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 2017  luglio 20 Giovedì calendario

Giochi senza frontiere. Assad jr alle Olimpiadi matematiche. «Ma non mi sento un privilegiato»

Sarà perché porta lo stesso nome del nonno, sarà che parla già in politichese ma secondo i sostenitori del regime il figlio maggiore di Assad, Hafez, a breve potrebbe prendere il posto del padre. Quindici anni, stessi occhi e stesso fisico del genitore, il rampollo di Damasco si trova in questi giorni a Rio de Janeiro per partecipare alle Olimpiadi Internazionali di matematica.
In Brasile Hafez si è messo in posa con la bandiera siriana, ha rilasciato dichiarazioni e incontrato delegazioni di suoi connazionali emigrati in Brasile e sta cercando di portare a casa un risultato migliore di quello strappato alle Olimpiadi di Hong Kong dell’anno scorso, quando fece classificare la Siria 48esima. Un politico consumato? «Siamo qui per mostrare al mondo che stiamo facendo meglio, molto meglio. E in questi tempi difficili una generazione come la nostra può portare la pace», ha dichiarato.
Mentre le trattative per la risoluzione del conflitto siriano sembrano in stallo e Bashar vede sempre meno in pericolo la sua presidenza, gli Assad calano la carta del figlio maggiore. Non a caso Hafez, tra un giro super scortato al Pan di Zucchero e al Corcovado, ha trovato anche il tempo per rilasciare una lunga intervista al quotidiano brasiliano O Globo. Passi da «gigante», se si considera che nel 2014 mise in imbarazzo il padre con un post su Facebook in cui, all’indomani degli attacchi chimici, definiva i militari americani dei «codardi».
Secondo gli oppositori, l’arrivo di Hafez a Rio è un’evidente operazione di marketing politico. Se infatti non sono bastate le immagini patinate postate su Instagram della first lady Asma, riapparsa in pubblico per baciare schiere di bambini sofferenti, o se non è stato sufficiente far stampare nuove banconote con la faccia di Bashar, meglio allora puntare sui giovani di famiglia. E fa niente che 500 mila minori siriani siano ora in Turchia vittime di human trafficking. Non importa nemmeno che mezzo milione di siriani siano morti, la stella di Hafez deve brillare, anche a costo di prendere il posto di qualcun altro più meritevole alle Olimpiadi di matematica, in modo che la presidenza si tramandi ancora una volta di padre in figlio.
Lui però sembra non accorgersi di essere diventato uno strumento di propaganda. «Io non mi considero un privilegiato, mi sento un ragazzo assolutamente normale», ha dichiarato. Tuttavia, a differenza dei fratelli minori Karim e Zein, tenuti ancora dietro le quinte, Hafez è già nei ranghi del regime alawita. «In Siria non c’è nessuna guerra civile, è una guerra contro di noi. E la popolazione e il governo sono uniti contro gli invasori», scandisce senza specificare chi siano poi questi invasori.
Dalle macerie di Aleppo rasa al suolo dai raid ordinati da papà Bashar alle favelas di Rio il salto è breve: «La violenza si può controllare qui come in Siria», dice già con il piglio di chi è abituato a considerare polizia ed esercito al suo servizio. Ma la realtà di Hafez che ha studiato alle scuole Montessori di Damasco e che da grande vorrebbe fare l’ingegnere è lontana anni luce da quella dei giovani siriani che hanno dovuto abbandonare l’università perché se la sono vista distruggere davanti agli occhi. «Non me ne andrò mai dalla Siria», dice. Facile a dirsi, soprattutto quando la tua famiglia ha nascosto un vero e proprio tesoro nei paradisi off-shore. E facile quasi come vincere le Olimpiadi di Matematica.