il Fatto Quotidiano, 19 luglio 2017
L’Ora, epopea del giornale che sfidava i boss. Il documentario che ripercorre un pezzo di storia palermitana narrata dal direttore Nisticò
“L’Ora, benché avesse da rimproverarsi più di una cosa, giudizi affrettati, eccessi di enfasi, si era portata intatta quella che era stata l’idea centrale del suo giornalismo politico, cioè la volontà di spezzare la povertà della Sicilia, e fare di quest’isola un angolo del mondo dove chi nasce possa vivere ringraziando Dio di esservi nato”.
Parole di Vittorio Nisticò, voce narrante (interpretata da Pippo Delbono) de La corsa dell’Ora, documentario di SkyArte Hd in onda questa sera alle 20:15. Le parole pronunciate da Nisticò (storico direttore del quotidiano palermitano dal 1954 al 1975) giustificano la data di messa in onda, il 19 giugno, anniversario della strage di via D’Amelio. Le giustificano perché l’Ora fu in quegli anni il nucleo pulsante della Palermo migliore, del giornalismo certo, ma anche della cultura. Un quotidiano che seppe anticipare illustri successori (dal formato “berlinese” tipo tabloid alla scomparsa della Terza pagina per diffondere la cultura su tutto il giornale, passando per l’utilizzo rivoluzionario della fotografia), ma che soprattutto seppe per primo affrontare Cosa nostra a muso duro, come con “Tutto sulla mafia – Dà pane e morte”, storica inchiesta a puntate (con nomi e cognomi, da Pippo Calò al “pericoloso” Luciano Liggio) del 1958 che costò al giornale un attentato dinamitardo ma che ne accrebbe immediatamente il prestigio nazionale e internazionale.
A muso duro ma anche con strepitosa ironia (vent’anni prima di Peppino Impastato), come dimostrano le attualissime strisce di Gilberto Nanetti, autore de “La storia di Girolamo Lupara”: “La mafia andava combattuta anche avendo il coraggio di metterla in ridicolo”, ricorda Nisticò-Delbono. E così fu. E tutti sanno quale sia il senso dell’umorismo di Cosa nostra.
Un quotidiano che pagò la sua identità e il suo impegno passando alla storia come primo giornale della storia della Repubblica ad essere processato per “vilipendio del governo e delle forze di polizia” (nel 1960, l’anno delle rivolte popolari contro il governo Tambroni sostenuto dal Msi, che in Sicilia causarono sei morti), ma soprattutto con la vita di tre giornalisti: Cosimo Cristina, corrispondente da Termini Imerese, ucciso nel 1960, Giovanni Spampinato di Ragusa (nel 1973) e, infine, il più celebre, Mauro De Mauro, scomparso nel 1970. De Mauro, giornalista dal passato fascista repubblichino, che seppe fare un lavoro straordinario in un quotidiano di proprietà del Pci. Anche questo fu l’Ora di Vittorio Nisticò.
Un quotidiano che ospitava senza alcun problema interventi di due personalità probabilmente antitetiche come quelle di Leonardo Sciascia e Danilo Dolci. Un quotidiano, infine, che ha cresciuto in quel periodo tre generazioni di giornalisti, l’ultima delle quali – e per fortuna – ancora in servizio.