Il Sole 24 Ore, 22 luglio 2017
Dopo il caso Regeni riprendono i contatti con il Cairo
C’è una seconda mossa fondamentale, ma molto più defilata, nella politica dell’Italia sull’immigrazione. La stabilità della Libia, requisito indispensabile per frenare gli sbarchi, è la condizione di base. Ma se va avanti il dialogo ormai quotidiano di Roma con Fayez al Sarraj, primo ministro del Gna-governo di accordo nazionale, è impossibile trascurare Tobruk e il suo leader, generale Khalifa Belqasim Haftar. Appoggiato a sua volta – in un rapporto di grande coesione – da Abd al-Fattah al-Sisi, presidente dell’Egitto. La seconda mossa di Roma, dunque, passa da al-Sisi. Un dialogo ottimale tra i due Paesi – lo sosteneva l’allora presidente del Consiglio, Matteo Renzi – fino al buio della tragedia dell’uccisione all’inizio dell’anno scorso di Giulio Regeni. Una ferita aperta tuttora. Ma il 12 luglio, per la prima volta, c’è stata una visita istituzionale al Cairo di una delegazione italiana del Senato guidata da Nicola Latorre. «L’Italia avverte fortemente il bisogno di verità» sul caso di Giulio Regeni ha detto Latorre:«Non possiamo cedere neanche di un millimetro su questo». Ma nel corso dell’incontro con il presidente egiziano della delegazione italiana è stato affrontato anche il tema delle migrazioni. Il ruolo dell’Egitto è strategico. Latorre, del resto, è in stretto contatto con il ministro dell’Interno, Marco Minniti. La visita dell’Italia al Cairo ha potuto così sollecitare un’accelerazione sui processi ancora troppo a rilento sull’accertamento della verità nel caso Regeni. Ma ha anche posto la centralità del tema immigrazione. Non è un caso che gli sbarchi dall’Egitto per l’Italia siano ormai a zero. Il dialogo con Il Cairo e di conseguenza Tobruk per ridurre gli esodi dalla Libia è ormai avviato.