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 2017  luglio 17 Lunedì calendario

L’ultima offerta segreta di Berlusconi a Renzi: una riforma anti-Bersani

Attraverso i soliti canali riservati, Renzi si è visto recapitare l’ultima profferta berlusconiana: una legge elettorale di tipo proporzionale, alla tedesca, ma con un premio di maggioranza per la coalizione che supera una certa soglia, tra il 35 e il 40 per cento. La particolarità allettante della nuova «avance» sta soprattutto in un dettaglio. Verrebbe infatti espressamente stabilito che diventa premier il leader del partito più votato nell’ambito della coalizione vincente. In altre parole, se il Pd conquistasse il premio di maggioranza alleandosi con chi sta alla sua sinistra, chi lo guida (Renzi) tornerebbe a Palazzo Chigi senza domandare il permesso a D’Alema o a Bersani. Ne sarebbe la conseguenza automatica. Naturalmente, non vi è nulla di generoso nella proposta del Cav. Se Renzi accettasse di fare una legge del genere, Berlusconi potrebbe allearsi con Salvini restandone autonomo, anzi addirittura con la speranza di bruciarlo sul filo di lana. Dunque pure Silvio avrebbe la sua bella convenienza, ecco perché attende risposte da Rignano. Non ha perso la speranza che siano positive.
E nel caso di un «no, non se ne parla», Berlusconi che cosa farebbe? A parole l’uomo resta orientato a correre in solitario. Va ripetendo che lui è certissimo di trascinare Forza Italia oltre il 30 per cento, non ha bisogno di venire a patti con la Lega nemmeno con il sistema elettorale attuale. Però qualcosa è cambiato dopo le Comunali. Ad esempio, cresce ad Arcore la sensazione che un centrodestra unito potrebbe davvero sbancare la concorrenza. Tempo addietro, mai l’ex premier avrebbe lanciato ami verso i centristi proponendo «una coalizione vasta e inclusiva» (grandi applausi dal ministro Enrico Costa, alfaniano). Ma soprattutto, dentro Forza Italia si va facendo strada l’idea che un listone unico con Meloni e Salvini sarebbe il male minore. Verrebbe accettato come «extrema ratio», solo per evitare il rischio di apparire divisi e perdenti: eppure, tra i collaboratori del Cav, nessuno se la sente più di dar torto a Toti e a Romani, i quali lo vanno sostenendo da tempo.
Peccato che di lista comune non vogliano sentire parlare i potenziali partner. Salvini è ostilissimo all’idea, ma soprattutto sono contrari i suoi elettori. Da certi sondaggi mai resi pubblici risulta che, nel caso di listone con Forza Italia, la Lega perderebbe per strada oltre metà dei voti, cosicché la somma politica produrrebbe una sottrazione. L’ostacolo verrebbe superato solo se il candidato premier fosse Salvini, ma ciò metterebbe in fuga i seguaci di Berlusconi. Altro motivo per cui la Lega non ci può stare: con ciò che resta dell’«Italicum» alla Camera, i 100 capilista bloccati andrebbero divisi tra i tre alleati, e non sarebbe facile. Tutti gli altri seggi verrebbero decisi a colpi di preferenze: col risultato che i berlusconiani, più ricchi e ammanicati, vincerebbero a mani basse. Ecco perché la lista unica dà mal di testa ai «padani».