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 2017  luglio 23 Domenica calendario

Per l’Arabia Saudita crescita zero, pesano i tagli dell’Opec

Crescita zero. Anzi, potrebbe andare perfino peggio. Il crollo delle quotazioni petrolifere, i tagli produttivi decisi al vertice Opec di dicembre, e una politica estera tanto aggressiva quanto dispendiosa, stanno mettendo in gravi difficoltà uno dei Paesi produttori di petrolio più ricchi al mondo: l’Arabia Saudita. 
Il trend tracciato dal Fondo monetario internazionale (Fmi) è implacabile. L’ultima stima sul Prodotto interno lordo è stata ancora una volta corretta al ribasso. E il 2017 dovrebbe concludersi con una crescita impercettibile: +0,1 per cento. Se poi si considera che il primo trimestre si è chiuso con una crescita negativa (-0,5%) qualche analista arriva perfino ad evocare lo spettro della recessione. 
Probabilmente esagera. Certo è che i tempi delle vacche grasse, quando i prezzi del greggio si mantenevano sopra i 100 dollari per anni e la monarchia saudita galleggiava su un mare di petrodollari, sono tramontati. Il crollo del barile, a cui Riad ha largamente contribuito nel vertice Opec di fine 2014 con la decisione di non tagliare la produzione, si è ritorto sui conti sauditi. Dai generosi surplus Riad si è ritrovata con deficit di bilancio sempre più ingombranti (nel 2015 quasi 100 miliardi di dollari). Per ridurli ha attinto generosamente alle sue enormi riserve valutarie: erano 737 miliardi di dollari nell’agosto del 2014, sono cadute sotto i 500 miliardi nell’anno in corso. Andare avanti così non si può.
Ma cosa fare? I tagli petroliferi decisi lo scorso dicembre a Vienna, 1,25 milioni di barili al giorno, a cui si aggiungono 650 mila barili da parte di altri produttori esterni al Cartello (soprattutto la Russia) non hanno sortito gli effetti desiderati. Il prezzo del greggio continua a galleggiare intorno 45-50 dollari. Troppo poco per i Paesi esportatori dell’Opec, quasi tutti danneggiati da un problema che non hanno voluto mai affrontare seriamente: la petrodipendenza. 
L’Opec sembra avere le armi spuntate. Al summit iniziato ieri a San Pietroburgo tra diversi Paesi membri e alcuni esterni al Cartello (domani sarà la giornata ufficiale) è improbabile che vengano decisi nuovi tagli. Sarebbe già tanto se tutti aderissero ai tetti produttivi decisi a dicembre. Secondo il ministro dell’Energia del Kuwait tutti i Paesi membri hanno aderito pienamente ai tetti. Ma i dati sulla produzione del Cartello, diffusi dall’Agenzia internazionale dell’Energia, suggeriscono il contrario: la scorsa settimana la produzione Opec ha toccato i massimi del 2017 a 32,6 milioni di barili al giorno. Certo il ritorno sui mercati di due Paesi in difficoltà esentati dalle quote ha vanificato in parte i tagli produttivi. La produzione libica è salita a più di 1,1 milioni di barili al giorno, quella nigeriana sopra i 2 mbg. Ecuador, Algeria, Iraq, Gabon Emirati Arabi stanno producendo più del dovuto. Cosa che sta irritando i sauditi.
Non è un momento facile. La campagna militare in Yemen, guidata dall’Arabia saudita, si sta rivelando più lunga e costosa del previsto. In un quadro così incerto Riad questa volta si è data da fare. Il Paese dello spreco, di un welfare fatto di regalie per placare il malcontento popolare, ha imboccato la strada della spending review. Il programma del principe ereditario Mohammed bin Salman – Vision 2030 – è ambizioso; rilanciare l’economia attraverso la diversificazione e la privatizzazione dell’economia.  
In verità qualcosa sta cambiando. E in meglio. Tanto che il rapporto dell’Fmi evidenzia i progressi compiuti da Riad e plaude ai primi risultati. Il deficit fiscale, l’anno scorso al 17,2% del Pil, dovrebbe ridursi nel 2017 sotto al 9,3 per cento. E se Riad persevererà con le sue riforme strutturali in cinque anni scenderà all’1 per cento. Altro importante dato è la crescita del Pil decurtato dal settore petrolifero. Secondo l’Fmi nel 2017 dovrebbe crescere dell’1,7 per cento. Sebbene la stima precedente parlasse del 2,1%, si tratta comunque di un bel salto rispetto allo 0,2 % del 2016. 
Vedremo quanto i sauditi saranno disposti a far sacrifici. È già partita una graduale introduzione di nuove tasse. E nel 2018 entrerà in vigore l’Iva. Impensabile solo 5 anni fa. Il progressivo taglio ai sussidi energetici sta andando avanti. La strada è lunga, mentre il mercato petrolifero è incerto. Ma questa volta pare che i sauditi, scottati dalla petrodipendenza, stiano facendo sul serio.