Corriere della Sera, 20 luglio 2017
Coltello libero
Migrante della Guinea in fuga dalla guerra civile e scampato a un naufragio: ce n’è abbastanza per inzuppare i fazzoletti e accogliere la sua richiesta di asilo politico. Ma Saidou Momodou Diallo è un balordo, viene alle mani con chi lo ospita e comincia a ciondolare tra stazioni e treni su cui sale senza pagare il biglietto. Quando minaccia con un coltello chi glielo fa notare, viene arrestato e scarcerato in giornata. A dicembre arriva il decreto di espulsione e a luglio di quest’anno un altro, a riprova che il primo era carta straccia. Lo è anche il secondo, perché lunedì scorso Diallo si aggira sul piazzale della Centrale di Milano, provocando i conduttori dell’autobus con il solito coltello, che pochi minuti dopo pianterà nella spalla dell’agente scelto Luca Barillari. Catturato, dà in escandescenze: «Voglio morire per Allah». Ma il giudice derubrica l’accusa da «tentato omicidio» a «resistenza a pubblico ufficiale» e le rivendicazioni islamiste a sceneggiata di uno psicolabile. Infatti i terroristi sono notoriamente dei riflessivi.
Morale: il doppiamente espulso e doppiamente arrestato viene rimesso in libertà. La legge è stata rispettata. Quanto all’intelligenza, è pregata di ripassare. Se quest’uomo è socialmente pericoloso, come si fa a tenerlo fuori? Di fronte a un migrante allo sbando ci sono solo due reazioni possibili. Quella di sinistra è occuparsi di lui, quella di destra rispedirlo a casa. Ma qui si è scelta la terza opzione: ignorarlo. Pronti però a indignarsi appena il coltello avrà completato il suo corso.