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 2017  luglio 01 Sabato calendario

Ponti

Nel 2006 il filosofo e scrittore francese Michel Serres dichiarava tutto il suo amore per i ponti nel libro L’Art des ponts, che ne descrive la varietà in quattro capitoli (dedicati ai “ponti duri“, “ponti dolci“, “ponti vivi“e “ponti santi“). Un omaggio appassionato a questa opera dell’ingegno umano che, meglio di ogni altra costruzione, da sempre unisce luoghi e persone altrimenti separati: una metafora che diventa forma. Scrive Serres: «Il ponte simboleggia la relazione, al tempo stesso la rende concreta e la idealizza, le dà forma di legno, ferro o pietra, oltre che l’idea, ne mostra l’eccellenza». I ponti di liane nella regione di Man, in Costa d’Avorio, sono una promessa d’avventura. La semplice evocazione del Ponte dei Sospiri, a Venezia, o del Pont des Arts a Parigi, basta a scatenare l’immaginario romantico. Il Ponte Rio-Niterói, in Brasile, è un invito al viaggio, il Viadotto di Millau, in Francia, è un simbolo di sfida progettistica. La scrittrice Maylis de Kerangal in Nascita di un ponte (pubblicato in Italia da Feltrinelli) racconta invece il cantiere titanico di un ponte in una città immaginaria. L’eroe del libro qui è lui, il ponte stesso. Indipendentemente dal luogo, e indipendentemente dalla sua dimensione, la costruzione di un ponte è, dunque, sempre un grande evento. All’alba della civiltà si trattava in primo luogo di una questione di buon senso: un tronco d’albero bastava per attraversare un fiume, liane intrecciate servivano per superare un baratro. Materiali reperibili sul posto, niente di troppo complicato. Ma la natura aveva, alla lunga, sempre ragione di queste prime opere. E infatti la storia dei ponti segue quella dei materiali. Che cambiano a seconda delle risorse disponibili. L’antichità romana mise il suo sigillo sull’avvento dei ponti in pietra, con gli archi a tutto sesto come quello del Gard, uno dei più celebri, la cui costruzione risale al 60 d.C. e che era anche un acquedotto. Non è quindi un caso se tanti ponti storici sono inseriti tra i siti protetti dall’Unesco, come Ponte Vecchio a Firenze, il Pont d’Avignon o, appunto, quello del Gard.
Occorrerà attendere la Rivoluzione industriale, e in particolare il boom ferroviario del XIX secolo, per assistere a trasformazioni profonde. L’avvento della ghisa prima e dell’acciaio e del cemento armato poi hanno ampliato in maniera incredibile la gamma delle possibilità, mentre tecniche costruttive sempre più evolute hanno fatto scatenare l’immaginazione degli architetti e degli ingegneri. Oggi i ponti sono in genere classificati in cinque categorie: ponti sospesi (come il Golden Gate a San Francisco), strallati (il viadotto sul Polcevera a Genova o quello già citato di Millau), a trave (il Pont de l’Ile de Ré e tanti viadotti più anonimi), ad arco (il Lupu Bridge a Shanghai) e a volta (come il Pont Neuf a Parigi). Ma quelli del XXI secolo sfuggono a ogni classificazione e sono diventati il campo di sperimentazione dell’ingegneria estrema e dell’architettura futuribile.
Territori inesplorati
I progetti dei nuovi ponti trascendono ormai l’idea di opera tecnica e sconfinano nel territorio dell’architettura più ambiziosa. 11 rischio, va da sé, è l’eccesso. Come a Taiwan, dove il Xiying Rainbow Bridge si veste di colori chiassosi quando cala la sera. I ponti sono sempre più simili ai grattacieli, ne hanno spesso preso il posto nella rappresentazione simbolica delle metropoli. «Dobbiamo considerare il ponte come si guarda la torre, come una struttura abitabile dove l’orizzontalità si sostituisce alla verticalità. Superata la Manhattan che Louis-Ferdinand Céline descrisse in Viaggio al termine della notte nel 1932 “in piedi, assolutamente dritta e rigida da far paura“, l’idea è quella di ri-orizzontalizzare la città» spiega Marc Mimram nel suo saggio Habiter les ponts. L’architetto e ingegnere francese si è cimentato a più riprese in questo settore. Sono suoi il Pont Léopold Sédar Senghor, a Nantes, e il Jingjia Bridge a Ningbo, in Cina. In uno studio realizzato congiuntamente con Mimram, l’architetto e urbanista Djamel Klouche sottolinea che il ponte è decisamente «più urbano della torre e portatore di un maggior numero di valori metropolitani, visibile com’è allo stesso modo da ogni angolazione e con una dimensione simbolica paragonabile a quella dei grattacieli». Sull’esempio del Golden Gate a San Francisco, del Ponte di Brooklyn a New York, o, più recentemente, dell’Erasmusbrug a Rotterdam, certi ponti sono diventati icone delle rispettive città, come per Parigi lo è la Tour Eiffel o per Bilbao il Guggenheim Museum. Il Viadotto di Millau, realizzato da Norman Foster nel 2004, è l’apoteosi di questo fenomeno, che unisce l’utile al bello. Con un record di passaggi nel 2016 (5 milioni di autoveicoli), si colloca tra le attrazioni più visitate dai turisti. Il viadotto permette di attraversare la Valle del Tarn, ma ha anche dato un grande stimolo all’architettura ed è diventato un motivo di vanto e un’attrattiva per tutta la regione dell’Aveyron, una volta superate le critiche sull’impatto economico e paesaggistico.
Rinnovare gli usi
Troppo a lungo monofunzionale, il ponte ha stabilito nuovi paradigmi di dialogo con la città. In passato poco amate, le infrastrutture (di cui il ponte è figura ricorrente) sono tornate a splendere sotto l’impulso di progetti mediatici, come la riuscitissima High Line di New York, aperta nel 2009. Chi si accorgeva di quella sopraelevata dismessa, prima che diventasse il giardino pensile più frequentato della città? Le infrastrutture sono i nostri territori di domani, visto che i terreni edifìcabili sono merce rara. Così anche la parte inferiore dei ponti e i camminamenti, oltre alla superficie di transito, sono diventati potenzialmente sfruttabili, da reinventare e da adattare alle problematiche contemporanee.
La riflessione sull’abitabilità dei ponti è una tendenza importante, che va al di là della mera funzione di immagine. Nel 2012 la piattaforma online ArchTriumph ha lanciato un concorso di idee tra gli architetti per il 38° attraversamento della Senna a Parigi. Lo studio Zùndel Cristea ha risposto immaginando un ponte gonfiabile. «Abbiamo voluto stimolare una riflessione architettonica sul tema più ampio del benessere urbano. Parigi dispone di un numero sufficiente di ponti e passaggi. La nostra idea è piuttosto invitare i cittadini a partecipare a un evento ludico e insolito che li metta in relazione con l’acqua: un ponte gonfiabile, provvisto di tappeti elastici giganti, che dia il piacere di elevarsi al di sopra del fiume». Il ponte, dunque, come strumento di socialità? È la stessa scommessa che ha appena fatto Bordeaux scegliendo Rem Koolhaas per progettare il futuro Pont Jean-Jacques-Bosc, previsto per il 2020. Abbandonando gli stilemi consueti, l’architetto olandese ha ripensato l’idea stessa di ponte. La struttura prevede una grande soletta lunga 549 m e larga 44, con al centro un’area pedonale larga 15 m che fa di questo attraversamento un vero spazio pubblico. «Il progetto tenta di ripensare la funzione civica e il simbolismo di un ponte del XXI secolo. Il disegno si attiene alla massima semplicità: il meno possibile tecnico, il meno possibile lirico, una soluzione strutturale quasi primitiva. Il ponte non è in sé l’evento della città, bensì una piattaforma che può accogliere tutti gli eventi della città» spiegano a OMA, lo studio di Koolhaas.
A Changsha, in Cina, gli architetti dello studio Next hanno progettato invece un’opera che si fa davvero notare: due nastri che si intrecciano sul fiume. «11 Lucky Knot è molto più di un ponte tra due sponde: unisce culture. Vuole simboleggiare il riawicinamento di diversi mondi, la fusione di storia, tecnologia, arte, innovazione, architettura e spettacolo» spiega Jiang Xiaofei, dello studio di Pechino. Quello che l’architetto Thomas Heatherwick ha immaginato a Londra, invece, si riavvicina all’idea, a forte impatto sociale, di un ponte trasformato in giardino lussureggiante: «Con una struttura che si allarga e si restringe lungo la sua campata, questo giardino sopraelevato non solo sarà un modo facile e sicuro per attraversare il Tamigi, ma anche un modo per i pedoni di fermarsi e godere al meglio del contesto fluviale e di una vista unica sulla città. L’aggiunta di piante scelte accuratamente, e in grande varietà, le scale e l’alternanza di ambienti aperti e di luoghi intimi creeranno un nuovo tipo di spazio pubblico nella città». Un totale ribaltamento, che riduce i ponti all’essenziale: essere usati.

Stati Uniti, New York
Ponte di Brooklyn
È forse il ponte più iconico di tutti: collega Brooklyn a Lower Manhattan e fu inaugurato nel 1883, dopo 14 anni di lavori iniziati da John Augustus Roebling e portati avanti dal figlio Washington Roebling. Lungo 1 825 m, costruito in cemento e acciaio, permette ad autoveicoli, ciclisti e pedoni di attraversare l’East River e garantisce una veduta unica sullo skyline di Manhattan. È stato celebrato in una serie infinita di pellicole: Godzilla, nel film omonimo del 1998, muore tra i cavi tesi delle sue torri.

Gran Bretagna, Londra
Garden Bridge
Finito al centro di grandi polemiche a causa dei suoi costi e del suo finanziamento, il Garden Bridge sta procedendo e dovrebbe essere inaugurato nel 2018. A guidare il progetto è l’architetto britannico Thomas Heatherwick. Lungo 367 m. sarà un ponte pedonale verde che supererà il Tamigi sotto forma di giardino lussureggiante, con migliaia di piante. Sarà il 19° attraversamento londinese ed è stato presentato come l’occasione di dotare di un nuovo spazio verde la capitale.

Paesi Bassi, Rotterdam
Erasmusbrug
Rotterdam è la città dell’architettura contemporanea, un vero laboratorio. Tra le sue tante opere, il ponte firmato da UNStudio (Ben van Berkel e Caroline Bos) è stato intitolato al grande umanista Erasmo ed è diventato, fin dall’inaugurazione, nel 1996, un landmark della città olandese. Lungo 802 m, attraversa la Mosa e collega i quartieri settentrionali e meridionali. Con il suo pilone asimmetrico, questo ponte è un ibrido: strallato, ma parzialmente mobile. Si può infatti sollevare (come i vecchi ponti in legno olandesi) per lasciare passare le navi più grandi. Ispirato alla tradizione industriale della città, si appoggia al Wilhelminapier, il vecchio molo dove svettano le torri di Rem Koolhaas, l’archistar locale, e di Renzo Piano.

Spagna, Valencia

Ponte dell’Assut de l’Or
Santiago Calatrava si è specializzato in gesti architettonici in forma di ponte: il Ponte dell’Alamillo a Siviglia, il ponte sospeso a corde di lira a Gerusalemme o, in Italia, i tre ponti sull’AI a Reggio Emilia e il piccolo (ma dalle grandi polemiche) Ponte della Costituzione a Venezia. A Valencia, sua città natale, l’architetto-ingegnere ha inaugurato nel 2008 il ponte stradale de l’Assut de l’Or, a fianco della Città delle arti e delle scienze e dell’Agorà, sue anche quelle. La sagoma controventata, alta fino a 123 m, è il nuovo landmark della città. Fedele al suo linguaggio, l’architetto ha usato il suo colore prediletto: il bianco.

Francia, Aveyron
Viadotto di Millau

Supera con un balzo di 2 460 m, a 270 m dal suolo, la Valle del Tarn e ha avvicinato le cittadine di Millau e Creissels. La scelta del tracciato sollevò a suo tempo le proteste degli ambientalisti e ci sono voluti 13 anni per metabolizzarne la presenza. Realizzato in calcestruzzo armato in acciaio, da quando fu inaugurato da Jacques Chirac nel 2004, a soli tre anni dall’inizio dei lavori, i visitatori si affollano ogni anno a migliaia per ammirare il capolavoro dell’architetto britannico Norman Foster e dell’ingegnere Michel Virlogeux. Il viadotto (a pedaggio) è attraversato da oltre 4 milioni di veicoli all’anno (con un record di 63 500 in un solo giorno d’agosto nel 2012 e 5 milioni nel 2016).

Cina, Liupanshui
Duge Bridge

Alla fine del 2016 le prime automobili hanno avuto il privilegio di sfrecciare sul ponte più alto del mondo (565 m). Da Xuanwei a Shuicheng, l’opera strallata, lunga 1 341 m, ha consentito di ridurre di quattro volte i tempi di percorrenza in questa regione montagnosa del Sud della Cina, facendo per di più godere di un paesaggio che non può lasciare indifferenti.

Brasile, Brasilia
Ponte Juscelino Kubitschek

Ecco un ponte che non poteva mancare nella nostra classifica. Terminato nel 2002, è dedicato alla memoria del presidente brasiliano Juscelino Kubitschek de Oliveira (19021976), l’uomo che fece di Brasilia la capitale del Paese.
Con i suoi emblematici archi in calcestruzzo, è una delle opere più belle in città. Sulle acque del Lago Paranoà, l’architetto Alexandre Chan e l’ingegnere Màrio Vila Verde hanno immaginato tre archi il cui disegno fa pensare ai rimbalzi dei sassi lanciati a pelo d’acqua.

Gran Bretagna, Londra
Millennium Bridge
Tra paure apocalittiche e millennium bug, l’arrivo del fatidico anno 2000 a Londra fu festeggiato aprendo il ponte pedonale che attraversa il Tamigi all’altezza della Cattedrale di Saint-Paul. L’architetto Norman Foster, gli ingegneri della società Arup e lo scultore Anthony Caro, tutti britannici, hanno unito i loro talenti per progettarlo e realizzarlo. Qualche giorno dopo la sua inaugurazione fu chiuso per via delle oscillazioni laterali, tanto vistose quanto impreviste. Un intervento tecnico ha poi risolto il problema e il ponte, che conduce alla Tate Modero, è sempre affollato dai turisti ma anche dai londoners.

Stati Uniti, San Francisco
Golden Gate

La sua costruzione iniziò nel 1933 e subito divenne il simbolo di San Francisco. Lungo circa 2 km, ha una luce di 67 m di altezza e torri che arrivano a 230 metri. Domina la baia, a ovest, e lo stretto, a est. La sua realizzazione fu estremamente complessa, per via della geologia del sito e per le difficoltà tecnologiche che presentava. L’ingegnere Joseph Strauss spese tutte le sue energie per completarlo nei tempi previsti. Nel 1937 il ponte fu inaugurato da Franklin Roosevelt. E fu subito mito. Costantemente ridipinto per conservarne il colore, è una delle meraviglie del mondo moderno.

Cina, Jiangsu
Viadotto Danyang-Kunshan

Nel Guinness dei primati questo viadotto ferroviario ha ben pochi rivali. Si stende su poco più di 164 km per collegare le città di Danyang e di Kunshan. Inaugurato nel 2011, è percorso dai treni ad alta velocità della linea Pechino-Shanghai. La realizzazione di quello che è (per ora) il ponte più lungo del mondo è stata però più una questione di ingegneria che di architettura.

Cina, Zhangjiajie
Ponte in vetro

Se soffrite di vertigini, non andateci! È il più alto e il più lungo ponte sospeso con il pavimento in vetro e si trova tra le Gole di Zhangjiajie, il “Grand Canyon cinese“, nello spettacolare ambiente naturale dello Wulingyuan. L’architetto israeliano Haim Dotan ha voluto minimizzare l’impatto paesaggistico. Così, sui 430 m di lunghezza e i 6 m di larghezza, ha immaginato un piano composto da spessi pannelli che assicurano la massima trasparenza. Muniti di sovrascarpe protettive, i visitatori possono ammirare l’abisso e la valle, 300 m più in basso. Aperto nel corso dell’estate 2016, il ponte ha dovuto essere chiuso al pubblico 13 giorni dopo per essere adeguato all’affluenza che, evidentemente, era stata sottostimata. Da brivido.

Australia, Sidney
Harbour Bridge

Tra le icone architettoniche di Sydney, l’Opera House di Jom Utzon è certamente in cima alla lista. Ma il vicino ponte, su una delle più belle baie del mondo, segue a ruota. Inaugurato nel 1932, l’Harbour Bridge fu immaginato da un pool di architetti e ingegneri. Con una luce di 49 m, questo arco di acciaio collega la City alla riva nord della baia. Il ponte è tra i siti più visitati in Australia. Lo si può facilmente attraversare a piedi e, con l’aiuto di una “guida alpina”, è anche possibile scalarlo per raggiungere la sua sommità, a 134 metri di altezza. Il panorama è mozzafiato.