde si sono susseguite fino alle 9 del mattino. «Durano a lungo perché dissipano poca energia. E non è detto che la prima sia la peggiore. A volte i danni arrivano dopo» aggiunge Fabrizio Romano, ricercatore Ingv. Sul telefonino ha un video con un bizzarro esperimento giapponese. Un uomo è in piedi, imbragato, in una vasca che simula tsunami. Arriva un’onda e lo spazza via come un fuscello. «Eppure non superava i 20-30 centimetri» fa notare Romano. «L’acqua ha una forza impressionante».
L’allarme in Turchia è arrivato dunque un quarto d’ora prima dell’onda. E cosa è stato fatto nel frattempo? «Nulla, mi hanno raccontato i colleghi turchi», spiega Lorito. «Il monitoraggio funziona. Ma la rete operativa per affrontare le emergenze va ancora approntata. L’ultimo miglio resta scoperto». In Italia non sarebbe andata diversamente: i piani di emergenza in caso di maremoto sono in via di preparazione anche da noi. Il Centro Allerta Tsunami è nato di fatto nel 2014, grazie anche ai 35 mareografi dell’Ispra che registrano le variazioni del livello del mare nei porti. «Ma siamo operativi ufficialmente dal primo gennaio» spiega il responsabile del Centro, Alessandro Amato, dell’Ingv. «La pubblicazione in Gazzetta è arrivata a giugno. Ora c’è un anno di tempo per preparare i piani operativi».
«Gli tsunami nel Mediterraneo sono eventi rari e non vengono percepiti come un rischio reale. Questo è molto pericoloso», spiega Lorito. Il terremoto di Messina nel 1908 provocò una frana sotto al mare, e la frana contribuì a sollevare un’onda fino a 15 metri. È stato il maremoto più distruttivo mai ricordato in Italia. «Le coste meridionali sono da sempre le più colpite» spiega Laura Graziani dell’Ingv, specializzata nella ricostruzione storica di questi fenomeni. «Il nostro catalogo comprende 221 eventi importanti a partire dal 1.600 a.C.. Di questi maremoti, 196 sono stati provocati da un sisma, gli altri da frane». Questi ultimi tsunami non sono registrabili dal Centro, che usa solo sismometri a terra, non boe in mare e riconosce dunque solo i terremoti.
Una scossa a Creta di magnitudo 8.5 come quella avvenuta nel 365 (forse la più forte del Mediterraneo) arriverebbe in Puglia, Basilicata e Calabria in 40 minuti. «Con onde di un metro e oltre», stima Lorito. Quando nel IV secolo lo tsunami di Creta raggiunse Alessandria, portò le barche sopra ai tetti delle case. L’esempio più recente è il sisma 6.8 al largo dell’Algeria, che il 21 maggio 2003 raggiunse Minorca con un’onda di un metro, danneggiando 10 moli e le barche ormeggiate. In un paio d’ore portò onde di 5-10 centimetri anche a Genova e Nizza. Se franasse il vulcano sottomarino Marsili, al centro del Tirreno, devasterebbe l’Italia centrale, meridionale e la Sardegna con onde fino a 10 metri. Finora l’unica località preparata in Italia è Stromboli. A dicembre 2002 una frana lungo la Sciara del Fuoco generò uno tsunami di un metro. Da allora, l’isola è l’unica nel Mediterraneo con piani di emergenza e vie di fuga.