La Gazzetta dello Sport, 21 luglio 2017
Petagna: «Segno 5 gol in più e vado al Mondiale»
Il secchione è rientrato dalle vacanze con tre giorni di anticipo, ha fatto un allenamento, giocato uno spicchio di partita e segnato 2 gol. Seduto nell’hall dell’hotel che ospita il ritiro dell’Atalanta, Andrea Petagna fa capire di aver fretta. Di confermarsi e cancellare certi pregiudizi.
Si dice: lei è molto utile alla squadra ma vede poco la porta.
«La cosa comincia a stancarmi. Vero, non farò tanti gol, comunque 5 alla prima vera stagione di A non mi sembra male. Ma corro tantissimo: una media di 10-11 chilometri a gara contro gli 8-9 degli altri attaccanti. E poi ho fatto 5 assist e procurato due rigori. E l’anno prossimo...»
L’anno prossimo?
«Se mi confermo e arrivo a 10 gol, quindi raddoppio, magari vado al Mondiale. Io ci credo».
L’Europeo con l’Under: che delusione.
«Ci sono state critiche esagerate, la Spagna aveva molta più esperienza di noi».
Quel gol sbagliato contro la Repubblica Ceca...
«Convinto che il pallonetto fosse la cosa giusta da fare: me l’ha detto anche Vieri»
Ma era stufo di stare a Ibiza?
«Vedere gli altri che si allenano e io che sto in spiaggia non dico che è una sofferenza, ma quasi. Così quando il mister mi ha chiesto se volevo giocare la partitella anche se ero appena arrivato e stavo per fare la doccia, non ci ho pensato un secondo. E poi col fisico che mi ritrovo ho bisogno di sudare e faticare».
Anche quest’estate si è allenato sul ring?
«Certo, nella palestra dell’ex pugile Terlizzi. Un’ora e mezzo al giorno, mi aiuta a ritrovare il fiato».
Cosa le ha insegnato Gasperini?
«È l’allenatore che mi ha dato di più, mi ha spiegato i fondamentali che nelle giovanili vengono ignorati. Come il modo giusto di stoppare la palla in area, il controllo orientato: lui non vuole sponde, voi scrivete che faccio molte sponde, ma non è vero: gioco soprattutto in verticale per il Papu Gomez e gli esterni».
C’è un nuovo rivale: Cornelius.
«Sono sempre stato abituato alla concorrenza: quando ero al Milan avevo davanti Ibra, Balotelli e Pato. All’Atalanta. avevo Paloschi e Pinilla».
Cornelius è la sua fotocopia.
«L’ho visto in campo per pochi minuti, è mancino come me, forse più forte fisicamente. Ma arriva da un campionato modesto come quello danese, dovrà adattarsi al nostro calcio...».
Lei ha debuttato in Champions prima che in A.
«A 17 anni, nel recupero contro lo Zenit. Allegri mi avrebbe fatto giocare anche di più ma il pallone non usciva mai...».
Come s’immagina l’Europa League?
«Una bella sfida, il giusto premio per tutti dopo quello che abbiamo fatto».
Il Sassuolo nella scorsa ha sofferto il doppio impegno.
«È stato frenato dai molti infortuni, a noi è andata decisamente meglio. Toccando ferro, curiamo molto la prevenzione».
In poche parole definisca il gioco di Gasp.
«Molto particolare: vive di intensità e aggressività, non ci sono ruoli fissi e non è un caso che Conti, un difensore, abbia segnato così tanto».
Con Samp, Vicenza e Latina non ha lasciato tracce. La svolta è arrivata con l’Ascoli: 7 gol in B.
«Era stato un periodo difficile, non avevo richieste e avevo anche pensato di smettere. Poi l’Ascoli è stato ripescato ed è stata la mia fortuna perché il Milan non mi avrebbe mandato in Lega Pro. Mangia mi ha dato fiducia. E dopo i tanti provini fatti da ragazzo ho convinto l’Atalanta a prendermi».
Rimpianti rossoneri?
«No, l’esperienza, anche negativa, mi è servita per crescere e maturare».
È vero che una volta Galliani l’ha definita «incedibilissimo».
«Sì, nell’estate 2013: stavo facendo bene, avevo segnato nel trofeo Tim, con Pazzini infortunato, ero l’alternativa a Balotelli. L’ho visto in vacanza, molto carico anche nella prima estate sena il Milan».
È vero che poi ha pianto quando il Milan ha preso Matri l’ultimo giorno di mercato?
«Sì, perché ho capito che dovevo cambiare».
È vero che si guarda spesso allo specchio?
«Ma no, è una cattiveria. Però mi piace curare la mia persona, essere in ordine».
Cosa le direbbe suo nonno che ha giocato nella Triestina di Rocco e allenato la Spal?
«È morto quando avevo 5 anni ma ho un ricordo molto vivo. Grazie a lui ho tirato i primi calci. Oggi mi darebbe qualche consiglio utile, del resto lui ci capiva: aveva lanciato Capello e Reja...».