20 luglio 2017
APPUNTI PER GAZZETTA - LA SENTENZA PER MAFIA CAPITALEREPUBBLICA.ITCrolla l’associazione di stampo mafioso
APPUNTI PER GAZZETTA - LA SENTENZA PER MAFIA CAPITALE
REPUBBLICA.IT
Crolla l’associazione di stampo mafioso. Lo hanno stabilito i giudici della X sezione penale di Roma a conclusione del processo a Mafia Capitale. L’inizio della lettura della sentenza, come annunciato, è stato alle 13. Il X collegio penale è entrato puntuale e la presidente Rossana Ianniello ha iniziato a leggere, dopo una camera di consiglio di 4 ore, la sentenza. Ha escluso l’associazione di stampo mafioso ma riconoscendo quella semplice. Così ha cominciato a dare lettura, imputato per imputato, degli anni di condanna.
Le condanne Quasi tre secoli, per l’esattezza 287 anni e 4 mesi: è la pena complessiva che i giudici della decima sezione penale hanno inflitto a 41 dei 46 imputati di ’Mafia Capitale’. La pena più alta è toccata a Massimo Carminati, 20 anni, quella più bassa (appena un anno) all’imprenditore Daniele Pulcini. In sede di requisitoria, la Procura di Roma aveva invece sollecitato la condanna di tutti, per complessivi 515 anni di carcere. Il collegio, presieduto da Rosanna Ianniello, ha ordinato, infine, la libertà vigilata nei confronti di Salvatore Buzzi, Riccardo Brugia, Matteo Calvio, Fabrizio Franco Testa, Roberto Lacopo, Claudio Caldarelli, Nadia Cerrito, Paolo Di Ninno, Agostino Gaglianone, Alessandra Garrone, Luca Gramazio, Carlo Maria Guarany, Cristiano Guarnera, Giuseppe Ietto, Franco Panzironi e Carlo Pucci, "a pena espiata, per la durata di un anno". Salvatore Buzzi condannato a 19 anni, per Mirko Coratti, ex presidente del Consiglio comunale di Roma ed esponente del Partito democratico, 6 anni di carcere, due anni più rispetto a quelli richiesti dai pm del pool Antimafia. Per Luca Gramazio, ex consigliere regionale Pdl, la pena è di 11 anni. Dieci anni a Franco Panzironi, ex ad dell’Ama. Riccardo Brugia a 11 anni. Luca Odevaine, ex componente del Tavolo di coordinamento nazionale sui migranti del Viminale, è stato condannato a sei anni e sei mesi. Tuttavia i giudici, ritenuta la continuazione rispetto alla pena già inflitta da due precedenti sentenze, hanno determinato la pena nella misura complessiva di otto anni di reclusione. Cinque anni a Andrea Tassone, l’ex presidente municipio di Ostia ed esponente del Pd. Fabrizio Testa è stato condannato a 11 anni. Cinque gli assolti: Giovanni Fiscon, l’ex sindaco di Castelnuovo di Porto, Fabio Stefoni, Giuseppe Mogliani, Salvatore Ruggero e Rocco Rotolo.
Gramazio: "Finalmente vedrò mio figlio. "Luca Gramazio è soddisfatto della sentenza del Tribunale ma soprattutto degli arresti domiciliari.Finalmente potrà abbracciare il figlio che non ha mai voluto incontrare dietro le sbarre". Lo ha detto Antonio Giambrone, uno dei legali dell’ex capogruppo Pdl alla Regione Lazio condannato a 11 anni. Gramazio jr, unico politico con l’accusa di 416 bis, ha seguito la lettura della sentenza dalla gabbia 3 dell’aula bunker di Rebibbia, dove è recluso dal 4 giugno 2015. "E’ una sentenza figlia dell’attenzione e dell’equilibrio del Tribunale - ha aggiunto l’avvocato Giambrone - ma è anche l’approdo giusto e naturale di questa vicenda giudiziaria, visto che non è mai emerso alcun elemento che potesse giustificare l’accusa di associazione mafiosa".
L’INTERATTIVO/ Tutte le tappe della vicenda Tutte le condanne Le reazioni: da Ielo a Saviano
Esclusi anche i legami con clan ’ndrangheta Con la sentenza di oggi è caduta anche la contestazione secondo cui il sodalizio criminale che faceva capo a Massimo Carminati e a Salvatore Buzzi aveva saldi legami con esponenti del clan ’Mancuso di Limbadi’, appartenente alla ’ndrangheta. Questo spiega l’assoluzione, per non aver commesso il fatto, di Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero, in carcere dal giugno del 2015 per associazione di stampo mafioso, per presunte irregolarità connesse a un appalto per le pulizie del mercato dell’Esquilino. Il tribunale ha disposto l’immediata liberazione dei due, originari di Gioia Tauro, se non detenuti per altra causa.
Liberati 17 imputati. Il tribunale ha disposto l’immediata scarcerazione se non detenuti per altro per 17 imputati, sottoposti fino a questa mattina a misura cautelare (di qualunque genere). Sono Claudio Bolla (era all’obbligo di firma), Stefano Bravo (obbligo firma), Emanuela Bugitti (arresti domiciliari), Claudio Caldarelli (arresti domiciliari), Sandro Coltellacci (arresti domiciliari), Paolo Di Ninno (era in carcere), Agostino Gaglianone (carcere), Carlo Maria Guarany (arresti domiciliari), Cristiano Guarnera (arresti domiciliari), Giuseppe Ietto (carcere), Roberto Lacopo (carcere), Michele Nacamulli (obbligo firma), Luca Odevaine (obbligo firma), Franco Panzironi (carcere), Pierpaolo Pedetti (obbligo firma), Carlo Pucci (carcere) e Mario Schina (obbligo firma). Sostituito il carcere con i domiciliari per Luca Gramazio, il collegio, composto dal presidente Rosanna Ianniello e dai giudici Renato Orfanelli e Giulia Arceri, ha confermato la detenzione in cella per Massimo Carminati, Salvatore Buzzi, Riccardo Brugia, Matteo Calvio e Fabrizio Franco Testa. "Il tribunale - ha commentato l’avvocato Cataldo Intrieri, difensore di Guarany - ha dimostrato che si può punire la corruzione con le norme già esistenti. Senza inventarsene nuove punendo a dismisura anche i colpevoli ’minori’".
Oltre ai legali e ai familiari dei 46 imputati, cento giornalisti sono stati accreditati per seguire la fine di un processo che si è sviluppato in 230 udienze. Buzzi e Carminati si sono collegati in video conferenza. In aula anche Virginia Raggi. "La lettura della sentenza è un momento importante per Roma, per i romani e per gli italiani", ha dichiarato la sindaca.
Intorno alle 10.20 un lancio Ansa che dava Massimo Carminati condannato per mafia a 28 anni, partito per errore, ha suscitato un riso amaro tra i presenti. "Sarà un segno premonitore?" Ironizzano alcuni legali degli imputati. Probabilmente non per lo stesso ’Cecato’ che aveva confidato al fratello: "Mi condanneranno sicuramente a 28 anni, non ho dubbi. Dopo quello che hanno messo in piedi per tre anni e mezzo, come vuoi che vada?". Lo ha riferito Sergio Carminati che un paio di settimane ha fatto visita al fratello in carcere. "E’ un processo ridicolo, Massimo sta ancora pagando le cose degli anni ’80 - ha detto il fratello minore e gestisce un bar a Roma -. Non mi aspetto nulla oggi, lo condanneranno a 28 anni e due mesi". Nell’aula bunker del carcere romano ci sono tra i familiari di Carminati anche la compagna Alessia Marini, la cognata e i nipoti, oltre a Lorenzo Alibrandi, amico di famiglia e fratello del defunto terrorista nero Alessandro Alibrandi.
ILPOST
Nell’aula bunker del carcere di Rebibbia sono state lette oggi le condanne decise dai giudici della decima sezione penale di Roma per i 46 imputati nel primo grado del cosiddetto processo per “Mafia Capitale”, iniziato nel novembre del 2015 a circa un anno dai primi arresti. Le accuse sono di associazione a delinquere, estorsione, turbativa d’asta e corruzione. I due imputati principali, Massimo Carminati e Salvatore Buzzi, sono stati condannati rispettivamente a 20 e 19 anni di reclusione: tuttavia per loro e per gli altri imputati condannati è caduta l’accusa di “associazione di stampo mafioso”, che riguardava 19 imputati su 46. Carminati ha detto al suo avvocato di essere soddisfatto dalla sentenza, mentre Buzzi ha detto che, in seguito alla sentenza, si aspetta di essere scarcerato in attesa del processo d’appello. Per loro la procura aveva chiesto rispettivamente 28 anni e 26 anni e tre mesi.
Quella di associazione mafiosa era l’accusa più grave e intorno a cui ruotavano gran parte delle accuse e il nome stesso dell’inchiesta “Mafia capitale”. Tra gli altri imputati, l’ex presidente del Consiglio comunale di Roma Mirko Coratti è stato condannato a 6 anni di carcere, mentre è stato condannato a 10 anni Franco Panzironi, l’ex amministratore delegato di Ama, l’azienda dei rifiuti di Roma. Cinque imputati sono stati assolti: Rocco Rotolo, Salvatore Ruggiero, Giuseppe Mogliani, Fabio Stefoni e l’ex direttore generale di AMA, l’azienda che si occupa dei rifiuti di Roma, Giovanni Fiscon. In tutto, i giudici hanno dimezzato il totale di anni di carcere chiesto dalla procura: da circa 500 a 250 anni.
L’inchiesta giudiziaria conosciuta come “Mondo di mezzo” o “Mafia Capitale” era cominciata nel dicembre del 2014 e aveva portato all’arresto di decine di persone per una presunta associazione mafiosa composta principalmente – ma non solo – da esponenti politici e dalla criminalità organizzata romana, che controllavano appalti e finanziamenti pubblici con metodi mafiosi. L’inchiesta fu chiamata da subito dai magistrati responsabili “Mafia capitale”, con l’evidente obiettivo di sostenere la tesi che tra le accuse potessero essere sostenute anche quelle legate alle associazioni criminali di tipo mafioso. Il reato al centro dell’inchiesta era appunto l’associazione di stampo mafioso, regolata dall’articolo 416 bis, ed era la prima volta che questa imputazione veniva contestata a persone non appartenenti a organizzazioni con diretto riferimento a mafia, camorra e ‘ndrangheta: si introducevano cioè le fattispecie di reato regolate dal 416 bis in una situazione che non sembrava avere le caratteristiche tipiche, storiche, usuali, delle associazioni mafiose.
Le accuse legate al reato di associazione mafiosa – criticate da qualcuno già dall’inizio del processo – sono invece via via state smontate: prima con le molte archiviazioni decise lo scorso febbraio per altri 113 imputati in un altro filone del processo – tra cui l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno e il presidente della regione Nicola Zingaretti – e poi con la decisione di oggi dei giudici di Roma, che non hanno riscontrato il reato nemmeno per i due principali imputati e in particolare per Carminati, ritenuto dall’accusa il capo del sistema di tipo mafioso e detenuto nel durissimo regime carcerario del 41bis.