Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  luglio 18 Martedì calendario

Quell’urlo d’oro di Giorgio & Manila nasce a Lampedusa e diventa mondiale

«Dimmi che è vero», domanda Manila come in quella canzone. «Sì, è vero!», risponde Giorgio dandosi un pizzicotto. È proprio vero che la Capitana e Sincroman hanno vinto l’oro del duo misto tecnico, il primo di sempre del nuoto sincronizzato italiano ai Mondiali. È vero che hanno battuto quattro monumenti: i russi Mikhaela Kalancha e Alexandr Maltsev, secondi di un niente e furiosi dietro il sorriso plasticato di circostanza, e gli americani Kanako Spendlove e Bill May, il 38enne pioniere del sincro maschile. Ed è vero che hanno fatto tutto guarnendo la tecnica e l’atletismo mostruosi, frutto di nove ore di lavoro giornaliero, con una rappresentazione potente e simbolica, quella che ha davvero fatto la differenza.
Là dove gli altri hanno scelto la Carmen di Bizet (i russi) o il rock’n’roll di Cris Isaak (gli americani), Manila Flamini e Giorgio Minisini si sono sincronizzati sulla musica evocativa del compositore Michele Braga e la coreografia di Anastasija Ermakova dedicata al dramma della migrazione del Mediterraneo. «Lo sport non dev’essere fine a se stesso – ci aveva raccontato Giorgio alla vigilia —: chi ha un po’ di visibilità deve sfruttarla per lanciare messaggi importante». Detto e fatto. I profughi Giorgio e Manila entrano sul bordo vasca, lui si accorge che lei non ce l’ha fatta a raggiungere la riva, ritorna, la solleva in braccio e grida di dolore. È «l’urlo da Lampedusa» che dà il titolo all’esercizio, ipnotizza pubblico e giudici e carica i ragazzi a pallettoni: «Dentro ci ho messo tutte le ansie dell’attesa», confesserà dopo Sincroman.
Da lì, dopo il tuffo, parte un esercizio perfetto che inscena il prequel di quell’urlo. Ora l’argento è sicuro, ma c’è ancora la routine dei russi: bellissima pure quella. Vuoi vedere che le antiche gerarchie dure a morire reggono anche stavolta? «Quando ho visto sul tabellone 90 anche per loro mi si è gelato il sangue – sorride Giorgio —. Poi ho visto i decimali (263 contro i 297 italiani, ndr ) e sono impazzito».
Tra lacrime e inno di Mameli cantato con molta meno sincronia che in acqua, è subito chiaro che qui si è fatta la storia: «Un’impresa epica, la vittoria del sentimento: nessuno ha la nostra complicità», dice Manila. Ventinove anni, «di Velletri solo perché mia zia era ostetrica lì, io dopo tre giorni ero a Roma...», tesserata per le Fiamme Oro come Giorgio, sposata con Marco, ex nuotatore, viene definita dal c.t. Patrizia Giallombardo «una tigre». Due anni fa ha accolto Giorgio per questa nuova e misteriosa avventura mista ed ecco il risultato, dopo il bronzo del 2015 e l’argento europeo del 2016.
La conquista per Minisini – lui sì romano de Roma, 21enne atleta pazzesco passato per il taekwondo e la pallanuoto prima di seguire per sempre la vocazione nata a 6 anni quando vide proprio May in acqua al Foro Italico – è anche ideologica e sconfigge i pregiudizi e i risolini che avevano accompagnato il suo ingresso in un contesto solo femminile. «Le parole al vento non mi toccano», ha sempre detto sicuro di sé, e ora magari se la riderà di chi è già salito sul carro del sincronetto socialmente impegnato. Un riso forte come il suo urlo, ma breve: venerdì e sabato Sincroman ha l’esercizio libero con Mariangela Perrupato. Rappresenteranno la storia di Adamo ed Eva: dall’unione nascerà forse un’altra impresa.