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 2017  luglio 21 Venerdì calendario

Pino Pelosi. I misteri che porta con sé

È morto in ospedale a Roma Pino Pelosi. Aveva 58 anni ed era malato da tempo. Condannato per l’omicidio di Pier Paolo Pasolini, Pelosi venne fermato la notte stessa del delitto a Ostia alla guida dell’auto dello scrittore.
C’è chi, morendo, porta con sé e per sempre (come si dice banalmente: nella tomba) la verità. È sicuramente il caso di Giuseppe Pelosi, detto «Pino la Rana», un volto antropologicamente perfetto per una foto segnaletica, nato a Roma il 28 giugno 1958 e morto all’alba di ieri dopo una lunga lotta con un tumore. Dire «Pelosi» è sinonimo di «delitto Pasolini», uno dei capitoli di storia italiana del secondo Novecento che hanno segnato la nostra cultura contemporanea, per l’assassinio di un grande, straordinario regista, letterato, poeta, polemista (con i suoi Scritti Corsari apparsi sul Corriere della Sera ), e anche la storia giudiziaria, per la matassa di verità, ritrattazioni, sentenze definitive, probabili depistaggi che non ha mai assicurato una verità su ciò che davvero accadde la notte del 2 novembre 1975 all’Idroscalo di Ostia. L’unica certezza fu la morte di Pasolini: atroce, con un pestaggio a sangue, la vittima colpita violentemente alla testa con una tavoletta di legno, poi caduta a terra e travolta più volte dalla Giulia dello scrittore.
Pelosi viene fermato la notte stessa a Ostia, all’1.30 per il furto dell’auto dopo aver percorso il lungomare a folle velocità e contromano, trasferito a Casal del Marmo. Al compagno di cella confessa: «Ho ammazzato io Pasolini». Dopo lunghi interrogatori (a Casal del Marmo c’è anche Johnny lo Zingaro, Pelosi prima lo accusa ma nel 2009 dirà che è estraneo alla vicenda Pasolini) il 10 dicembre 1975 Pelosi viene rinviato a giudizio dal Tribunale dei Minori per omicidio volontario: racconta di aver reagito con un paletto a un tentativo di violenza da parte di Pasolini, quando invece— spiega— era stato pattuito un semplice rapporto sessuale. Risponde sempre «no» a chi gli chiede se ci fossero altri. Il 26 aprile 1976 la corte lo condanna a 9 anni, 7 mesi e 10 giorni. Il giudice Alfredo Carlo Moro scrive: «Ritiene il collegio che dagli atti emerga in modo imponente la prova che quella notte all’Idroscalo il Pelosi non era solo». Ma Pelosi, anche nei due successivi gradi di giudizio, per la verità processuale ufficiale resta l’unico responsabile del delitto. La Cassazione, il 26 aprile 1979, conferma la contestatissima sentenza di appello del 4 dicembre 1976 che liquida tutto come una lite «a due» in uno «scenario tra omosessuali». Pelosi esce dal carcere il 18 luglio 1983 in libertà vigilata ma comincia subito con un nuovo arresto per rapina nel 1984, poi furti e rapine fino al 2000, infine spaccio di droga nel 2005.
Ma è nel 2005 che Pelosi torna a parlare del delitto Pasolini. Nella trasmissione «Ombre sul giallo» condotta da Franca Leosini, «Pino La Rana» apre un capitolo nuovo: «Erano in tre, all’Idroscalo, parlavano con un forte accento del Sud, gli gridavano “sporco comunista”, “fetuso”». Avrebbero massacrato Pasolini e terrorizzato Pelosi al punto da impedirgli di soccorrere lo scrittore. Nel 2011 altra versione: nella sua autobiografia svela di aver conosciuto Pasolini 5 mesi prima dell’incontro in piazza dei Cinquecento della sera del 1 novembre 1975, quando andarono insieme all’Idroscalo. Nel dicembre 2011 Pelosi conferma tutto durante un incontro pubblico con Walter Veltroni che non ha mai creduto all’ unico assassino. Nel 2010 il cugino di Pasolini, Guido Mazzon, presenta una denuncia sostenendo che i vestiti di Pasolini contenevano tracce di dna di persone diverse. Ma nel maggio 2015 la definitiva archiviazione. E così Giuseppe Pelosi, detto «Pino la Rana», per la giustizia italiana muore all’alba del 20 luglio 2017 come l’unico assassino di Pier Paolo Pasolini.